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lunedì 22 dicembre 2025  | aggiornato alle 10:51 | 116475 articoli pubblicati

Il ristorante di Pesaro dove l’alta cucina parla la lingua del luogo

Siamo da Nostrano, il ristorante dello chef Stefano Ciotti che qui ha scelto di mettere ordine nella propria storia, trasformando anni di cucina d’autore, lavoro e luoghi attraversati in un progetto personale e coerente. Non è un racconto identitario costruito a tavolino, ma una cucina che nasce da ciò che lo chef conosce e pratica ogni giorno, dove tecnica ed eleganza restano strumenti funzionali

di Marco Colognese
Critico enogastronomico
22 dicembre 2025 | 08:30
Il ristorante di Pesaro dove l’alta cucina parla la lingua del luogo
Il ristorante di Pesaro dove l’alta cucina parla la lingua del luogo

Il ristorante di Pesaro dove l’alta cucina parla la lingua del luogo

Siamo da Nostrano, il ristorante dello chef Stefano Ciotti che qui ha scelto di mettere ordine nella propria storia, trasformando anni di cucina d’autore, lavoro e luoghi attraversati in un progetto personale e coerente. Non è un racconto identitario costruito a tavolino, ma una cucina che nasce da ciò che lo chef conosce e pratica ogni giorno, dove tecnica ed eleganza restano strumenti funzionali

di Marco Colognese
Critico enogastronomico
22 dicembre 2025 | 08:30
 

Pesaro è la prima città marchigiana che si incontra scendendo da nord a sud: la Romagna è dietro l’angolo, il mare è lo stesso. Se vale la pena percorrere l’itinerario che racconta del grande compositore Gioachino Rossini in centro storico, a partire dalla sua casa natale - museo e monumento nazionale -, è altrettanto consigliato fermarsi, a pranzo o a cena, da Nostrano.

Il ristorante di Pesaro dove l’alta cucina parla la lingua del luogo

Vista dall'alto su Pesaro, nelle Marche

La storia di Stefano Ciotti

Affacciato sulla spiaggia, a due passi dalla Sfera Grande di Arnaldo Pomodoro, il ristorante di Stefano Ciotti e Giorgia Stocchi è uno di quei luoghi del gusto che regalano bontà e sorrisi. Quello dello chef, nato a Rimini e cresciuto a Montefiore Conca, è contagioso: «Ho iniziato a fare il cuoco a 14 anni, nel 1988. Montefiore Conca è un paese di 1400 anime, ma in realtà ha sfornato un bel po’ di professionisti, tra i quali Tiziano Rossetti. Quando andavo al bar vedevo questo ragazzo di tre anni più grande di me: era già inserito, faceva il terzo anno dell’alberghiero, io dovevo iniziare la prima. Ascoltavo i suoi racconti e così ho cominciato a interessarmi; sono finito sotto la sua ala e lui ha visto in me la passione, trovandomi il lavoro per l’estate, a Il Casale con Mariella Gambuti: è stata la mia grande maestra e mi ha forgiato. Era molto dura, come donna e come cuoca: una di quelle che al terzo “non ho capito” andava in escandescenze, però mi ha tenuto sul pezzo».

Lì Stefano incontra Roberto Cristofori, chef tra i primi - insieme a Carlo Cracco - a essere mandato in Francia da Gualtiero Marchesi per apprendere: per una serie di coincidenze era tornato in Italia, proprio a Il Casale: «Avrà avuto 27-28 anni. Io mi sono affiancato a lui e mi ha attaccato una passione mostruosa: non mollavo mai, volevo sempre stare con lui, facevo 16-18 ore al giorno. Questa cosa mi ha dato l’amore per questo mestiere che non ho mai smesso di amare. Grazie a lui, sono entrato nell’orbita del maestro Gino Angelini, l’executive chef dell’Hotel des Bains di Riccione, il babbo di tutti i cuochi della cricca romagnola, che ci spediva in giro a imparare». Così Ciotti lavorerà con Vincenzo Cammerucci, poi a San Marino da Luigi Sartini, quindi, per quasi due anni, da Don Alfonso a Sant’Agata sui due Golfi, accanto a Alois Vanlangenaeker, chef belga oggi al San Pietro di Positano e allora responsabile di cucina ai tempi della terza stella al ristorante della famiglia Iaccarino: «Sono stato parecchio tempo anche con lui: esigente, molto millimetrico. Vivere in Costiera mi ha arricchito tantissimo».

Il ristorante di Pesaro dove l’alta cucina parla la lingua del luogo

Lo chef Stefano Ciotti al lavoro

La sua prima esperienza da chef è stata al Carducci 76 di Cattolica nel 2004. Cinque anni dopo arriva la sua prima stella Michelin: «Mi ha dato una carica incredibile. Sono entrato come executive chef: la mia grande vittoria è stata poter dettare le regole e trasformare quella che era una cucina giapponese nella mia cucina mediterranea, del territorio. Alberta Ferretti, la proprietaria, mi ha ascoltato, dandomi la possibilità di rivoluzionare tutto. In quegli anni tra 2009 e 2010 sono diventato anche il miglior chef emergente del Nord Italia: due anni bellissimi». A Cattolica rimane una decina d’anni, seguendo la stilista in tantissime occasioni e nelle aperture in giro per il mondo: «Mi ha dato la possibilità di fare un sacco di esperienze, finché ho deciso che era arrivato il momento di lasciare. A quel punto ho tolto la giacca stellata e ho preso la responsabilità di un albergo diffuso in mezzo alle campagne urbinati, Urbino Resort».

Questo accade anche perché lì lavorava Giorgia. Così Ciotti raccoglie la sfida di una cucina più popolare. Non solo: in quello che sarebbe diventato Urbino dei Laghi si inventa anche una pizza che arriverà a conquistare i tre spicchi del Gambero Rosso in breve tempo. «C’era una tenuta di 360 ettari: da lì attingevamo tutto, dalle farine alla frutta e alla verdura. Giorgia era direttore commerciale: insieme l’abbiamo portato in auge». Passano tre anni e a Ciotti ricomincia a mancare il brivido del fine dining: «Così mi sono detto: è ora di ricominciare. Ho 40 anni, è il momento di aprire qualcosa di mio. E quindi, insieme a Giorgia, ci siamo guardati e abbiamo detto: , facciamolo. Abbiamo trovato questo posto sul mare e ci è piaciuto subito».

Il ristorante Nostrano di Pesaro

Il nome Nostrano arriva da un momento di riflessione filosofica di qualche anno prima: «Nel voler ostinarmi a emergere e far vedere chi fossi, stavo perdendo il focus su quello che ero davvero e cosa volessi fare. Un giorno cucinavo a casa per Giorgia e i suoi genitori, era un piatto con funghi e vongole, crostini di pane dorati e acciughe sciolte. Mentre sentivo questi profumi tutti insieme mi sono detto: io devo fare questa roba qui. Devo usare i miei prodotti, quelli nostrani, che mi appartengono. È stata come una presa di coscienza: io so fare questo e devo esserne felice. E mi sono detto: se un giorno aprirò un ristorante lo chiamerò Nostrano, come i prodotti che mi piace utilizzare». Arriva il momento di aprire a Pesaro e il mondo intero gli dà contro, perché il nome non piaceva a nessuno, «compresa mia moglie: dicevano che sembrava il nome di un agriturismo, ma per me doveva rappresentare un ristorante elegante».

Il ristorante di Pesaro dove l’alta cucina parla la lingua del luogo

La sala del ristorante Nostrano di Pesaro

E così è stato: aperto il 2 luglio 2015, nel novembre 2016 arriva la telefonata della Michelin. «Nostrano è diventato elegante, bello, confortevole, però ha un nome che parla di questo territorio. Il significato letterale del termine èdi questa terra, di questa cultura”. Io appartengo a queste zone e voglio raccontarlo ai miei clienti, quello che sono e quello che ho vissuto da quando ero piccolo. Quando nasci e cresci in un posto, respiri quelle cose, senti i profumi di quella piada, passi davanti a quella casa, avverti l’odore del coniglio appena tirato fuori». Un supporto fondamentale arriva da sempre da Giorgia: «Non potrei aver aperto il ristorante con persona migliore: ci compensiamo a vicenda. Lei è molto forte nell’amministrazione, è sempre lì a dirmi “stai tranquillo”, per non farmi perdere il focus».

La squadra e la cucina

C’è sempre entusiasmo nelle parole di Stefano Ciotti quando parla del Nostrano, un luogo pieno di vita, luce e sorriso, in cui si percepiscono nette la voglia e la passione di accogliere. Un fine dining sì, ma con quell’anima scanzonata, lontana anni luce da un mondo spesso ingessato e formale. Il tutto con una cucina che lascia il segno, per tecnica e immediatezza perfettamente armonizzate nei piatti. Merito anche di una squadra coesa, che con Stefano e Giorgia vede altri due elementi cardine.

«Sicuramente il ragazzo che negli ultimi tre anni ha portato freschezza, equilibrio e novità: il mio sous-chef Fabio Pellizzaro. Quest’anno faccio 52 anni: so perfettamente come fare un fondo, smontare un prosciutto, un carré di vitello; la cucina tradizionale la conosco come le mie tasche, però appartengo a un’altra generazione. Lui ha 30 anni, è stato a La Peca per tanti anni, da Enrico Crippa: mi ha portato davvero una ventata di novità. L’unione della sua testa e delle sue proposte con la mia esperienza crea un equilibrio tra sostanza e freschezza tecnica. È molto bello, perché c’è grande affinità». In sala il caposaldo è Ion Chelici, trentenne di origine moldava: «Lavora con me da quando ne aveva 15. Anche lui è stato fuori qualche anno, a Piazza Duomo ad esempio, però è sempre tornato qui. È un ragazzo d’oro».

La cantina e i piatti del Nostrano

Ancora più bello dopo una significativa ristrutturazione nel 2022, Nostrano è rimasto comunque quel luogo luminoso e accogliente che era dieci anni fa alla nascita. La cantina, forte di circa 700 etichette, molto personale e ricca di bottiglie non scontate, accompagna una cucina tra le più brillanti, articolata su una carta e tre menu degustazione ("Una giornata al mare", dieci portate inclusi i benvenuti a 120 euro; "I classici sei" a 100; "I classici quattro" a 80 euro). Ci si diverte con il goloso pomodoro al gratin “nel XXI secolo” e il Cucciolone, ispirato al biscotto gelato con “DiMare Spritz”. Buonissima l’ostrica Gillardeau con pompelmo rosa e ginepro; di grande finezza la verza con patate, olive e rafano.

Gustosa e appagante la mora romagnola con salsa chimichurri al gusto di porchetta, crema di prugne e birra. I bottoni di triglie con foie gras e pepe verde rappresentano un capolavoro assoluto di eleganza e armonia. Squisita la seppiolina fritta servita con la maionese dei suoi fegati, zenzero e carpione. Di estrema succulenza e dalla cottura perfetta il colombaccio con bernese al whisky e cicoriette. Un intermezzo con il vino di pesche e si passa alla parte dolce con la meravigliosa mousse all’olio extravergine di oliva con nocciola, caramello al miso, noci pecan e cedro. Prima del delizioso teatrino della piccola pasticceria, ci si gode il Rocher alla robiola di pecora, con cioccolato bianco, alloro e amarene di Cantiano. Una passeggiata sulla spiaggia, proprio di fronte, suggellerà un’esperienza gastronomica difficile da dimenticare.

Piazzale della Libertà 7 61100 Pesaro
Tel +39 0721 639813

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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