Esperto mondiale del settore caseario e direttore di Cacio&Pepe Magazine, Alberto Marcomini è tra i sei finalisti del sondaggio di Italia a Tavola - Personaggio dell'anno dell'enogastronomia e dell'accoglienza. Sezione: opinion leader. Chevalier et Maître Fromager de France, Marcomini preferisce i formaggi a pasta molle, quando cremificano, a tal punto che li puoi degustare con un cucchiaio.
Alberto Marcomini
Alberto, come nasce la tua passione per i formaggi?Come tutte le belle storie anche la mia nasce quasi per caso: quando avevo sei anni entrai per la prima volta in una latteria di paese. Subito fui attratto dai profumi di latte che sprigionava questo luogo incantato. Poi la mia curiosità venne colpita da come una sostanza liquida, il latte appunto, si trasformava in una cosa solida, il formaggio. Non capivo, fui rapito subito dai gesti del casaro, movimenti lenti, dettati dalla tradizione e dalla esperienza. Un ricordo indelebile. Negli anni ’80 mi trasferii a Sansepolcro, un borgo medievale toscano, facevo un altro lavoro. Un mio vicino di casa era un pastore sardo. Un bel giorno mi chiese se poteva pascolare le sue pecore nei prati, da me trascurati, attorno la mia dimora. In cambio mi regalava qualche caciotta, che profumava di quel ricordo di quando scoprii il formaggio della piccola latteria. Fu come un fulmine a ciel sereno e così iniziai a muovere i primi passi in questo meraviglioso mondo. E da qui nacque la mia passione per i formaggi, e non solo. Capii, che bisognava far conoscere il lavoro duro dei piccoli artigiani, legati alla natura e al proprio territorio.
Oggi puoi fregiarti del titolo Chevalier et Maître Fromager de France. Cosa significa?Per me è stato un importante riconoscimento e anche un grande stimolo. I francesi hanno riconosciuto il mio vero amore per il formaggio e il mio impegno. In Francia ho fatto molti stage per imparare ad affinare il formaggio. Hanno ritenuto che fossi all’altezza dei loro Maître fromager. Per me, italiano, è stato un grande onore.
Il segreto per conoscere un formaggio di eccellenza?Bisogna soprattutto conoscere la provenienza del formaggio, bisogna andare sul posto, capire tutte le sfaccettature, conoscere il territorio, gli animali, dove e come vivono, l’arte del casaro e tante altre cose che sembrano normali, irrilevanti, ma che invece non lo sono. Se entro in una stalla, per esempio, devo sentire il profumo del fieno, deve essere pulita, così gli animali vivono meglio, donando un latte di altissima qualità. Solo cosi può nascere un formaggio d’eccellenza, con un equilibrio perfetto, dato dai profumi, dagli aromi, che regala un’esperienza sensoriale appagante. Il formaggio al gusto dev’essere elegante, equilibrato, senza note sgradevoli ne prepotenti, come l’amaro o l’eccessiva sapidità.
Perchè si parla tanto dei formaggi francesi e non tanto di quelli italiani?Credo, anzi, ne sono sicuro, che i francesi siano molto bravi in marketing, le forme di formaggio sono prevalentemente piccole, di forme diverse, accattivanti. Loro il formaggio ce l’hanno nel Dna, imparano già da piccoli a riconoscere i formaggi. Noi abbiamo la pasta, la pizza, prodotti d’eccellenza indiscutibile, che prevalgono sul mondo caseario. Ma piano piano ci arriveremo anche noi.
Pochissimi ristoranti hanno in italia la carta dei formaggi. Perché?È solo una questione di cultura. Molti pensano, sbagliando, che il formaggio sia un costo, un fine pasto riempitivo.
Formaggi a pasta, molli, semistagionati, stagionati: qual è la tua preferenza?Mi piacciono molto i formaggi a pasta molle, quando cremificano, a tal punto che li puoi degustare con un cucchiaio.
Tre formaggi top in Italia?Sono tantissimi. Sceglierei un grande Taleggio al cucchiaio, le robiole di capra e i formaggi erborinati da meditazione.
Il ruolo dei Consorzi?Il mondo dei Consorzi è molto variegato. A volte certi Consorzi assomigliano più a delle lobby.
Uno slogan per farti votare?Purtroppo io non sono bravo a usare i social non amo le competizioni, ma questa volta ho aderito a questa iniziativa affinché io possa sempre di più far conoscere le nostre eccellenze, le nostre tradizioni, che devono continuare ad essere sempre presenti e ben radicati, e tramandati alle nuove generazioni. E poi, la cosa più importante, sostenere, valorizzare e dare voce ai piccoli artigiani del latte, che in questo ultimo anno la pandemia li ha messi a dura prova. Chi mi vota lo fa soprattutto per loro.