Cena in hotel e notte in camera Il nuovo trend resisterà alla crisi?

Da qualche giorno, tanti alberghi promuovono stanze a prezzi scontati per dare una possibilità di cenare fuori, vista la chiusura dei ristoranti alle 18, e riempire così le loro sale ristorante . Una tendenza che potrebbe affermarsi anche dopo l'emergenza, a patto che i servizi offerti siano sempre più attrattivi

31 ottobre 2020 | 08:30
di Vincenzo D’Antonio
Nel panorama gramo, con provvedimenti e bollettini che nel loro susseguirsi palesano una paurosa incertezza di governance, finalmente il sorriso ritorna per quanto di alacre ed intelligente, a beneficio di tutti, stanno facendo alcuni bravissimi albergatori. Per decreto, il ristoratore deve chiudere alle 18, ma stante il medesimo decreto l’albergatore che ha un ristorante annesso, può erogare servizio di cena limitatamente agli ospiti che pernottano in albergo. La lampadina si accende: rovescio il tradizionale paradigma dell’albergo. L’albergo non più come il luogo dove pernotto (e visto che mi ci trovo, ceno nell’annesso ristorante), bensì, in questo scenario evolvente, il ristorante interno all’albergo è individuato come ristorante di destinazione, e - dato che vorrò essere lì a cena - a questo punto ci resto pure a dormire.

Tanti alberghi offrono camere a prezzi scontati per riempire i loro ristoranti

Notizie pervenute, verificate e vive congratulazioni per queste iniziative, a Gianluca Renzi, chef del ristorante I Portici dell’albergo I Portici a Bologna, a Vincenzo Naschi, patron del Relais Borgo Campello a Campello sul Clitunno, a Daniele Zunica patron dello Zunica 1880 Ristorante & Hotel a Civitella del Tronto, ad Emilio Ascolani, patron dell’Hotel Astor a Frosinone, a Francesco Apreda, chef dell'Idylio di Roma, nell'hotel The Pantheon.

E chissà quanti altri, in tutto il nostro Bel Paese. Congratulazioni a coloro tra albergatori, patron e chef degli annessi ristoranti, che stanno individuando nuove linee di accoglienza e di business, rimarcando l’importanza della ristorazione d’albergo.

Due oggetti bianchi tessuti, entrambi di immacolata pulizia e di acclarata necessità, sono i totem della struttura: il lenzuolo (bianco) ed il tovagliolo (bianco). Core business quell’oggetto bianco denominato lenzuolo, business ancillare quando va bene e sennò un fastidioso calice amaro quell’altro oggetto bianco denominato tovagliolo. Ecco, da oggi l’importanza dei due oggetti bianchi assume pesi differenti rispetto al passato.

Cena in albergo e pernottamento. Un trend di rapido sviluppo

Ma adesso, piuttosto che indulgere lietamente alle lodevoli iniziative, analizziamo cosa sta accadendo e quanto permarrà ad emergenza terminata. Tre gli elementi da considerare. Primo elemento, la graduale cessazione dello stato di estraneità dell’albergo rispetto alla sua location nei confronti della popolazione locale. Non più quel luogo per soli forestieri, alla gente del posto inaccessibile se non in occasioni molto particolari, bensì quella struttura accogliente luogo di aggregazione anche per le persone del luogo, in fruizione “day” ma non, in tutta ovvietà, in funzione “night”.

Secondo elemento, il graduale appealing verso un target alto spendente ubicato in fascia distante nell’intorno dei 40km. Un target che dal suo trovarsi né troppo vicino e né troppo distante all’albergo (ed all’annesso ristorante) trae non più l’indifferenza, bensì l’attrattività per recarvisi a cena, posto che alta sia la qualità erogata. Si azzera lo stress del dopocena, dover guidare e dovere stare bene attenti a quel calice in più, in quanto si dorme confortevolmente laddove si è vissuta l’esperienza della cena.

Ed è qui, con il terzo elemento, che si apre il più delicato e forse sgradevole dei temi: quanto deve costare dormire in albergo? Se il trend vuole essere quello di trarre revenue anche dal bianco tovagliolo - e non più solo dal bianco lenzuolo - allora si tratta di agire contemporaneamente su più leve. Incrementare la qualità complessiva del ristorante in modo da renderlo attrattivo al punto tale da essere considerato ristorante di destinazione.

Non abbassare la qualità dell’albergo strettamente inteso, quindi camera ed annessi servizi, nonché offerte collaterali quali ad esempio Spa, centro benessere, attività ludico sportive, e tenere sempre altissima l’attenzione alla sanificazione costante e quindi ai nuovi standard dell’igiene.

Ritarare verso il basso il prezzo della camera, tendendo così ad un buon coefficiente di occupazione ed allontanando il rischio di strutture desolatamente vuote. Il solo ventilare ipotesi di riduzione del prezzo della camera in un momento di crisi del settore, suona come provocazione irridente e perciò aspra e violenta. Va bene, consideriamo ciò una provocazione e a questo punto la cavalchiamo e ci spingiamo fino al punto di suggerire addirittura, ulteriori strali attirando, quanto dovrebbe essere in percentuale la riduzione della tariffa. Eccola: 18%, poco più, poco meno. E perché proprio 18%, poco più poco meno?  Verrebbe da rispondere: chi ha orecchie da intendere, intenda !

Quale esortazione va sempre di moda, strappa sempre plauso a chi la ascolta e regala autorevolezza dell’istante a chi la pronuncia ? “Fare sistema”. Ogni volta si scopre che il comportamento vincente è “fare sistema” ed impunemente si afferma ciò come se oggi fosse il primo mattino del mondo. Tutti dimentichiamo che chi oggi esorta a “fare sistema”, non ha mai agito in coerenza con questa accorata esortazione; forse, neanche sa cosa per davvero significhi fare sistema!

La prova provata di come gli albergatori non abbiano mai “fatto sistema” è nella loro pigrizia (chiamiamola così) nell’investire in tecnologia di rete, rete intesa anche come loro capacità / volontà di aggregazione tra imprenditori (lobby associative incluse), per addivenire ad un sistema evoluto e smart di prenotazione.

Il risultato è che adesso la grandissima parte degli albergatori ha in compagine proprietaria un socio, occulto ai registri societari e palese al mercato, che pretende il 18% sul venduto della camera, lo vuole subito, si disinteressa delle sorti complessive dell’impresa e mai compartecipa ad investimenti e spese straordinarie. Questo soggetto non è un parassita, questo soggetto imprenditoriale si è insinuato abilmente nel vuoto lasciato dall’albergatore che non ha “fatto sistema”. L’albergatore, quel soggetto che credeva di conoscere la sua clientela affezionata!

Due casi emblematici del tempo che fu (ante Covid). Pensioncina in costa adriatica di Romagna. Fine della settimana di villeggiatura fruita dal ceto impiegatizio del triangolo industriale: si salda il conto e si lascia l’acconto per la prossima estate. Caso di scuola del turista leisure di una volta, affezionato per pigrizia, per neofobia, per conseguita soddisfazione di bisogni consolidati. Albergo a Verona e dintorni. Mattina del giorno successivo alla chiusura del Vinitaly. Si salda il conto e si lascia l’acconto per la prossima edizione del Vinitaly.

Gli alberghi si attrezzano per offrire nuovi servizi

Dove sta più la famigliola che villeggiava sulla costa adriatica di Romangna? Ma dove sta più il triangolo industriale? Dove stanno più i mega uffici in città? Dove sta più il Vinitaly, dove stanno le fiere? Nel non avere avuto la solerzia di comprendere che il mondo del turismo, leisure e business, stava cambiando e che i flussi incrementali non significavano chiaramente fatturati ed utili incrementali, gli albergatori bene attenti ad esortare il “fare sistema” ed altrettanto bene attenti a non attuare mai questa pratica, adesso si trovano il socio in casa e sanno di non potere farne a meno.

Ed ecco che sta verificandosi, posto che la si sappia e la si voglia cogliere, un’occasione ghiotta davvero: confluenza ed intersezione tra un momento tattico contingente ed una visione strategica. Il momento tattico, già tempestivamente colto da alcuni albergatori, è propiziare la presenza in struttura di una clientela prima invisibile: la fruizione dell’oggetto bianco lenzuolo come conseguenza dell’agognata fruizione dell’oggetto bianco tovagliolo.

Ma appunto, il ristorante deve essere “agognato”, deve farmi fare quei 40 km circa (e 40 km a tornare l’indomani) e deve rendermi più che tollerabile la spesa del confortevole pernottamento, con prezzi di miglior favore rispetto ai listini attuali. Come può rendersi attrattivo anche più di una “prima volta”? Probabilmente generando il ruolo di guest chef che di volta in volta affianca il resident chef. Fino a quando perdura l’attuale dispositivo che impone la chiusura dei ristoranti alle ore 6pm, molti chef sono disponibili a prestazione da guest chef. Situazione win win win: all winners!

Va bene alla struttura che organizza: proposta atta ad attrarre clientela gourmet e quindi revenue incrementale da lenzuolo e da tovagliolo. Va bene allo chef ospite: amplia la sua visibilità e remunera la sua prestazione. Va bene al resident chef: rafforza la sua rete di conoscenza di colleghi ed amplia spicchi di competenza su linee di cucina distanti dalla sua. Va bene, ed è la cosa più importante, alla clientela gourmet che magari difficilmente avrebbe potuto fare esperienza con la cucina del guest chef che… viene da lontano!

I ristoranti d'albergo si attrezzano per ospitare anche clienti da fuori

Sì, e quando poi, tutti ci auguriamo prestissimo, questa “cosa delle 18” finirà? Quando poi si potrà andare a cena nel ristorante “normale” senza che ciò implichi la necessità del pernottamento in hotel?

E qui subentra la visione strategica. L’albergatore nel mentre ha acquisito le competenze che gli consentono di mantenere attrattivo il ristorante annesso al suo albergo e quindi questo ristorante entra nel novero delle scelte che effettua il cliente gourmet quando decide di cenare fuori casa. E la situazione diviene ancora maggiormente favorevole quando a fronte dell’obiettivo “tovagliolo”, l’oggetto bianco “lenzuolo” non è più un vincolo bensì una scelta, un’opzione. Sta alle abilità di marketing dell’albergatore, insieme alle abilità di comunicatore, rendere attrattiva l’opzione “lenzuolo”.

Passerà l’emergenza e noi tutti auspichiamo che passi presto, ma non passeranno, fortunatamente, gli abiti comportamentali che nel frattempo avremmo introitato: l’attenzione all’igiene, gli spazi ampi onde consentire distanziamento, azioni di sanificazione documentate e palesi, attitudine ad un servizio attento e non raffazzonato.

Saper creare eventi, approntare un cartellone così come a teatro e quindi comunicare la presenza durante la stagione di qualche resident chef è un’abitudine che può permanere, e un albergatore può organizzare ciò più agevolmente di quanto possa fare, posto che voglia farlo, un ristoratore.

Con i flussi di turismo estero che ancora mancheranno per un po’, sorta di latenza, con il perdurante smart working che implica anche una riduzione consistente del turismo business, insomma, al cospetto di uno scenario mutato, l’albergo rimodella la sua funzione.

Non solo “night” ma anche “day”. Non solo per i forestieri ma anche per i locali. Non solo lenzuolo ma anche tovagliolo. Dal “devo dormire in albergo, dacché ci sono ceno nell’annesso ristorante” al “voglio cenare in quel ristorante, e siccome ci sono anche camere confortevoli ed a prezzo giusto, ci dormo pure”.

Sta nascendo una nuova funzionalità: D&B. D&B ad intendere Dinner & Bed. La domanda latente c’è, ma è sopita. Sta ad un’offerta che ha le potenzialità per divenire strutturalmente tale, rendersi visibile comunicando la bontà della proposta e dandosi corretto posizionamento. E poi magari si scopre che se con i D&B si “fa sistema”, si elidono i soci occulti e si ripristinano margini di redditività che consento investimenti che a loro volta consentono di permanere attrattivi in un mercato nuovamente globale ma ben diverso da quello ante pandemia.

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Alberto Lupini


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