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Toscana, cinque eccellenze non bastano più. Il futuro passa da e-Commerce e turismo

A BuyFood Toscana 2021 la filiera agroalimentare locale si è confrontata sullo stato attuale del settore e i futuri sviluppi. Più promozione e un lavoro in sinergia la strada per rilanciarsi nel post-Covid

di Vincenzo D’Antonio
 
25 ottobre 2021 | 13:14

Toscana, cinque eccellenze non bastano più. Il futuro passa da e-Commerce e turismo

A BuyFood Toscana 2021 la filiera agroalimentare locale si è confrontata sullo stato attuale del settore e i futuri sviluppi. Più promozione e un lavoro in sinergia la strada per rilanciarsi nel post-Covid

di Vincenzo D’Antonio
25 ottobre 2021 | 13:14
 

Si è conclusa il 20 ottobre la terza edizione di BuyFood Toscana 2021, svoltasi a Siena, nel complesso di Santa Maria della Scala. BuyFood Toscana 2021 è la vetrina internazionale dei prodotti agroalimentari certificati promossa da Regione Toscana e Camera di commercio di Firenze, organizzata da PromoFirenze e Fondazione Sistema Toscana, grazie alla collaborazione del Comune di Siena, al patrocinio della Camera di commercio Arezzo-Siena e al supporto di Assocamerestero all’interno del progetto finanziato dal ministero degli Affari esteri e della cooperazione Internazionale, "True Italian Taste". Proviamo a individuare quanto è emerso circa lo scenario attuale della produzione agroalimentare certificata Made in Tuscany e quanto si presume possa essere l’imminente scenario prossimo venturo.

Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani a Buy Food Toscana Toscana, cinque eccellenze non bastano più. Il futuro passa da e-Commerce e turismo

Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani a Buy Food Toscana

 

Negli ultimi 5 anni i prodotti certificati toscani crescono più della media italiana

Il primo dato interessante che emerge è la vistosa crescita del valore dei prodotti certificati nell’ultimo lustro: ben +47% a fronte di un dato nazionale pari a +19% nello stesso periodo. Con oltre 70mila ettari certificati nel 2019, la Toscana è la prima regione per superficie impiegata per la produzione agroalimentare Ig, con un peso del 28% sulla superficie nazionale. I prodotti Dop e Igp Made in Tuscany sono 89, di cui 31 food (16 Dop, 15 Igp) e 58 wines.

 

Il rapporto 80/20: 5 eccellenze trainano il settore

Entrando nel merito del valore alla produzione, senza che l’informazione ci desti stupore, notiamo il verificarsi puntuale della legge 80/20. Appena il 20% circa delle denominazioni (5) concorre da solo all’80% del valore alla produzione. E quali sono questi 5 prodotti? Cantucci Toscani Igp, Finocchiona Igp, Olio Toscano Igp, Pecorino Toscano Dop, Prosciutto Toscano Dop. Il peso prevalente è dato dai due prodotti a base di carne. In dato aggregato, tra Finocchiona Igp e Prosciutto Toscano Ddop il valore alla produzione è di circa 44 milioni di euro. A seguire, l’Olio Toscano Igp con circa 30 milioni di euro, il Pecorino Toscano Dop con circa 25 milioni di euro, poi i Cantucci Toscani Igp con circa 24milioni di euro. Tutte le altre 26 denominazioni messe insieme, fanno circa 25milioni di euro di valore alla produzione, ovvero mediamente poco meno di un milione di euro a prodotto. Un valore eccessivamente basso per poter resistere sullo scenario delle eccellenze agroalimentari e per potersi affacciare e competere sul mercato globale.

 

Per potenziare l'export serve investire su promozione e tutela

Difatti, se analizziamo i dati export, constatiamo che, almeno al momento, i prodotti che trainano la presenza sul mercato globale sono praticamente soltanto tre: Olio Toscano Igp, Pecorino Toscano Dop e Prosciutto Toscano Dop. Evidentemente le leve da azionare onde incrementare i valori alla produzione e al consumo di quell’80% che vale circa 25 milioni di euro, sono molteplici e le principali di esse sono in dotazione agli ambiti consortili. Ci si riferisce in prima battuta alle attività di promozione, sia sul mercato domestico che all’estero, e alle attività di tutela volte a combattere il flagello del fake Made in Tuscany e con esso del fake Made in Italy. Tuttavia, qui poniamo enfasi su due attività che per loro natura e loro modalità di espletamento sono prerogativa del singolo imprenditore, sebbene mai dovrebbe venir meno un supporto tutoriale da parte di quanti, mano pubblica regionale in primis, sono a ciò istituzionalmente vocati.

 

L'e-Commerce? Funziona meglio se è frutto di una strategia aggregata

Ne individuiamo due. Il primo è l’e-Commerce. Il gramo periodo del lockdown, che ci si augura irreversibilmente alle spalle, ha sdoganato gli acquisti in rete, rendendo easy to buy prodotti che si era abituati ad acquistare compiendo il duplice atto "scaffale -> carello -> cassa". Lo scaffale è virtuale, il carrello idem, sebbene gergalmente lo si definisce carrello elettronico, e la cassa è praticamente il Pos touchless che attiviamo da smartphone, da pc, da tablet. Lo scenario e-Commerce è a sua volta articolato sell side. Potremmo definire monomarca l’e-Commerce presente sul sito aziendale e analogamente definiremmo mall la piattaforma e-Commerce di soggetto terzo, si pensi al gigante Amazon, che abilita l’acquista di un variegato paniere di prodotti di diversi brand. Qual è la grande novità, se ancora di novità si può parlare, dell’e-Commerce? L’invisibilità (ma non l’assenza) del punto fisico di buy & delivery. Qual è il grande vantaggio buy side? Acquisti in scioltezza, dal divano di casa nella sera “buia e tempestosa”, l’arrivo dei prodotti alla porta di casa, il pagamento cashless in sicurezza. Si è poc’anzi delineato a grandi linee lo scenario dell’istante, esposto in termini duali: l’e-Commerce all’interno del website aziendale e l’e-Commerce nei mall giganteschi (Amazon, il caso eclatante). Esiste la terza via dell’aggregazione del Made in Tuscany. Su questo ambito progettuale si dovrebbe lavorare.

 

Turismo del vino e gastronomico, serve una strategia imprenditoriale rinnovata

Il secondo elemento è dato dal turismo. Vorremmo qui parlare di un enoturismo talmente evoluto, di un turismo gastronomico talmente evoluto che essi dismettono l'etichetta settoriale e nel loro divenire tornano a essere semplicemente turismo! Proviamo a dirla diversamente. Da almeno venti anni si esamina il fenomeno emergente del turismo enogastronomico. Si constata con soddisfazione che esso ha incrementi anno su anno e che di conseguenza questo ramo del turismo può ragguardevolmente concorrere allo stato di salute della nostra economia e divenire pertanto un asset strategico del nostro Paese. Tutto vero e tutto commendevole!

Però, e ci riferisce particolarmente alle strutture che consentono anche ospitalità, parliamo quindi prevalentemente degli agriturismi, qui si tratta di intervenire con spiccata competenza e, aggiungeremmo, con coraggio, allo scopo di detronizzare dalla poltrona comoda dell’azionista di riferimento (che partecipa agli utili ma non agli investimenti opportuni) quei soggetti corporate multinazionali dall’encomiabile bravura (giù il cappello!) che in meno di un decennio hanno monopolizzato de facto le attività di prenotazione. La situazione attuale genera un meccanismo vizioso e pericoloso.

Vediamola dall’angolo visuale dell’imprenditore che oltre a fare un prodotto Dop o Igp ha anche una struttura di ospitalità. Costui vende l’ospitalità a 100. Essendosi giovato degli strumenti di prenotazione in rete per acquisire l’ospite della sua struttura, è ben consapevole, dacché si guarda in tasca, che il suo incoming è 80. Cosa fa, si tara per erogare un servizio che vale 100 (il prezzo pagato dal cliente) oppure si tara per erogare un servizio che vale 80 (la sua revenue)? Se percorre con esemplare correttezza il primo sentiero, soddisfa il cliente ma assottiglia il suo margine al punto tale da incorrere in problemi quando si tratta di effettuare investimenti. Se percorre con nocivo e miope pragmatismo il secondo sentiero, genera una moltitudine di clienti insoddisfatti che ben presto sapranno e vorranno esprimere la loro non lusinghiera opinione sui social con quanto, in epoca di reputation economy, ne consegue per l’attività. Cosa c’entra tutto ciò con le “magnifiche sorti e progressive” del turismo enogastronomico? Vi è correlazione, e amareggia constatare che non essendo essa vistosamente visibile, se ne sottovaluti o addirittura se ne ignori esito nel termine medio.

A ordito di queste due trame (e-Commerce e turismo), emerge l’insostituibile valenza della digitalizzazione, in assenza della cui attuazione consapevole nulla poggia su basi solide.

 

 

Le prospettive del Next Generetion Eu

Nello scenario prossimo venturo, il cosiddetto post-Covid, si aprono praterie volte ad agevolare l’attuazione del Next Generation Ue. E non si dimentichi la centralità in ambito Ue degli obiettivi di sostenibilità del Green Deal e della strategia “Farm to Fork”. Lo stesso Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), di cui si consiglia lettura, pianifica aiuti alle zone rurali onde sfruttare l'economia circolare e agevolare la #DOPeconomy. La strategia F2F - “Farm to Fork” è proprio volta a ciò. La Missione 2 del Pnrr è dedicata alla rivoluzione verde e transizione ecologica per un totale di investimenti di circa 69 miliardi. Le filiere Dop Igp in Toscana rappresentano un asset straordinario per gestire la transizione e raggiungere gli ambiziosi obiettivi Ue.

 

DOPeconomy, ecco gli ultimi ostacoli da superare

Si conclude con un’immagine che vuole anche avere un’ancillare valenza esorcizzante. Sì, ricorriamo all’immagine della situazione attuale dei “vaccinati”, dei “non ancora vaccinati”, dei “no-vax”, dei “soggetti fragili”. Al raggiungimento del 90% dei vaccinati, dovremmo essere ragionevolmente esenti dal rischio di nuovi attacchi pandemici. Magari nella realtà si potesse arrivare proprio al 100%. Ma, si sa, non è possibile e allora ci si accontenta (per modo di dire) dell’obiettivo 90%! Mutatis mutandis: non siamo ancora, ma vorremmo essere, ed è pertanto obiettivo reso palese, nella #DOPeconomy, dalla quale tutti trarremmo molti vantaggi, quello della salute e quindi della qualità della vita, innanzi a tutto. Perché non ancora ci siamo? Perché ancora esiste il contagioso virus denominato Doi. Mai sentito nominare? Doi sta per Denominazione origine ignota. E gli affezionati consumatori di prodotti Doi sono ancora tanti, ma proprio tanti, tantissimi! La Toscana, con il suo drappello di virtuosi (i primi 5 consorzi per valore alla produzione), con il suo folto e valido gruppo di abili volenterosi (i 26 rimanenti consorzi) e con l’impegno comune, in duttile posizionamento di ruoli, tra soggetti pubblici e privati può ancora una volta, come sovente è accaduto nel recente passato, essere l’area di riferimento per tutta l’Italia a ché si persegua la buona pratica della costante tensione al miglioramento continuo della qualità della vita.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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