I mercati civici di Cagliari diventano protagonisti della valorizzazione gastronomica del territorio. È questo il fulcro di “Cagliari in Tavola”, iniziativa presentata alla Camera di Commercio di Cagliari-Oristano e nata per promuovere la cucina tipica cittadina attraverso una rete virtuosa tra ristoratori e banchi alimentari. Il progetto, ricordiamo, che rientra nel programma regionale "Sa Mesa Nostra", coinvolge 14 ristoranti nei quartieri storici di Castello, Marina, Stampace e Villanova, ciascuno dei quali proporrà un menu degustazione a 30 euro con un piatto “in gara” preparato usando ingredienti acquistati esclusivamente nei mercati civici.

Cagliari rilancia i mercati civici con un progetto che unisce cucina e territorio
Dai banchi alla tavola: la filiera corta come leva per la qualità
Alla conferenza di presentazione, svoltasi nel cuore del capoluogo, sono intervenuti diversi esponenti del mondo istituzionale e gastronomico, tra cui Marzia Cilloccu per l'assessorato regionale al Turismo, Emanuele Frongia, presidente di Fipe Confcommercio Sud Sardegna, Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola, Massimo Manetti, presidente della Camera di Commercio di Firenze, l'assessore alle Attività produttive Carlo Serra, la chef Teresa Galanti, in rappresentanza del comparto ristorativo, e il produttore Ferruccio Deiana.

In apertura, il presidente della Camera di Commercio di Cagliari-Oristano, Maurizio De Pascale, ha richiamato l'esperienza positiva del progetto Transumanza del Gusto, recentemente ospitato a Firenze, per sottolineare l'importanza delle sinergie tra territori. De Pascale ha spiegato come l'abbinamento tra ristorazione e mercati civici, apparentemente complicato, stia in realtà rivelandosi una scelta efficace: «Riavvicinare la storia, la nostra terra e il commercio è un passo obbligato per riportare al centro l'identità e la qualità». Un concetto ripreso da Emanuele Frongia, che ha posto l'accento sul ruolo centrale dei prodotti locali nel futuro della ristorazione: «Il futuro della nostra ristorazione non può prescindere dal riconoscimento del prodotto locale - ha dichiarato. I ristoratori sono ambasciatori dell'accoglienza» ha aggiunto nel sottolineare il valore culturale e sociale del loro lavoro, capace di raccontare il territorio con autenticità.
Identità e sostenibilità: le sfide della ristorazione raccontate dai protagonisti
Il legame tra qualità, identità e sviluppo imprenditoriale è stato al centro anche dell'intervento di Massimo Manetti, secondo cui la qualità resta la leva fondamentale per la sopravvivenza delle imprese, soprattutto in contesti turistici molto esposti come Firenze. «Solo a Firenze si mangia la vera bistecca fiorentina, ma non ovunque si trova un servizio coerente con la tradizione. Difendere i valori del proprio territorio è, quindi, essenziale: senza identità, si perde l'esperienza che il turista cerca». Per questo, ha annunciato, si sta lavorando a un disciplinare per introdurre un marchio di qualità rivolto ai ristoratori che seguono una filiera corta e sostenibile: «Non bisogna avere paura di ridurre il margine di guadagno perché promuovere un servizio di qualità porta a risultati credibili e duraturi, anche grazie a iniziative collaterali».

Cucina locale e mercati civici: parte il progetto “Cagliari in Tavola”
A rendere ancora più concreta la riflessione è stato l'intervento della chef Teresa Galanti, che da tempo porta avanti una battaglia per l'uso consapevole delle materie prime, in particolare quelle ittiche: «Mi batto da tempo per l'uso delle materie prime. In Sardegna abbiamo ristoranti che ignorano i pesci del nostro mare, come il sugherello, mentre si punta solo ai grandi predatori o al pesce d'importazione. Serve un'educazione alimentare più profonda, che tuteli la piccola pesca e contrasti pratiche distruttive come la pesca a strascico». In chiusura, il produttore Ferruccio Deiana ha voluto ribadire il valore dei mercati civici, definendoli «la traction antropologica delle comunità». Un messaggio chiaro e diretto rivolto ai ristoratori: «L'unica cosa che garantisce la sopravvivenza nel lungo periodo è mantenere viva la tradizione. È sì difficile conciliare etica e business, ma l'educazione del prodotto è la via. Bisogna tornare a vivere con la terra, non solo sulla terra».