Cresce l'attesa per il 10 dicembre, quando a Nuova Delhi, il comitato intergovernativo dell’Unesco si riunirà per decidere sull’eventuale riconoscimento della cucina italiana come patrimonio immateriale dell’umanità. Il momento rappresenta un’occasione unica, non solo per ottenere un riconoscimento internazionale, ma anche per riflettere sulle sfide interne alla pratica quotidiana della cucina italiana, oggi in rapida evoluzione. Roberta Garibaldi, componente del Comitato scientifico presieduto dal prof. Massimo Montanari e autrice del dossier per la candidatura, osserva come «nonostante oltre metà degli italiani dichiari di cucinare spesso ricette tipiche del territorio o della famiglia, la frequenza con cui vengono preparati piatti tradizionali si sta riducendo in modo significativo».
La fotografia delle abitudini alimentari
Il rapporto "La cucina italiana: evoluzione degli acquisti, cambiamento dei consumi e nuovi modelli di socialità" evidenzia una progressiva trasformazione delle abitudini culinarie domestiche. Le pratiche simbolo della tradizione, come il pane fatto in casa e la pasta fresca, sono oggi coltivate settimanalmente solo da una piccola parte della popolazione, mentre la preparazione regolare di zuppe, minestre e piatti di legumi, un tempo parte integrante della dieta quotidiana, è diminuita notevolmente.
Anche la frequenza con cui si cucinano risotti e piatti più elaborati, come dolci o ricette di carne, registra un calo significativo, con molte famiglie che ormai non li preparano più ogni settimana. Nonostante queste trasformazioni, le festività rimangono un momento di ritorno alla tradizione, in cui le ricette locali e di famiglia recuperano centralità nelle cucine italiane, confermando il forte legame tra cibo e identità culturale.
Accanto alle differenze generazionali emergono marcate differenze geografiche. Nel Sud e nelle Isole la prossimità resta un pilastro: il 50% acquista nei mercati contadini (contro una media nazionale del 37%) e il 48% si rivolge alle botteghe tradizionali (media 34%), registrando anche il valore più alto per il commercio equo, al 32%. Nel Nord Ovest e nel Nord Est si osserva invece una minore prossimità e una maggiore propensione al delivery, che raggiunge fino al 17% tra spesa e piatti pronti. Il Centro Italia mantiene valori intermedi. Nel complesso, il quadro mostra un Mezzogiorno ancora profondamente radicato nei canali tradizionali e un Nord più orientato verso soluzioni digitali e servizi rapidi.
Giovani, generazioni e nuovi paradigmi
L’analisi per età mette in luce differenze significative. Tra i giovani di 18-24 anni, la preparazione di piatti complessi o manuali è in diminuzione e, sebbene mostrino interesse per i mercati locali e i piccoli produttori, la continuità nella cucina domestica rimane limitata. Gli adulti tra i 25 e i 44 anni tendono invece a ricorrere più frequentemente a servizi di delivery e piatti pronti, evidenziando stili di vita più frenetici e una preferenza per la convenienza.
Al contrario, gli over 65 mantengono abitudini di cucina tradizionale più consolidate, frequentano regolarmente mercati e botteghe e rappresentano un punto di riferimento fondamentale per la trasmissione dei saperi culinari. Anche le differenze geografiche sono evidenti: il Mezzogiorno rimane fedele ai canali tradizionali, con acquisti prevalenti nei mercati contadini e nelle botteghe locali, mentre il Nord mostra maggiore digitalizzazione e maggiore ricorso al delivery, con una continuità nella cucina domestica inferiore rispetto alle regioni meridionali.
La diaspora culturale della cucina italiana
Il quadro complessivo indica una progressiva diaspora culturale: la cucina italiana continua a essere apprezzata e amata, ma è meno praticata nelle abitudini quotidiane, soprattutto tra le nuove generazioni. Si afferma un nuovo paradigma alimentare che alterna prodotti pronti, servizi di delivery e preparazioni domestiche semplificate, mettendo in evidenza la distanza crescente tra il patrimonio culinario storico e le abitudini attuali. «Questi dati - sottolinea Garibaldi - rendono evidente che la candidatura Unesco deve essere accompagnata da azioni concrete di tutela attiva», per garantire che il riconoscimento internazionale non resti solo simbolico, ma diventi uno strumento per rilanciare la pratica quotidiana della cucina italiana.
Strategie per la tutela e la trasmissione
Secondo gli esperti, la candidatura deve essere accompagnata da un percorso culturale strutturato, in grado di coinvolgere scuole, giovani e canali digitali. La scuola può diventare uno spazio fondamentale per la trasmissione culturale, dove le nuove generazioni apprendono tecniche di cucina, ricette tradizionali, valori legati alla stagionalità e alla sostenibilità, oltre a conoscere la storia dei prodotti e dei territori. Parallelamente, i social media rappresentano oggi il luogo dove si formano gusti e identità culturale.

Tra i giovani di 18-24 anni, la preparazione di piatti complessi o manuali è in diminuzione
TikTok, Instagram e YouTube diventano così strumenti strategici per veicolare ricette, tecniche e valori della cucina italiana attraverso contenuti brevi, narrativi e coinvolgenti, capaci di connettere tradizione e linguaggio contemporaneo. Infine, la creazione di una media room e di un ufficio stampa internazionale dedicato alla cucina italiana può amplificare il risultato auspicato, accompagnando le iniziative di promozione culturale e turistica e aumentando la visibilità globale del patrimonio culinario.
Il valore culturale della candidatura
«La candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’umanità rappresenta un’occasione storica», conclude Roberta Garibaldi, «non solo per riconoscerne il valore culinario, ma anche sociale, simbolico ed educativo». L’obiettivo è trasformare scuole e social media nei nuovi custodi della tradizione culinaria italiana, garantendo la sua continuità e il passaggio alle generazioni future. Solo attraverso un impegno combinato di educazione, comunicazione e partecipazione culturale la candidatura Unesco può tradursi in un reale processo di tutela e rigenerazione del patrimonio gastronomico italiano.