Da qualche anno è diventata la mecca della gastronomia mondiale, grazie al contributo di alcuni nomi che sono diventati delle vere e proprie icone, quali il Noma. Spinta da un patrimonio di fermentazioni, materie prime povere ed inusitate nei più caldi, tecnica sopraffina, la cucina scandinava è ascesa fino ai vertici del gradimento dei gourmand che ormai la venerano a ogni latitudine. Anche Roma non ha resistito al suo fascino. Nel quartiere Prati infatti, ha aperto da pochissimo Aede Dining.

La sala interna di Aede Dining da 18 coperti
Il primo ristorante scandinavo della Capitale
Il primo ristorante scandinavo della Capitale, è uno spazio gastronomico fortemente voluto da Tommaso Falconi e Fabrizio Cervellieri, anime di sala e cucina. Un sodalizio che da tempo si muove nel mondo della ristorazione e che in collaborazione con altri due soci ha voluto puntare su un format nato dall’amore per il Nord Europa e la sua cucina, dando vita ad un luogo senza precedenti per queste lande. Aede è un vocabolo danese che significa mangiare, ma nel senso animalesco e vorace del termine, quasi sbranare, tutt’altro che la cucina raffinata proposta dal locale.
In un ambiente solo apparentemente essenziale ma in realtà reso identitario da uno stile minimal, elegante, strutturato su uno spazio pensato per rendere protagonista il legno nelle sue variazioni cromatiche, completato da elementi e colori che richiamano atmosfere metropolitane, la cucina del nord gioca un ruolo fondamentale. Tra lampade in ceramica e oggetti che riportano alla terra e al lavoro manuale, fermentazioni e conservazioni rendono intrigante una proposta gastronomica ispirata ai sapori scandinavi. In cucina Fabrizio Cervellieri, che può contare su 15 anni di esperienza tra Friuli, paesi nordici e Berlino, gioca con le sfumature di sapore creando piatti strutturati su pochi ingredienti in perfetta armonia per sfruttare al massimo le potenzialità delle materie prime.

Da sinistra, Fabrizio Cervellieri e Tommaso Falconi
Una cucina povera ma solo apparentemente semplice
«La mia è una cucina nuova sul territorio romano - spiega lo chef Cervellieri - più spinta su prodotti che nella Capitale difficilmente si usano. Non è assolutamente una mediterranea o tradizionale ma svela al palato novità e piaceri inediti. In questo momento credo che la clientela della mia città sia pronta per questo tipo di proposta. Magari qualche anno fa non lo era ma ora ritengo proprio di sì. Sicuramente tra i must dei miei piatti ci sono i pesci poveri, quelli di fiume o di lago, il pescato azzurro, ad esempio lo sgombro. Quante tipicità di mare sottovalutiamo o ignoriamo. Ma non manca la carne, sempre con tagli meno nobili, quali la pancia di maiale, le teste, le guance. Tanti prodotti fermentati. Poveri ma di qualità eccellente che vengono dalle nostre regioni. Per la maggior parte ci spostiamo massimo fino in Abruzzo, mentre alcuni formaggi, o la panna e il burro provengono dal Sud Tirolo».
Una cucina solo apparentemente semplice. «Ci vuole tanta tecnica e molta esperienza - continua Cervellieri - conoscere la materia prima nel suo complesso, altrimenti non avrebbe senso lavorarla. Da me non si parla di piatti ma di ingredienti che cambiano ogni mese. Mi riferisco a tutte le proposte di verdure fermentate, le fermentazioni del latte, ovvero latticello, creme fraiche, panna acida preparati da noi o a tutte le conservazioni, dal sottaceto alla salamoia. Noi abbiamo solo degustazioni e per venire incontro ai neofiti abbiamo percorsi basic di 3 o 4 portate che può scegliere il cliente indicandoci gli ingredienti che vorrebbe provare».
Cervelleri: «La cucina del Nord Europa nel mio destino»
Per mettere nel menu una proposta del genere ci vuole una certa personalità ai fornelli: «Se uno chef è abbastanza identitario, la sua cucina rimane sempre invariata. Certo ormai le influenze mondiali fondamentali arrivano dal Nord Europa alla luce anche dei successi mietuti dai ristoranti scandinavi. Ma non va dimenticato che quanto fatto lassù comunque rispecchia anche il lavoro alle latitudini fredde nel nostro Paese. Diciamo pure che questa cucina rappresenta un approdo cui ero predestinato. Sono nato in Abruzzo da genitori friulani e veneti, quindi montanaro, sono cresciuto nell’alta Carnia, melange di cucine ben poco mediterranee. Dopo la scuola alberghiera, lunghe esperienze in Inghilterra, nove anni a Berlino, poi una fuga a Copenaghen, verso una cucina che ho sempre amato. Lavorare in realtà diverse dal nostro Paese è un momento formativo importantissimo. In primis per imparare davvero un'altra lingua e poi per apprendere i segreti di una cucina che altrimenti rimarrebbe soltanto una lettura».
Nel menu i piatti vengono indicati dai soli nomi degli ingredienti
Da Aede Dining dunque va in scena una cucina minimalista e di conservazione che trova piena espressione in una carta essenziale, basata su 13 piatti e su una cadenza mensile per quel che concerne le variazioni del menu. Pesce di fiume, molluschi, carne latticello e vegetali danno vita a proposte quali Piselli, panna acida, menta e lardo o Manzo, senape, aglio, shiso e ravanelli, giochi di contrasti e consistenze. Piatti dalla forte intensità, terrosi, acidi, che rappresentano appieno la cucina nordica. Due gli spazi che caratterizzano una sala interna da 18 coperti e una esterna da 14 posti, accomunate dalle scelte stilistiche, cromatiche e dei materiali. Piatti indicati dai soli nomi degli ingredienti perché l’estro di Cervellieri può consentirgli di passare dalle fermentazioni alle conservazioni senza stravolgere l’idea gastronomica dando vita a piatti in continuo movimento, le cui sfumature possono mutare di giorno in giorno.
Uno spazio importante è riservato alle proposte vegetali, sempre presenti in carta con almeno 4-5 scelte, e l’esperienza gastronomica è completata da una carta dei vini che può contare su circa 50 referenze, con alcune proposte naturali e altre straniere. È possibile provare due differenti percorsi di degustazione, uno da 8 portate e l’altro da 13 portate oppure propendere per 3 o 4portate scegliendo liberamente tra quelle presenti nel menu. Interessante anche la formula dedicata al momento del pranzo: una carta più snella (2 antipasti, 2 primi, 2 secondi e 1 dessert) che cambia due volte alla settimana.

Nella proposta di Aede spazio a piatti poveri, fermentazioni e tecnica
Falconi: «La clientela è pronta a provare sapori inediti»
Una sfida entusiasmante dunque, come sottolineata nelle parole di Tommaso Falconi: «Lanciarci in questa avventura è stato da una parte coraggioso ma allo stesso tempo semplice perché in un periodo dove tutti i parametri si azzerano causa pandemia è più semplice azzardare. Il nostro è un progetto che sognavamo da tempo e il Covid con la modifica degli stili di vita ci ha permesso di ragionare bene e lungamente sulla nuova strada da intraprendere. Abbiamo avuto tempo per provare alcuni piatti, effettuare scelte giuste sulla location e rifondare questo locale che ospitava un’altra tipologia di ristorazione. La clientela romana è ormai pronta e il boom di affluenza dopo l’estate conferma la bontà delle nostre scelte. Da Aede si viene per provare sapori inediti e comprendere lo studio che c’è dietro la lavorazione della materia prima. Apprezzare quel quid dovuto, ad esempio, alle fermentazioni che danno una nota nuova a ingredienti e piatti che magari pensavamo di conoscere. Con questo approccio in definitiva, sorprendiamo e coccoliamo il cliente».
Aede Dining
Via Federico Cesi 22 - 00193 Roma
Tel 06 88974793
www.de-scandinavian-restaurant.business.site