A Torino il nome Crazy Pizza è diventato oggetto di una curiosa disputa. Da una parte c’è il nuovo locale firmato Flavio Briatore, inaugurato in via Pietro Micca angolo via Viotti, con il format glamour già presente in altre città. Dall’altra, una pizzeria di quartiere storica, attiva da 25 anni in via Vandalino, nel quartiere Pozzo Strada, gestita da Paolo Anastasio, che da sempre aveva scelto quel nome per la sua attività. L’arrivo del marchio nazionale ha generato una vera e propria commedia degli equivoci, con prenotazioni confuse e clienti spaesati.

I due Crazy Pizza di Torino
Prenotazioni sbagliate e tavoli vuoti
Da settimane, il telefono della pizzeria di Paolo Anastasio non smette di squillare. Molti clienti cercano di prenotare al Crazy Pizza “di Briatore”, ma finiscono per contattare il suo locale di quartiere. «Succede ogni giorno - racconta Anastasio al Corriere della Sera -. Mi chiedono un tavolo pensando di venire in centro, ma io sono in via Vandalino. Così passo il tempo a spiegare che non siamo la stessa cosa». La confusione è amplificata dal web: digitando su Google "Crazy Pizza Torino", tra i primi risultati compare proprio la pizzeria di Anastasio, con effetti paradossali. «A volte resto con i tavoli vuoti - spiega - perché chi aveva prenotato non arriva, convinto di aver scelto l’altro ristorante».
Il piccolo Crazy Pizza contro il colosso del brand
La pizzeria di via Vandalino è un punto di riferimento storico del quartiere, frequentato da famiglie e clienti abituali. Quando ha aperto, più di vent’anni fa, il termine “crazy” suonava come una trovata simpatica, lontano da qualsiasi ambizione di brand. Ma con l’arrivo del format internazionale di Briatore, la somiglianza dei nomi è diventata un problema. «Mi è arrivata una telefonata dai legali della società Majestas - racconta Anastasio -. Mi hanno detto di avermi inviato una PEC in cui mi chiedono di cambiare nome, spiegando che il marchio Crazy Pizza è registrato». Una richiesta che ha lasciato l’imprenditore torinese interdetto: «La mia pizzeria si chiama così da 25 anni. Tutti qui la conoscono con quel nome. All’epoca non pensai certo di registrarlo. Ora sentirò anch’io il mio avvocato».

Una delle pizze del Crazy Pizza di Briatore
Nonostante l’amarezza, Paolo Anastasio mantiene un tono pacato. «Chiedo solo - dice - che chi vuole prenotare controlli bene l’indirizzo. E invito tutti a venire a provare la mia pizza, che costa meno ed è buonissima». Una frase semplice, che riflette lo spirito con cui il pizzaiolo ha sempre gestito il suo locale: autenticità, semplicità e rapporto diretto con la clientela. Nel frattempo, la vicenda resta aperta e potrebbe avere strascichi legali. Un caso esemplare di come, nel mondo della ristorazione, la gestione dei nomi e dei marchi possa diventare terreno delicato, anche per realtà piccole e consolidate.

Una delle pizze del Crazy Pizza di Anastasio
Un caso da manuale: quando un nome diventa conteso
Il “duello” tra i due Crazy Pizza di Torino ricorda altri casi simili, dove la forza di un brand internazionale si è scontrata con la storia di piccole imprese locali. Al di là delle aule legali, la vicenda solleva un tema più ampio: quanto conta oggi la tutela del naming nella ristorazione? In un settore dove la reputazione digitale gioca un ruolo crescente, anche un errore di omonimia può tradursi in danni economici e d’immagine. Per Paolo Anastasio, resta una certezza: «Quel nome è mio e non voglio cambiarlo».