Ci vogliono passione e un grande amore per la cucina per decidere di aprire un ristorante. Lo hanno fatto tre giovani rugbisti, Tommaso Venuti, Alberto Martelli e Manfredi Custurieri, uniti anche dal fascino della palla ovale, ben consapevoli di una sfida tutta da affrontare e dividendosi ruoli e responsabilità. È nata così nel quartiere Prati la nuova insegna Almatò, che altro non è che la sintesi dei loro nomi.

Manfredi Custurieri, Tommaso Venuti e Alberto Martelli
Lo chef è Tommaso Venuti, già con un bagaglio di tutto rispetto: Alma, la Scuola internazionale di Cucina italiana, la frequestazione di grandi maestri della cucina come Marcus Wareing a Londra,
Antonino Cannavacciuolo del Villa Crespi Relais & Châteaux (Orta San Giulio, No) e
Heinz Beck (La Pergola, Roma).
«Nei quattro anni trascorsi a La Pergola - dice il giovane chef - posso dire di aver imparato il mestiere di cuoco, inteso non solo come filosofia culinaria ma anche come gestione di una cucina e di un ristorante». E così ad un cento punto, sostenuto dagli altri due soci, Martelli e Custurieri, che si sono assunti rispettivamente i ruoli di sommelier e di responsabile di sala, ha capito che poteva finalmente esprimersi secondo la sua idea di cucina, valorizzando al massimo la materia, estraendone tutto il gusto e presentando il piatto con equilibrio e leggerezza, ma anche con armonia di forme e di colori. Limitato nel piatto il numero di ingredienti, al massimo tre, sempre riconoscibili singolarmente seppure con cotture diverse e complessità di esecuzione.
Ravioli di coda
Contenuto, in tutte le sue voci, è il menu, con un massimo di cinque proposte. Importante per lo chef è il rapporto con il commensale: ha in mente di coinvolgerlo in una specie di gioco, ingannando il suo palato, sul genere "niente è come sembra" sul contenuto del piatto. «Vorrei fare una piccola provocazione - dice - quasi un momento di rottura tra ciò che l'occhio immagina e la reale percezione del sapore, tra quello che sembra e quello che è davvero. È una delle piccole pillole che vorrei mettere in programma per sollecitare l'attenzione sul nostro modo di fare cucina».
Questi i piatti del menu che abbiamo provato all'inaugurazione del locale: Cappuccino in tazza con polpo e patate abbinato a un Franciacorta Brut Camillucci; Scampi radicchio e radici con un Riesling Trocken Bassermann Jordan; leggerissimi Ravioli di coda con un Bourgogne Roncevie Domaine Arlaud; Anatra, patata viola, cipollotto e lavanda con un Chianti Classico Gran selezione Villa Rosa; infine un'interpretazione di Tiramisù con un Verdicchio Passito dei Castelli di Jesi Garofoli.
L'arredo del locale è minimal, con colori sobri
Altri piatti, in carta, spaziano dalla terra al mare come Polpo con zucca, semi e caprino; Tartare di manzo con sfoglia, puntarelle e alici; Foie gras con arancia e rosmarino; Risotto nero, seppie, timo e limone candito; Cacio e pepe, gamberi rossi e arancia bruciata; Fagotti di baccala, fagioli neri, guanciale e castagne; Spigola con biete, alloro e liquirizia, e Wellington 2019.
Possono essere gustati in varie proposte: in una veloce pausa pranzo (20 euro), in un lunch tasting, (3 portate, 30 euro) e in due percorsi di degustazione, di 5 o 7 portate (50 e 70 euro). Bevande escluse. La carta dei vini messa a punto da Alberto Martelli propone un'ottantina di etichette, italiane, estere, bollicine italiane e Champagne. Varie anche le proposte al calice, per i migliori abbinamenti.
Anatra, patata viola, cipollotto e lavanda
L'arredo del locale è minimal, con colori sobri. Per realizzarlo i tre soci si sono impegnati direttamente e materialmente, senza chiamare architetti o arredatori. La mise en place è altrettanto semplice ed elegante, ma con qualche tocco di classe come il burro fatto in casa, servito in un sasso scavato accanto alla ciotolina dell'olio e al pane sempre caldo. Agli attuali 28 coperti interni se ne aggiungeranno, nella bella stagione, un’altra dozzina.
foto: Alberto BlasettiPer informazioni:
www.almato.it