Verona guarda il mare da lontano. Lo immagina, lo desidera e lo ritrova nei piatti di chi ha deciso di portarlo in città. Da vent’anni Andrea Manzoli ha costruito Al Capitan della Cittadella come un avamposto di pesce in terraferma, un luogo dove la costanza vale più delle mode e la qualità del lavoro pesa molto più della presenza social.

Il Mio Scoglio..e Spaghetti di chef Andrea Manzoli
Nel 2005, insieme a Giancarlo Perbellini, ha aperto il ristorante in Piazza Cittadella. Due cuochi con esperienze e temperamenti diversi ma la stessa idea di fondo: non arrendersi al primo assaggio, non accettare mai un risultato come definitivo. Quel principio divenne la regola fondante di una cucina che continua a evolversi senza deviazioni improvvise.
Andrea Manzoli: la formazione e gli anni con Giancarlo Perbellini
Manzoli, classe 1978, arriva alla cucina dopo una giovinezza trascorsa nella provincia mantovana. Frequenta la scuola alberghiera e impara presto che la professione richiede disciplina. Le stagioni in montagna e al lago gli insegnano la durezza e la precisione del lavoro quotidiano. Poi l’esperienza a Isola Rizza, nel ristorante di chef Perbellini, segna la svolta.

Chef Andrea Manzoli
Cinque anni di formazione intensa, vissuti in un ambiente dove la ricerca della perfezione non ammette scorciatoie. «Grazie a Giancarlo ho capito che un piatto, anche se sembra riuscito, va rifatto, rimesso in discussione, finché non raggiunge quello che cerchi davvero. È l’unico modo per crescere» afferma Manzoli. Da quella scuola ha tratto il metodo e il senso dell’esattezza, l’idea che ogni gesto in cucina abbia un valore tecnico e morale.

Chef Andrea Manzoli al lavoro
Da trattoria di pesce a istituzione veronese: la nascita di Al Capitan
Con Perbellini decise di aprire Al Capitan in un momento in cui Verona contava pochi ristoranti di pesce. L’offerta era limitata a qualche trattoria veneziana e a locali di passaggio. L’intuizione fu costruire un indirizzo stabile, capace di parlare a una clientela cittadina più che turistica. Il ristorante nacque come trattoria di pesce, poi crebbe lentamente, seguendo il passo naturale delle cose che funzionano.

Il pesce, elemento privilegiato da Al Capitan
Oggi mantiene quella stessa struttura familiare, con una sala curata, un’atmosfera accogliente e una carta che alterna piatti storici a proposte stagionali. Manzoli è presente in cucina e in sala, muovendosi tra tavoli e fornelli con la sicurezza di chi conosce ogni dettaglio del proprio spazio. «La dimensione del locale permette di restare vicino alle persone. Parlo con i clienti, consiglio i vini, servo i piatti. Fa parte del mio lavoro tanto quanto stare ai fornelli».

L'esterno del ristorante Al Capitan
Il pubblico del ristorante è composto per la maggior parte da veronesi. «L’estate è la stagione più difficile. Arrivano i turisti, ma noi lavoriamo soprattutto con clienti abituali. L’autunno e l’inverno sono i periodi più vivi: cene d’affari, pranzi di lavoro, tavoli pieni di gente del posto».

La sala de Al Capitan
Verona è cambiata e con essa la ristorazione. «La città è diventata una grande vetrina gastronomica. Molti locali si somigliano, tutti cercano visibilità sui social, ma la sostanza si è indebolita. Noi cerchiamo di restare coerenti con il nostro stile, puntando su qualità e servizio. Le mode passano, i clienti fedeli restano».
Vent’anni di piatti e memoria: il menu che racconta una storia di mare
Al Capitan ha costruito la propria reputazione con un lavoro costante. Le travi a vista, il legno, il velluto e il ferro creano un ambiente sobrio, moderno e familiare. La carta propone undici antipasti, sei primi e sei secondi, con piatti di stagione e una sezione dedicata al pesce intero.

Il crudino, con crudità di mare
Il menu degustazione “Vent’anni” segna la maturità del locale: sei portate che attraversano la storia del ristorante, dai piatti simbolo alle novità. «Abbiamo ripreso alcune creazioni di inizio carriera e le abbiamo reinterpretate. Volevo che quel menu raccontasse il cammino fatto insieme al mio staff e ai clienti. Ogni piatto rappresenta un frammento di questi vent’anni».
Tra le proposte più rappresentative c’è il Crudino, simbolo della filosofia del ristorante. «Il crudo è la misura della cucina di mare. Serve conoscenza della materia e sensibilità». Seguono la Granseola alla Veneziana, la Frittura del Mercato, piatti che restano fedeli al gusto mediterraneo. Poi “Il mio Scoglio e Spaghetti”, una variazione sul classico spaghetto allo scoglio.

L'interpretazione di Andrea Manzoli degli spaghetti allo scoglio
Giovani, scuole e mestiere: la crisi della formazione e il peso dell’esperienza
In vent’anni il ristorante ha attraversato trasformazioni sociali e generazionali. L’esperienza di Manzoli offre una prospettiva lucida su un settore che ha perso parte del suo equilibrio. «Il livello professionale si è abbassato. La formazione dei giovani è diventata superficiale. Gli istituti alberghieri fanno quello che possono ma hanno perso peso educativo, anche perché sono frequentati da ragazzi che spesso non faranno questo mestiere. Quando frequentavo la scuola, la vera preparazione arrivava con la gavetta. Si imparava lavorando, osservando, sbagliando. Oggi molti si aspettano risultati immediati, ma la cucina richiede tempo e dedizione».

Alici in Panzanella
Parla da imprenditore oltre che da cuoco. «Gestire un ristorante significa affrontare costi altissimi. Personale, fornitori, contributi, normative: tutto cresce, ma il potere d’acquisto dei clienti resta fermo. Molti locali aprono e chiudono dopo poco. L’unico modo per durare è mantenere un’identità solida e una gestione corretta».
Piccole imprese, grandi città: la ristorazione come struttura civile
Secondo Manzoli, la politica locale e nazionale potrebbe fare di più per sostenere il settore. «Servono agevolazioni reali, non slogan. I piccoli ristoranti tengono viva la città, creano lavoro, generano indotto. Le grandi catene hanno risorse diverse, ma impoveriscono il tessuto urbano. Bisognerebbe semplificare le procedure, alleggerire i costi fissi e incoraggiare chi fa impresa con serietà». Vede nella ristorazione un mestiere sociale prima ancora che economico, un lavoro che dà forma alla vita delle comunità.

Composizione Astice Blu e Tiepido di Pescatrice
Dalla pandemia alla rinascita: la costanza come forma di progresso
Il periodo più difficile resta quello della pandemia. «Il Covid ha messo in crisi tutto. Da un giorno all’altro ci siamo trovati fermi. È stato un colpo durissimo, ma anche un momento di riflessione. Da lì ho capito che bisogna continuare a investire su se stessi e sull’attività. La ristorazione è fatta di equilibrio tra resistenza e rinnovamento».

Il cappon magro di chef Andrea Manzoli
Da quella fase Al Capitan uscì con una struttura più snella e una consapevolezza nuova. «Abbiamo semplificato la carta, migliorato l’organizzazione, rafforzato il rapporto con i clienti. In un settore così instabile, la costanza è la forma più alta di innovazione».

Coppa Ricotta del ristorante Al Capitan
Alla domanda sui momenti di maggiore soddisfazione, Manzoli risponde senza esitazioni. «I clienti che tornano. Le persone che vengono da vent’anni e continuano a dire che qui si sta bene. Sono loro la misura del successo». Poi cita le visite di personaggi noti, i complimenti ricevuti in sala, ma sempre con la stessa sobrietà. «Le grandi soddisfazioni passano, la quotidianità resta. È lì che si costruisce la credibilità».

Per Andrea Manzoli la situazione ristorativa veronese sta cambiando
La cucina come disciplina: vent’anni di lavoro, un’identità che resiste
Manzoli appartiene a una generazione che ha conosciuto la cucina come disciplina, non come spettacolo. Per questo il suo ristorante resiste in una città dove molti locali aprono e chiudono al ritmo delle stagioni. «In vent’anni è cambiato tutto, ma il senso del nostro lavoro è rimasto lo stesso».

Per Andrea Manzoli contano le impronte che si lasciano tra errori, prove e intuizioni
“Nel cammino contano le impronte che lasciamo tra errori, prove e intuizioni”. È l’idea che guida da sempre la cucina di Andrea Manzoli, un lavoro di pazienza e di verità. Al Capitan continua a crescere come cresce una casa vissuta. Con il tempo e con le persone. Il mare, in fondo, ha trovato la sua stanza anche a Verona.
Piazza Cittadella, 7/a 37122 Verona (Vr)