Locale rustico-chic con un’anima raffinata, ma senza tiramenti. Spirito essenziale che bada al bello, buono e concreto. Questo è Dasein, inedito luogo di aggregazione milanese.
È un vecchio deposito di carbone, un basement (si accede da uno studio legale a livello strada) nella zona della movida di Porta Venezia. L’insegna ne rappresenta la carta d’identità: il “da sein”, l’esserci del pensiero filosofico di Martin Heidegger, qui si dilata in una presenza “essenziale”.

Una formula colta e semplice che si articola in tre linee guida: Champagne, brisaola della Valchiavenna di differenti stagionature e affumicature e bitto, in particolare lo Storico Ribelle, presidio Slow Food. Specialità che farciscono anche i ravioli fatti a mano. Lievitato in casa anche il pane, cotto con forno a pietra ollare. Pane fresco e Champagne! Quando gli estremi si toccano.

Una ventina le cuvée presenti in una carta in divenire, che propone anche produzioni bio e biodinamiche. Da segnalare la selezione di grappe di Champagne, di distillati artigianali di frutta spontanea e il menu analcolico. Questo, un viaggio nel passato sui toni di cedrata, chinotto, gazzosa e spuma nera.

Due donne al comando, madre e figlia, Monika Zanic e Julia Jerkunica. Dasein è una lunga galleria, di giorno illuminata dalle bocche di lupo che si aprono su via Settala. La volta è a botte di mattoni crudi, le pareti sono bianche, rivestite in alcuni punti di pannelli in tek fonoassorbenti. Il pavimento è sempre in tek al naturale. Cucina a vista, chiusa da vecchie porte di stalla e cinque metri di bancone. In questo caso la commistione di stili ha miscelato un ripiano trasparente che fa da pelle alla base lignea, un tempo parte integrante di una mangiatoia. Il fondo alla sala - tra bancone e tavoli, circa 40 coperti - un mini palco dotato di schermo, opzione per eventi, presentazioni, musica live. Impianto audio di alta gamma realizzato su misura.
Dall'inaugurazione, il giorno di San Valentino, per tutto il mese di febbraio, Dasein ospita l'esposizione fotografica di Sergio Caminata "La realtà come rivelazione”. Dal paesaggio al ritratto, dalla visione d’insieme all’evidenza dei particolari. Un po’ come la filosofia che ispira il luogo.