«Il pollo non si mangia con le mani» intitolava nel 1957 Pitigrilli il suo provocatorio galateo moderno, affermando che «un trattato di belle maniere per uso della maggioranza deve necessariamente essere idiota. Dovendo regolare i rapporti fra un conformista e tutti gli altri conformisti, è la negazione dell'intelligenza (...)».

Il pollo? Non si mangia con le mani
A tavola siamo tutti apprendisti
Sono andata a rileggermelo, il gustoso Pitigrilli, che nella mia biblioteca privata se ne sta con altri 13 volumi di galateo di diverse epoche e culture, dopo aver chiacchierato qualche giorno fa con un collega cuoco, che, tempo permettendo, vorrebbe andare a cena in alcuni ristoranti stellati. Fatta la tara sulla creatività degli chef, la qualità straordinaria delle materie prime e la bellezza dei locali, gli stellati non sono un ambiente che mi affascina. Sono piuttosto restia a farmi convincere che siano l'esperienza fantasmagorica di cui si narra a gran voce negli ultimi tempi. Inoltre, non mi ritengo una signora elegante e temo che mi ci sentirei fuori luogo.
Il galateo fa finta, il pollo no
Per rispondere a Pitigrilli, conformista, non lo sono mai stata. Ribelle ai decaloghi di buone maniere che nonne e zie mi volevano imporre da piccina, sì. Ed ho imparato molto più tardi alcune regole di "buona educazione". Da autodidatta ho appreso a muovermi in quanti più ambienti sociali possibile. Quando cominciai a lavorare in cucine di hotel di alta fascia, mi sentivo un po' a disagio, immaginandoli come raffinati luoghi ovattati, percorsi unicamente da clienti eleganti, dallo stile innato e dediti solo a conversazioni impegnate e colte. Depositari da generazioni dei segreti utili a discernere quali calici e posate impugnare al momento opportuno, a sorbire vellutate senza rumore imbarazzante e consumare escargots de Bourgogne con nonchalance. La realtà mi ha mostrato, naturalmente, risvolti assai diversi.
La sala non è una passerella (per fortuna)
Ho visto "chiattone" giovani e attempate signore acchittate in trasparenti pizzi imbarazzanti avventarsi su volauvant come se non avessero mangiato da settimane; sentito ospiti ricchi maltrattare camerieri, spavaldi ragazzi modaioli di famiglie molto benestanti afferrare un dessert esclamando "Oh, ma che è sta roba?!" Ho lavorato con maître d' di storici hotel lussuosi in Alto Adige che ostentavano con baldanza pancione e volgarità irripetibili, sbeffeggiavano i commis e si trattenevano le laute mance dei clienti tedeschi.

Il pollo mette tutti d’accordo
Quando, timorosa di non essere all'altezza dell'incarico, sono entrata nella cucina di una meravigliosa villa veneta e ho provato il lavoro fianco a fianco con il cuoco uscente, grande e grosso e unto, che ogni due frasi "ostiava" in veneto contro i titolari e quella cucina, si asciugava il sudore con il torcione con cui si sarebbe dovuto asciugare solo le mani, che passava dall'affettatrice unta di umori di salumi ai vassoi di biscottini da thè, guardando me e il forno con occhio strabico, reso un tantino inquietante dai ripetuti guizzi di acredine, ho capito che i miei timori e il mio senso di inadeguatezza rispetto a quella magnifica dimora, e a molti altri hotel di lusso, erano infondati.
Piccoli miracoli quotidiani della buona educazione
Sono passati da allora vari anni, e sempre più apprezzo, sia dei colleghi in cucina, che dei clienti in sala ristorante, chi mangia e beve con pacatezza e senso del pudore, rispettando sé stesso, gli altri avventori e lo staff. Se è vero che Caterina de' Medici diede scandalo alla Corte di Francia quando vi importò la forchetta, ritenuta blasfemo strumento del diavolo, è pur condivisibile l'ironia di Pitigrilli quando scriveva: «Noi continuiamo, fra le altre selvaggerie, alla selvaggeria del riunirci per mangiare, mentre per altre servitù fisiologiche, come il dormire, abbiamo già imparato a isolarci».

A tavola vale più il buonsenso del galateo
Concludo la mia divagazione mentre mi chiedo come la Regina Elisabetta sorbisse il thé con i cornflakes, sua prediletta colazione per 91 anni. Non si finisce mai di imparare. A proposito, se ve lo stavate chiedendo: «Il pollo non si mangia con le mani. Lo si spolpa con gli strumenti adatti, coltello e forchetta, e se la scarnificazione non riesce totale e meticolosa come un professore di anatomia può pretendere dalle pinze, dal bisturi e dallo specillo di uno studente, basta chiedere una seconda porzione di pollo».