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Crollo della birra nel 2020, in fumo 1,6 miliardi in sei mesi

Persi 21mila posti di lavoro lungo l’intera filiera, soprattutto nel fuori casa. Prima della pandemia il mercato vantava un valore condiviso di quasi 10 miliardi di euro. I dati diffusi dall’Osservatorio Birra.

 
19 novembre 2020 | 12:11

Crollo della birra nel 2020, in fumo 1,6 miliardi in sei mesi

Persi 21mila posti di lavoro lungo l’intera filiera, soprattutto nel fuori casa. Prima della pandemia il mercato vantava un valore condiviso di quasi 10 miliardi di euro. I dati diffusi dall’Osservatorio Birra.

19 novembre 2020 | 12:11
 

Stava correndo fortissimo prima della pandemia da Covid, poi l’inevitabile crollo. È il percorso fatto dal mercato della birra che vantava un valore condiviso, creato dalla filiera in Italia nel 2019, di quasi 10 miliardi di euro, stabilendosi come fulcro strategico dell’economia per ricchezza e occupazione generate.

La chiusura dei locali penaliza tutta la filiera - Il crollo della birra nel 2020 In fumo 1,6 miliardi in 6 mesi

La chiusura dei locali penaliza tutta la filiera

Persi 21mila posti di lavoro in 6 mesi
L’effetto devastante della pandemia però nel 2020, in appena 6 mesi, ha fatto perdere 1,6 miliardi di valore condiviso e circa 21mila posti di lavoro lungo l’intera filiera, soprattutto nel fuori casa. Riduzione delle accise e sostegno all’Horeca sono le proposte del settore della birra, che non vuole rinunciare a proporsi come pilastro per affrontare la crisi dell’out of home.

Due ere diverse a cavallo del covid
I dati, che fotografano l’andamento del settore nel 2019 e nei primi 6 mesi del 2020, evidenziando un “prima” e un “dopo” Covid-19, sono stati diffusi dall’Osservatorio Birra con la presentazione del 4° Rapporto “La creazione di valore condiviso del settore della birra in Italia”, realizzato da Althesys.

Tutta la filiera risente della chiusura dei locali
Per calcolare il valore condiviso, lo studio ha analizzato tutte le fasi della filiera della birra (approvvigionamento materie prime, produzione, logistica, distribuzione e vendita), considerando gli effetti diretti (valore aggiunto, contribuzione fiscale, occupazione, ecc.) delle attività dell’industria birraria italiana, quelli indiretti e indotti, le ricadute degli investimenti pubblici.

«Da quando è iniziata la pandemia - si legge in una nota di Unionbirrai - abbiamo cercato di collaborare con tutte le istituzioni e con varie associazioni di categoria rappresentative di settori collaterali al nostro, per portare all’attenzione dei Ministeri competenti le specificità del comparto della birra artigianale italiana. All’interno di questa cooperazione, tra l’altro, ci sono stati numerosi contatti con Assobirra, l’associazione dei produttori industriali di birra, al fine di trovare sinergie operative e punti di interesse comune».

«All’interno di questo contesto - segue la nota - troviamo che il recente studio patrocinato da Assobirra, dal titolo "Italiani a tutta birra: 9 su 10 hanno acquistato la “bionda” più amata", racconti una realtà del mercato birra in Italia ai tempi del Covid assolutamente di parte e nel solo ed esclusivo interesse dei grandi produttori, che hanno sicuramente mantenuto elevati livelli di vendite grazie alla massiccia presenza in Gdo. Questo quadro idilliaco che viene proposto è però uno schiaffo in faccia a centinaia di birrifici artigianali che sono completamente fermi o hanno visto il proprio fatturato crollare a seguito delle restrizioni e delle chiusure dei propri canali di vendita. Risulta difficile non notare che, di conseguenza, il comparto della birra artigianale, per il quale non esiste uno specifico codice Ateco, sia stato completamente tagliato fuori da ogni forma di ristoro nei decreti recentemente approvati».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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