Crisi del turismo: un'estate anomala rivela le falle dell'Horeca. È emergenza?

I proclami di rilancio post-Covid reggono poco, gli stranieri salvano il turismo italiano. Le polemiche sono più degli interventi per il settore che, abbandonato dalla politica, può contare solo sulle sue forze

05 settembre 2023 | 14:55
di Alberto Lupini

Un’estate davvero strana. Siamo partiti con annunci trionfali di chissà quale boom del turismo, con presenze superiori al pre Covid-19 e - tolto luglio che segnava molti over booking dopo il brutto tempo di giugno - agosto si è salvato in parte solo per la presenza degli stranieri che, nonostante le ferie della contestata Venere della Santanchè, hanno affollato città d’arte, montagna, mari e persino i laghi. Arrivi che forse non erano condizionati dagli assurdi rincari dei voli aerei interni, dei traghetti, della benzina e dalla mancanza di un adeguato potenziamento della rete ferroviaria. Rispetto allo scorso anno quasi 3 italiani su 10, causa l’inflazione, hanno così rinunciato quest’anno alle ferie.

Sta di fatto che si è manifestata ancora una volta l’assenza della politica che, dopo proclami e annunci interessanti, si è ripiegata sulle polemiche sterili (dal reddito di cittadinanza al salario minimo, dai migranti alle esternazioni dei militari machisti), ma delle necessità delle imprese del turismo se ne è lavata le mani. In compenso c’è stato un gran parlare di difesa della cucina italiana e di blocchi a insetti e carne coltivata, fino agli equivoci sui poveri che mangerebbero meglio dei ricchi. Tutte cose che alla ristorazione italiana francamente non servono perché gli operatori sanno già da soli cosa piace agli italiani.

E così, invece di decreti urgenti per favorire qualche posto di lavoro in più, in sala, in cucina o negli hotel (magari con la decontribuzione degli straordinari, dei notturni o delle ore nei weekend), ci siamo ritrovati con bar, ristoranti e alberghi che hanno dovuto rimediare con personale insufficiente o con brigate di studenti inesperti e impreparati. Senza contare che in pochi hanno riconosciuto gli sforzi fatti da gestori e lavoratori per garantire al meglio il servizio e un giusto prezzo nonostante i rincari di energia e materie prime abbiano messo in ginocchio molti bilanci. A contrario è stata una rincorsa (a cui ha partecipato anche Italia a Tavola per non venire meno al dovere di cronaca) ad evidenziare le mele marce (che ci sono in tutti i settori) di chi aggiungeva costi nello scontrino per tagliare un toast, aggiungere un piattino al servizio o servire il pane (!!!).

In questa situazione non possiamo che ribadire come le imprese dell’Horeca debbano capire che possono contare solo su sé stesse. Servono nuovi modelli organizzativi, nuovi orari e turni di lavoro, una diversa valorizzazione di tutte le professionalità. Dopo il Covid-19 è cambiato tutto, ma sembra che andiamo avanti come se niente fosse accaduto, aspettando che tutto torni come prima. Dobbiamo adattarci ai cambiamenti profondi e capire perché il comparto non attrae più come prima, dai ristoranti più piccoli a quelli più grandi. I cuochi non sono più il riferimento principale: ci sono maitre, camerieri, direttori di albergo, sommelier, barman, governanti, bagnini, pizzaioli, pasticceri, guide e tutti gli altri lavoratori dell’accoglienza che hanno ciascuno un ruolo. Serve l’unità di tutti i mestieri e le aziende che concorrono alla fetta più importante del Pil nazionale. E come sempre Italia a Tavola cercherà di dare voce a tutti.

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Alberto Lupini


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