Menu Apri login

Quotidiano di enogastronomia, turismo, ristorazione e accoglienza
martedì 16 dicembre 2025  | aggiornato alle 00:24 | 116345 articoli pubblicati

Il Times, l’attacco alla cucina italiana e una retromarcia travestita da satira

Dopo aver liquidato il riconoscimento Unesco come un riflesso servile e autoreferenziale, il giornalista del Times, Giles Coren, ha provato a riformulare il proprio attacco come esercizio satirico. Ma la satira, per funzionare, richiede bersagli chiari, proporzioni e consapevolezza del contesto. Qui, invece, sembra una critica che confonde il gusto personale con il valore culturale

di Nicholas Reitano
Redattore
15 dicembre 2025 | 18:28
Il Times, l’attacco alla cucina italiana e una retromarcia travestita da satira
Il Times, l’attacco alla cucina italiana e una retromarcia travestita da satira

Il Times, l’attacco alla cucina italiana e una retromarcia travestita da satira

Dopo aver liquidato il riconoscimento Unesco come un riflesso servile e autoreferenziale, il giornalista del Times, Giles Coren, ha provato a riformulare il proprio attacco come esercizio satirico. Ma la satira, per funzionare, richiede bersagli chiari, proporzioni e consapevolezza del contesto. Qui, invece, sembra una critica che confonde il gusto personale con il valore culturale

di Nicholas Reitano
Redattore
15 dicembre 2025 | 18:28
 

C’è un momento preciso in cui una provocazione smette di essere tale e comincia a rivelare il suo autore. Non coincide con la pubblicazione, né con le reazioni indignate che inevitabilmente seguono; coincide, piuttosto, con la necessità di spiegare che si stava scherzando. È in quel passaggio, quasi sempre tardivo, che la satira perde il suo statuto e diventa una copertura semantica, un dispositivo di rientro per affermazioni che, a freddo, mostrano di poggiare su basi più fragili del previsto. È accaduto anche questa volta. Giles Coren - firma storica del Times e del Sunday Times, volto noto della critica gastronomica britannica, autore che da anni coltiva una scrittura fondata sull’iperbole come forma di presenza - ha inizialmente definito la cucina italiana «un mito, un miraggio, una truffa» il riconoscimento Unesco come «prevedibile, servile, ottuso e irritante». Lo ha fatto senza condizionali, senza cornici ironiche esplicite, senza segnali di ambiguità. Un attacco frontale, formulato come giudizio pieno, non come gioco retorico.

Il Times, l’attacco alla cucina italiana e una retromarcia travestita da satira

Giles Coren, firma storica del Times e del Sunday Times

La satira: manuale d’uso (solo dopo le proteste)

Solo successivamente, quando la reazione ha superato la soglia dell’effetto previsto, quella presa di posizione è stata riformulata come satira. Non un attacco alla cucina italiana, a suo dire, bensì una caricatura dei luoghi comuni inglesi sull’Italia e della pretenziosità di una certa élite britannica che consuma cucina italiana come segno di distinzione sociale. A completare il quadro, l’inevitabile rovesciamento di responsabilità: se gli italiani si sono offesi, è perché non sanno più riconoscere l’iperbole. Con tanto di richiamo colto a Orazio, a certificare una superiorità retorica fraintesa. La sequenza, più delle parole, è rivelatrice. Perché la satira, quando è tale, non arriva dopo. Non si dichiara a posteriori. Non serve a correggere un errore di impostazione, ma a portarlo fino in fondo. Quando invece viene invocata come categoria di rientro, il sospetto è che non si stia difendendo uno stile, ma una valutazione sbagliata.

L’Unesco non non dà medaglie al “più buono”

Ed è qui che il discorso di Coren mostra la sua fragilità strutturale. L’attacco originario si fonda su un presupposto che non regge: l’idea che l’Unesco abbia incoronato la cucina italiana come «la migliore del mondo». Ma l’Unesco non assegna primati, non istituisce gerarchie di gusto, non trasforma il cibo in una classifica. Riconosce invece pratiche culturali, sistemi di relazione, patrimoni immateriali che hanno valore in quanto condivisi. Nel caso italiano, ciò che viene tutelato non è un repertorio di ricette né l’eccellenza di alcuni ristoranti simbolo, ma la convivialità: il pasto come rito sociale, la tavola come spazio di trasmissione, il cibo come linguaggio quotidiano che attraversa classi, territori e generazioni.

Il Times, l’attacco alla cucina italiana e una retromarcia travestita da satira

L’Unesco non istituisce gerarchie di gusto, ma riconosce pratiche culturali

Trasformare questo riconoscimento in una gara gastronomica significa costruire un bersaglio fittizio, utile alla polemica ma estraneo al contenuto reale del provvedimento. È su questa distorsione che l’iperbole di Coren prende forma. Ma quando l’iperbole non esaspera un dato reale bensì ne inventa uno, smette di essere corrosiva e diventa fragile. Da qui discende il resto: l’Italia ridotta a caricatura, una sequenza di cliché funzionali all’effetto - cibo pessimo, ristoranti cari, personale scortese - più che all’analisi. La pizza salvata solo se sradicata dal contesto, replicabile ovunque, purché non italiana. È una scrittura che non osserva, ma conferma; che non problematizza, ma semplifica. E che cerca rifugio nell’ironia solo quando il meccanismo di consenso si inceppa.

Bottura e la realtà: spoiler, vince la realtà

Lo stesso schema emerge nel passaggio su Massimo Bottura, evocato come simbolo di un presunto establishment gastronomico. L’Osteria Francescana viene liquidata come «una volta (a torto) miglior ristorante del mondo». Anche concedendo l’intenzione satirica, resta un fatto non negoziabile: è falso. Il ristorante di Modena è stato eletto miglior ristorante del mondo nel 2016 e nel 2018 ed è entrato nella Hall of Fame, uscendo dalla classifica per regolamento. La satira può deformare i significati; non può ignorare i fatti. Quando lo fa, non chiarisce: indebolisceMa Bottura è un passaggio, non il centro. L’errore più profondo sta nella prospettiva. La cucina italiana non è un sistema verticale dominato dai suoi vertici mediatici. È una struttura orizzontale, diffusa, domestica. Vive nella ripetizione quotidiana, nei rituali familiari, nei bar di paese, nei gesti che costruiscono appartenenza prima ancora che gusto. È un fatto culturale prima che gastronomico. Ed è esattamente questo che l’Unesco ha riconosciuto.

Il Times, l’attacco alla cucina italiana e una retromarcia travestita da satira

Lo chef Massimo Bottura

Se è “truffa”, allora qual è l’originale? (e qui casca il pub)

A questo punto, però, la difesa della satira rivela il suo limite. Definire una cucina una “truffa” non è una battuta neutra: significa parlare da una posizione che presume di sapere cosa sia l’autentico. In altre parole, implica l’esistenza di un modello più solido rispetto al quale l’inganno dovrebbe apparire evidente. Nel caso di Coren, quel modello non può che essere la cucina inglese. Ed è qui che il meccanismo si inceppaPerché, una volta esplicitato il confronto, la cucina inglese fatica a presentarsi come sistema culturale riconoscibile. Non per assenza di singoli piatti o di buoni ristoranti, ma per mancanza di una grammatica condivisa. Al netto delle influenze delle ex colonie, oggi centrali ma storicamente esterne, restano simboli più che riti: la colazione salata, codificata più nei menu degli hotel che nella vita domestica; il fish and chips, icona turistica più che pratica quotidiana; il pub, spazio di socialità dove il bere prevale (a dismisura) sul mangiare.

Il Times, l’attacco alla cucina italiana e una retromarcia travestita da satira

In Inghilterra la birra più bevuta nei pub è la Guinness, irlandese

Ma anche sul terreno del bere, alla fine, la presunta identità si assottiglia. Perché la birra simbolo nei locali (dati CGA) è la Guinness (irlandese), tra le lager più riconoscibili per percezione, secondo YouGov, figura Moretti (italiana), e nella grande distribuzione, come rileva The Grocer’s, domina Stella Artois (belga). L’immaginario è nazionale, il contenuto è importatoEd è proprio qui che la satira di Coren, presa sul serio, si ritorce contro se stessa. Perché una “truffa” può esistere solo dove esiste un sistema creduto, praticato, interiorizzato. La cucina italiana lo è, nel bene e nel male. È per questo che può essere caricaturata. La cucina inglese, invece, fatica a funzionare come linguaggio condiviso. Non sorprende, allora, che Londra non abbia mai seriamente pensato a una candidatura Unesco, né che con ogni probabilità non lo farà.

Eurovo

Satira spiegata, satira fallita. Basta una battuta (fatta bene)

Questo non significa negare le fragilità italiane: il servizio in sala, come andiamo dicendo da anni, sta attraversando una fase complessa; alcune specialità dividono; il racconto gastronomico indulge talvolta nella retorica. Ma qui non siamo davanti a una critica severa e informata. Siamo davanti a un esercizio di stile che scambia l’insulto per lucidità, salvo poi rifugiarsi nella satira quando il terreno diventa scivolosoCuriosamente, sullo stesso tema, è stato molto più efficace chi non aveva alcun bisogno di esserlo. Re Carlo, parlando al Parlamento italiano, ha riconosciuto con ironia che il Regno Unito ha beneficiato enormemente dell’influenza italiana «per ciò che indossiamo, per ciò che beviamo e per ciò che mangiamo», chiedendo perdono «se ogni tanto corrompiamo la vostra cucina». Una battuta leggera, consapevole, che funziona proprio perché non nega l’esistenza di un sistema, ma lo riconoscePerché la satira, quando è vera, non ha bisogno di spiegarsi. E soprattutto non arriva dopo.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
Voglio ricevere le newsletter settimanali


Diemme
Hospitality
Ar.Pa
Dr Schar

Diemme
Hospitality
Ar.Pa

Dr Schar
Galbani Professionale
Lucart