Nel cuore di Varese, in via Gian Domenico Romagnosi, una stradina a pochi passi da piazza del Podestà, c’è un luogo dove la pizza non è più solo un piatto da mangiare, ma un’esperienza multisensoriale da vivere. Da Piedigrotta Antonello Cioffi, con la sua creatività fuori dagli schemi e la passione per la cucina, rivoluziona il concetto stesso di pizza, trasformandola in un viaggio tra forme, sapori e consistenze inaspettate. Il suo Menu Experience non è solo degustazione, ma un racconto in più portate dove ogni piatto è un atto creativo, una sfida al palato e alla mente. Scopriamo insieme il mondo di un “cuoco della pizza” che, più che mai, osa guardare oltre i confini della tradizione.
Dove nasce l’idea del Menu Experience di Antonello Cioffi
Partiamo dal tuo tratto distintivo: il menu experience. Ma prima di entrare nel vivo, facciamo un passo indietro: cos'è e come nasce l'idea del tuo menu experience?
L’idea era - ed è - quella di trasformare la pizza in un piatto vero e proprio, dove ogni assaggio ha una sua identità, un suo impiattamento, una sua logica. Oggi va molto di moda lo sharing, la pizza al centro da dividere. Lo facciamo anche noi, certo. Ma nel Menu Experience, ogni pizza che arriva a tavola ha una sua dignità, è pensata come un piatto da degustazione. In realtà, il nome l’ho scelto tanti anni fa, quando ancora nei ristoranti Italia non si parlava di “menu experience”.

L'Hot dog
L’ho preso da Jimi Hendrix - c’è una sua canzone che si chiama proprio Experience. Io sono un grande appassionato di Hendrix, mi affascinava il suo modo fuori dagli schemi di suonare la chitarra, e quell’energia creativa volevo portarla anche nel mio lavoro. Nasce dal desiderio di cambiare il concetto tradizionale di pizza. Ecco, volevo offrire qualcosa di diverso, nel bene e nel male. Qualcosa che potesse sorprendere, far riflettere, magari anche dividere.

L'uovo di pizza
Mi piaceva anche l’idea di giocare con forme e consistenze: come prendere una tagliatella e avvolgerla in una pizza. Però, alla base di tutto, resta sempre la filosofia del gusto: il sapore della pizza deve rimanere il protagonista assoluto. Nel tempo ci siamo evoluti: siamo passati da suggestioni più “molecolari” a una cucina più essenziale, meno barocca. Oggi il nostro focus è tornare alla semplicità.
Giardino Fiorito: quando la pizza diventa un gesto creativo
Una delle tue pizze più iconiche è la Giardino Fiorito, servita con coppette e pinzette. È forse l’emblema del tuo concetto di experience. Ma secondo te, dov’è il confine tra arte culinaria e spettacolo? E dove si inserisce, in tutto questo, la pizza come street food?
Bella domanda. La Giardino Fiorito è una delle nostre pizze simbolo, sì. Ed è proprio la sintesi della nostra idea di “experience”: viene servita con diversi ingredienti in piccole coppette, e il cliente è invitato a comporla a piacere. È un po’ un gesto, un gioco, ma anche un modo per coinvolgere chi mangia, renderlo parte del piatto. Una specie di “atto creativo condiviso”. Il limite tra arte e spettacolo? È sottile, ma dipende da come lo vivi e da come lo proponi. Io, personalmente, non cerco lo show fine a se stesso, cerco l’esperienza, l’attenzione al dettaglio. Poi certo, l’aspetto scenico c’è, ma deve sempre essere al servizio del gusto.

La pizza scomposta de La Piedigrotta
Quindi anche una pizza come la Giardino Fiorito può diventare street food?
Sì, tutto può diventare street food, è solo una questione di impiattamento, di contesto. Anche la Giardino Fiorito può essere declinata in versione più semplice, più “da passeggio”. Ma quando la servi in quel modo, con le coppette, al tavolo, stai creando un momento. È come dire: “Prenditi il tempo per assaporare, per giocare, per comporre.”
Cosa si mangia nel Menu Experience de La Piedigrotta
Disponibile in versioni da 4, 6 o 10 portate per tutto il tavolo (rispettivamente a 55, 75 e 90 euro a persona, vini esclusi), l’esperienza accompagna l’ospite in un viaggio sensoriale dove la fame lascia presto spazio alla curiosità.

Il fungo apparente
Tra i piatti principali troviamo primi in cui l’impasto della pizza sostituisce la pasta fresca, come le tagliatelle di pizza, le lasagne di pizza e i pizzoccheri (ribattezzati “pizzaccheri”) al grano arso con cime di rapa, spuma di patate e acciuga. Seguono le versioni reinterpretate di finger e fast food: il sushi di pizza, composto da roll in crosta di semi di papavero da mangiare con le bacchette, l’hamburger e l’hot-dog in cui l’impasto replica il pane e il würstel viene sostituito da un pomodoro sorprendentemente simile nella forma e nel gusto.

Pizza Lasagna di La Piedigrotta
Tra le novità più recenti spiccano la Pizza al Vapore, in cui l’impasto è cotto a vapore e farcito con ragù napoletano, e la Pizza Ue Lington, libera ispirazione al Wellington: l’impasto della pizza prende il posto della sfoglia, il manzo lascia spazio al tonno, il tutto completato da cime di rapa e salsa umami.

Pizza al vapore con ragù di La Piedigrotta
Il percorso si chiude con una selezione di dolci che continuano a giocare con l’idea di pizza come ingrediente trasformabile: il cappuccino di pizza con cornetti fritti da inzuppare, l’uovo apparente in cui una mozzarella sferica con pomodorino giallo ricrea l’effetto visivo di un tuorlo, da gustare con acciughe del Cantabrico come un piccolo taco, il tiramisù di pizza, la cheesecake di pizza Margherita, le sfogliatelle e le caramelle di pizza. Infine, la Pizza Cuba, omaggio all’iconico cocktail, è composta da estratto di limone, uvetta marinata nel rum, menta, mozzarella e un ristretto di cola biologica
“Questa non è più pizza”: tra pregiudizi e stupore
Ti sarà capitato che qualcuno, vedendo le tue pizze - dalla Giardino Fiorito ai “piatti-pizza” come l’hot dog o la lasagna - ti abbia detto: “Sì, bello, ma questa non è più pizza”. Secondo te, è un fraintendimento o un complimento?
Mah, dipende da chi te lo dice e da quanto è aperta la mentalità. Lo diceva anche Marchesi: per un certo tipo di cucina serve una predisposizione ad accettare il cambiamento. Il Menu experience, ad esempio, piace a 99 persone su 100. Ma certo, ogni tanto capita anche chi rimane spiazzato. Mi ricordo un gruppo - credo fossero svizzeri tedeschi - a cui volevo fare bella figura proponendo proprio l’experience. E loro mi dicono: “Noi volevamo la fetta di pizza, quella classica.” Per alcuni, il cambiamento visivo destabilizza. Se non vedono la pizza “come se l’aspettano”, vanno in confusione.

Pizzacchero di La Piedigrotta
E in quel caso come reagisci?
Noi cerchiamo sempre di accontentare i clienti, senza snaturarci. Se uno preferisce una pizza più tradizionale, cerchiamo di soddisfarlo. Certo, può anche capitare che qualcuno si senta “disorientato” dalla Giardino, coi bicchierini, le pinzette... Ma poi quando la assaggia, nel 99,9% dei casi ne resta entusiasta. Alla fine però lo sappiamo: non si può piacere a tutti. Mio padre era chef, e mi raccontava sempre una frase di un suo collega: “Se riesci a soddisfare più della metà dei clienti, sei già molto bravo.” Ed è verissimo. Anche nel mondo della pizza: c’è chi la vuole sottile, chi alta, chi croccante, chi morbida, con cornicione, senza... È impossibile accontentare tutti, per questo bisogna avere una propria identità e restarci fedeli.

Il sushi
Tecnica o cuore? Il confine invisibile della cucina
In un'epoca in cui tutti parlano di lievitazioni e blend di farine, tu destrutturi la pizza e la serve in forma liquida, solida o aromatizzata. La tecnica oggi è diventata una trappola per chi non ha visione?
La tecnica è importante, certo. Ma da sola non basta. Anzi, può diventare una trappola, se manca una visione, un'intenzione, o peggio ancora se è solo ostentazione. Io credo che alla fine, la cosa che fa davvero la differenza è l’amore e la passione che ci metti. Mi viene in mente Léman, che diceva: “È più buono un piatto di pasta anche scotta che la mamma fa al figlio, piuttosto che un piatto perfetto fatto da uno chef stellato… ma senza cuore.” E io sono perfettamente d’accordo. La tecnica serve, ma il cuore è indispensabile.

Pizza alla Wellington di La Piedigrotta
Una pizza da stella Michelin?
Il menu experience è molto vicino a una cena vera e propria, una degustazione quasi da ristorante stellato. Possiamo dire che stai cercando di dimostrare che anche la pizza può ambire alla stella Michelin?
Guarda, secondo me in Italia è molto difficile che una pizzeria ottenga una stella Michelin. E ti dico la verità: noi siamo contrari alla Michelin, ci battiamo per la stella alle pizzerie, ma allo stesso tempo non è un obiettivo che rincorriamo. Ho sempre visto la Michelin come qualcosa di infallibile, soprattutto in passato. Poi però mi è capitato di andare in ristoranti stellati - anche a Parigi, o in Cile - dove si mangiava così così. In Italia, invece, hai posti dove mangi benissimo e non hanno alcuna stella. Ovviamente la guida è fatta da persone, e le persone giudicano: è tutto molto soggettivo. Anche valutare un locale è difficile, dipende da chi ti giudica, dal momento, da mille fattori.

Pizza Margherita di La Piedigrotta
Secondo me i francesi ci vedono come rivali. Da un lato ci rispettano, ma dall’altro forse ci temono un po’. È anche una questione di standard: quello che viene premiato all’estero, spesso in Italia non passerebbe. La cucina italiana - anche solo nella sua varietà regionale - secondo me è superiore, e forse unica al mondo. Il problema è che non la valorizziamo abbastanza. A volte pecchiamo nel servizio, nella comunicazione, nel trasmettere la passione. Ma di qualità ce n’è, di colleghi bravi ce ne sono tanti, solo che tutto questo va messo in risalto.
Una cantina da quasi 3.000 etichette e pairing democratici
Sei anche brand ambassador Krug, la tua è la prima pizzeria ad aver ottenuto questo riconoscimento. E hai una cantina incredibile: più di 2.000 etichette - anzi, quasi 3.000. Come nasce questo approccio e come gestisci il pairing?
Sì, ormai siamo quasi a 3.000 etichette. È un progetto nato nel tempo, con tanta passione e tanto lavoro. All’inizio, gli abbinamenti li facevo io, seguendo i gusti dei clienti e le tendenze del momento. A Varese, ad esempio, c’è un grande importatore di champagne, e qui si beve da sempre in modo importante. Proprio per accontentare una certa clientela, ho iniziato ad inserire grandi maison. E poi, quando cominci ad assaggiare prodotti top, diventa difficile tornare indietro.

A La Piedigrotta oltre 2mila etichette di vini
Però il pairing da te non è solo alto livello, è anche accessibile. Lavorate molto sul pairing oltre gli Champagne?
Cerchiamo di essere camaleontici: accontentiamo il ragazzino con la fidanzata così come l’imprenditore svizzero. Oggi più che mai, puntiamo molto sul rapporto qualità/prezzo. Fare pairing con bottiglie da 500 euro è facile, ma creare un’esperienza importante con etichette più accessibili è la vera sfida. E questo è un po’ il nostro obiettivo: offrire un’esperienza democratica, ma sempre di altissimo livello. Abbiamo sempre almeno 17-20 vini al calice, così da offrire abbinamenti flessibili, dinamici, adatti a ogni piatto. Non facciamo solo pairing “di lusso”, ma ci teniamo a farlo bene, con competenza, anche con etichette meno conosciute. Cerchiamo di far scoprire al cliente qualcosa di nuovo, senza per forza farlo spendere troppo.
La Piedigrotta oltre la pizza
Se domani dovessi togliere la parola “pizza” dall’insegna, cosa resterebbe de La Piedigrotta?
Rimangono i piedi ben piantati nella grotta, come si suol dire! Scherzi a parte, mio padre, anni fa, aveva puntato molto sulla cucina, e poco sulla pizza. Io invece ho fatto l’opposto: ho puntato tutto sulla pizza. Ma la cucina resta una parte importante del nostro lavoro. Facciamo piatti semplici, tradizionali, ma fatti bene: lo spaghetto alle vongole, la frittura di pesce… cose che piacciono a tutti.

Particolare della sala de La Piedigrotta
L’obiettivo è sempre usare materie prime ottime e mantenere un'identità chiara. La nostra cucina, anche proprio fisicamente, è piccola. Abbiamo due persone al massimo contemporaneamente, tre nei casi eccezionali, o quando organizziamo eventi. Quindi anche il menu è pensato su misura, in base alle risorse che abbiamo. Evitiamo piatti troppo elaborati, con troppi passaggi: deve essere tutto sostenibile per il nostro tipo di locale.
Chi è Antonello Cioffi?
Antonello Cioffi è l’anima contemporanea de La Piedigrotta di Varese, storica pizzeria nata nel 1974 per volontà del padre Gaetano, originario di Maiori, cuore della Costiera Amalfitana. Figlio d’arte, Antonello cresce tra farina, pomodori e profumi mediterranei, respirando ogni giorno lo spirito di un mestiere che è prima di tutto vocazione. Nel 2003 prende in mano l’attività insieme alla moglie Daniela, pugliese, e imprime una svolta profonda al locale, trasformandolo in un laboratorio di sperimentazione gastronomica.

Antonello Cioffi, patron della pizzeria La Piedigrotta
La pizza, pur rimanendo fedele alle sue origini, diventa il punto di partenza per un percorso creativo che attraversa la cucina, il design, l’estetica e l’esperienza sensoriale a 360 gradi. Con una formazione autodidatta e un istinto da vero artigiano, Antonello sviluppa un linguaggio unico: il “Menu Experience”. Innovatore instancabile, Antonello rifiuta le etichette: non si definisce pizzaiolo, né chef. Preferisce essere chiamato “cuoco della pizza”, perché nelle sue mani l’impasto diventa un mezzo per raccontare storie, emozioni e territori.
Via Gian Domenico Romagnosi, 9 21100 Varese (Varese )