Tre mila euro netti per fare l'aiuto cuoco in Costa Smeralda. Vitto, alloggio e una location da cartolina. Eppure nessuno si presenta. Gianluca Fasolino, proprietario del ristorante Gentedimare a Golfo Aranci - una delle mete più frequentate dai vip nel cuore dell'estate sarda - è disperato: «Sarei disposto a pagarne anche cinquemila, ma non riesco a trovare nessuno. Quando qualcuno mi scrive, nella maggior parte dei casi neanche si presenta». Le sue parole, rilasciate a Reporter Gourmet, sono solo l'ultimo capitolo di una crisi occupazionale che colpisce da anni il settore della ristorazione in Sardegna (e non solo, ricordiamo).

Gianluca Fasolino insieme agli artisti Shablo e Irama
Un problema che non riguarda più solo le condizioni contrattuali o i turni di lavoro: il personale, semplicemente, non c'è. Ecco perché, secondo Emanuele Frongia, presidente della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) Sardegna, l'unica via d'uscita, concreta e immediata, è quella di aprire di più i confini: «La risposta più efficace è favorire l'accesso di lavoratori stranieri» dice a Italia a Tavola.
Frongia (Fipe Sardegna): «Avevamo previsto tutto, ancora prima del Covid»
La carenza di personale, spiega Frongia, è un fenomeno tutt'altro che nuovo: «Sicuramente è qualcosa che da noi va avanti da diverso tempo. Lo avevamo annunciato ancora prima del Covid che si sarebbe arrivati a questo punto». La pandemia ha di fatti solo accelerato un processo già in atto, facendo emergere nuove consapevolezze: «Il Covid ha dato un cambio radicale alla situazione occupazionale. Da una parte ha portato i lavoratori a prendere coscienza del proprio ruolo, dall'altra ha fatto emergere la differenza tra aziende sane e aziende che non garantiscono determinate condizioni».

Emanuele Frongia, presidente della Fipe Sardegna
Il vero spartiacque, però, è stato un altro: la pianificazione. Le imprese che riescono a offrire una prospettiva di stabilità, anche annuale, sono oggi le uniche a trattenere il personale. Le altre - soprattutto quelle legate alla stagionalità, come, appunto, bar e ristoranti - faticano sempre di più: «Un'azienda che permette a un lavoratore di fare una pianificazione di vita lavorando tutto l'anno, ha ovviamente più capacità di mantenere i dipendenti rispetto a una realtà che, pur offrendo tutte le garanzie, resta stagionale».
Sardegna, la carenza di personale non è solo un problema della ristorazione
Il caso Gentedimare - con stipendi di tutto rispetto e contratti in regola - mette in luce una questione che in Sardegna, purtroppo, va ben oltre la singola offerta di lavoro: «Non è solo la ristorazione a essere in difficoltà. Lo stesso problema si trova in uno studio di ingegneria, negli uffici comunali, in quelli regionali. È una realtà trasversale a tutti i settori». Il nodo, secondo Frongia, è soprattutto demografico: «L'età media cresce sempre di più. Ci sono sempre meno giovani. È una questione strutturale». Ed è proprio qui che entra in gioco la proposta di Fipe Sardegna: «Abbiamo ribadito più volte che una delle risposte più immediate può essere solo l'apertura degli accessi a popolazioni che arrivano da altre parti del mondo. È un passaggio necessario se si vuole colmare la distanza tra domanda e offerta».
Da qui, l'appello alla politica: bisogna agevolare i flussi in ingresso, anche e soprattutto per lavori stagionali. Una proposta che trova fondamento non solo nella contingenza, ma anche nella storia: «È quello che è sempre successo nei processi storici: quando un Paese voleva svilupparsi, apriva ai lavoratori stranieri. È successo anche con l'Inghilterra e la Commonwealth, è accaduto in Francia con le ex colonie. Le strutture demografiche odierne di questi paesi ne sono la prova».

Per Fipe Sardegna bisogna agevolare i flussi in ingresso, anche e soprattutto per lavori stagionali
Chiaramente, però, non tutto dipende dallo Stato. Anche le imprese devono mettersi in discussione: «Il punto di partenza è migliorare le condizioni di lavoro, rendere i collaboratori parte attiva di un progetto, dare una prospettiva concreta. Spesso, soprattutto nelle piccole realtà, è mancata la capacità di costruire un percorso condiviso. E questo oggi pesa».
Un'emergenza che richiede una risposta oggi, non domani
Insomma, l'estate sarda sta raccontando l'ennesimo capitolo di una crisi che non è più episodica ma strutturale. E il rischio è che diventi la nuova normalità. Ogni anno si parte con l'allarme, si prova a tamponare l'emergenza e poi si ricomincia da capo. Ma il sistema, ormai, rischia di non reggere più. «Se non ci sono abbastanza persone disposte a lavorare - conclude Frongia, tornando su un concetto che per lui è ormai ineludibile - dobbiamo guardare altrove. È una questione aritmetica, non ideologica. Ma servono scelte politiche serie, serve visione, pianificazione. E soprattutto serve farlo subito, non tra vent'anni».