In un anno di grandi riconoscimenti, tra il prestigioso inserimento della cucina italiana nel Patrimonio Immateriale dell’Umanità Unesco e l’avvicinarsi delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026, la ristorazione italiana si trova al centro di un’attenzione senza precedenti. Roberto Calugi, direttore generale di Fipe-Confcommercio, racconta la sua esperienza personale nel portare la fiaccola olimpica e spiega come questo gesto simbolico diventi un’occasione per riflettere sul valore culturale, sociale ed economico di un settore che rappresenta l’identità e la resilienza del Paese

La fiaccola olimpica
La fiaccola olimpica: un gesto personale che diventa collettivo
Il racconto di Calugi sulla sua partecipazione alla staffetta della fiaccola olimpica è intessuto di significati profondi. «Portare la fiaccola non è stato soltanto un privilegio personale, ma un modo per rendere omaggio al nostro mondo, quello della ristorazione, che negli anni della pandemia ha sofferto come pochi altri settori». Il direttore generale ripercorre il periodo del Covid come una delle fasi più difficili della sua vita professionale: «Sono stati anni durissimi. Abbiamo visto colleghi reinventarsi, cambiare modello di lavoro, resistere a condizioni impensabili. È come se fossimo stati atleti a cui, da un giorno all’altro, è stato impedito di correre. Ma nonostante tutto, siamo ripartiti».
Calugi racconta che la corsa in sé non richiedeva particolare preparazione: «Si percorre mezzo chilometro. Per me, che corro abitualmente 10 km, è stata una distanza minima. Ma non è la fatica che conta: è stato un tratto breve ma intensissimo, perché ogni passo aveva un significato». L’episodio che lo ha colpito di più è legato a un incontro casuale: «La persona a cui ho passato la fiaccola era un ristoratore romano conosciuto pochi minuti prima sul pullman. Un simbolo perfetto del nostro settore: siamo una comunità ampia, diversa, ma unita da valori comuni. In quell'attimo, tutto ciò che rappresentiamo è stato lì, davanti ai miei occhi». Calugi vede nel gesto un modo per «chiudere idealmente un cerchio» dopo gli anni della pandemia e della lenta ripartenza: «Finalmente, dopo quattro anni, siamo tornati ai livelli pre-Covid. La torcia è stata un simbolo di rinascita».
Le Olimpiadi come opportunità per il Paese e per la ristorazione
Sulle prospettive economiche legate a Milano-Cortina 2026, Calugi preferisce non sbilanciarsi al momento, in attesa di avere dati più precisi, ma il potenziale è chiaro: «Le Olimpiadi rappresenteranno una straordinaria occasione per bar, ristoranti e pubblici esercizi. Saranno un banco di prova per mostrare al mondo la qualità dell’accoglienza italiana». L’obiettivo di Fipe è trasformare questo evento in un volano per rafforzare l’immagine internazionale della nostra cucina. «Le Olimpiadi sono un linguaggio universale. Anche la ristorazione lo è: può unire le persone come una vera e propria forma di diplomazia gastronomica». Proprio questo ruolo di dialogo è stato evidente durante la Settimana della Cucina Italiana nel Mondo, recentemente celebrata a Kiev. «Abbiamo risposto all’invito dell’ambasciatore italiano. È stato un esempio di come il nostro cibo possa creare ponti anche in contesti difficili».

Il dg Fipe Roberto Calugi con la fiaccola olimpica
In questo contesto si inserisce anche il riconoscimento Unesco per la cucina italiana. Per Calugi, il valore di questa decisione va oltre la celebrazione di ricette o prodotti: «Non è un riconoscimento a un piatto, ma a un sistema». Un sistema che si distingue per la sua natura popolare e per il suo radicamento sociale: «La cucina italiana nasce dal basso, dalle famiglie, dal rispetto del territorio e della stagionalità. È una cultura del cibo costruita sul non sprecare, sul valorizzare ogni ingrediente, sull’esperienza tramandata soprattutto dalle donne». Il direttore generale evidenzia la differenza rispetto ad altre tradizioni europee: «La cucina italiana non nasce nelle famiglie nobili, nasce dalla povertà. Questo la rende inclusiva, non elitaria, e rappresenta davvero l’identità del nostro Paese».
La “fiaccola” che Fipe porta verso il 2026
Fipe guarda ai prossimi anni con un obiettivo preciso: far riconoscere pienamente il valore della ristorazione italiana. «La nostra fiaccola simbolica è l’impegno a far capire che la ristorazione è un asset culturale, sociale, antropologico ed economico fondamentale per il Paese» afferma Calugi. Particolare attenzione viene dedicata alla ristorazione familiare: «La ristorazione che nasce dalle famiglie rischia di essere messa in difficoltà, ma è quella che definisce l’identità italiana. Dobbiamo tutelarla e preservarla, perché è la nostra radice più autentica».