Catania vive da secoli dentro un equilibrio che non concede tregua. Le case sono cresciute sulle ferite della lava, le strade hanno preso forma tra le colate, i palazzi barocchi si sono sollevati dalle ceneri di terremoti devastanti. L’Etna incombe e brontola, padre severo che distrugge e al tempo stesso dona fertilità a una terra che continua a produrre frutti straordinari. Chi nasce in questa città assorbe una tempra che mescola paura e orgoglio. Si cresce con la consapevolezza di abitare un suolo che può cedere, ma che restituisce vigne vigorose, ulivi nodosi, agrumi succosi come pochi altri al mondo.

Sapio: la cucina
Catania, la città che cucina con cenere e sale
La vita urbana ha sempre dovuto convivere con questa forza elementare. La cenere che si posa sui balconi, il mare che porta il sale nei vicoli, le zolle scure che sostengono fichi d’India e pistacchi. La cucina che nasce da qui si porta dietro questa rudezza, questa schiettezza di terra che chiede rispetto. Quando si entra a Catania, il cibo appare come un’estensione naturale della città, della sua storia e della sua geografia. Sapio mette radici esattamente su questa linea di tensione, laddove un rudere artigiano si trasforma in un luogo che accoglie viaggiatori e cittadini, con una sala che respira come parte viva del tessuto urbano.
Dalla campagna al ritorno in città: l’ascesa di Ingiulla
Alessandro Ingiulla porta nelle mani questa eredità. Classe 1992, è cresciuto a Santa Maria di Licodia, paese che guarda il vulcano con rispetto e diffidenza insieme. Qui i campi salmodiano un ritmo fatto di raccolte, di feste contadine e di olio spremuto nei frantoi familiari. La nonna Alfina gli ha insegnato il valore della cucina di campagna, il padre Alfio lo ha introdotto alla fatica dei campi. Le mele Cola, le pere Ucciardone, le ciliegie Mastrantonio sono rimaste nella sua memoria come profumi di infanzia che non si cancellano. La campagna lo ha segnato con una durezza che nessuna scuola poteva trasmettere.

Sapio: lo chef Alessandro Ingiulla
Da ragazzo ha lasciato la Sicilia per l’Austria e la Francia. Poi ha deciso di tornare. Nel 2016, insieme a Roberta Cozzetto, ha aperto Sapio in città. Due anni dopo è arrivata la stella Michelin, e con essa un primato che ha dato a Catania il suo primo riconoscimento nella guida rossa. A venticinque anni Ingiulla era già il più giovane chef stellato d’Italia.
La nuova casa di Sapio tra pietra lavica e memoria artigiana
Il passaggio più significativo avviene nel 2023. Sapio si sposta in un edificio che un tempo ospitava una fabbrica di sedie, abbandonato da anni e riportato a vita grazie al lavoro dell’architetto Daniele Ingiulla, fratello dello chef. La pietra lavica diventa elemento dominante, le prospettive interne giocano con incisioni e materiali che richiamano le colate antiche. La sala si presenta modulabile, capace di accogliere diversi momenti con intimità distinta. La cucina ospita anche uno chef’s table, inteso come laboratorio ravvicinato.

Sapio: la sala
Non si parla soltanto di accoglienza gastronomica. È la costruzione di un sistema che mette a sistema ristorazione, agricoltura, ospitalità e arte. L’idea alla base di Sapio è sempre stata quella di unire sapere e sapore, e oggi la struttura fisica diventa testimonianza di questa filosofia.
L’azienda agricola è la vera radice della cucina
La vera linfa del ristorante continua a scorrere dalla campagna di Santa Maria di Licodia. Qui Ingiulla porta avanti con la famiglia un’azienda agricola che fornisce frutta, olio, pistacchi e agrumi. L’extravergine Ealia nasce dall’oliveto coltivato in biologico, mentre nei frutteti crescono varietà etnee antiche che altrove sarebbero scomparse. Un lavoro agricolo che è il fondamento concreto di una cucina che vuole radicarsi nei cicli naturali.
Il rispetto dei tempi della natura si traduce in menu che seguono stagioni e raccolti. Il ristorante diventa in questo modo baricentro di una rete di piccoli produttori locali, con cui si consolidano rapporti di fiducia. E, in questa rete, i piatti nascono da una materia che arriva fresca, pulita e rispettata. La sostenibilità è vissuta nella riduzione degli sprechi, nell’eliminazione della plastica, nell’acqua filtrata per sala e cucina, nei macchinari a basso consumo e nei materiali naturali per gli arredi.
Il menu degustazione: dal mare alla campagna etnea
Il menu si apre con lo scorfano tagliato sottile, immerso nel suo brodo tirato al Carricante. Vino dell’Etna che sa di pietra e di cenere, stretto fino a diventare ossatura del piatto. Accanto il fagiolino marinato porta freschezza da orto, il miele smussa l’aspro, il finocchietto selvatico fissa il respiro della campagna. È antipasto che mette subito in campo mare e terra, come un derby giocato a colpi di muscoli.

Sapio: Scorfano tagliato sottile
Poi l’ostrica. Passata alla brace, prende sapore di fumo e di ferro. Sta sopra la lenticchia nera di Leonforte, granello ruvido che ricorda piatti contadini, e riceve in testa una zuppetta di mandorle fresche che lega grasso e minerale. Boccone che non concede tregua, mare e terra che si scontrano senza mediazioni.

Sapio Ostrica
La triglia allo scoglio corre più veloce. Viene cotta sui cutulisci, le pietre laviche bagnate dalle onde, prende aria di conchiglie acidula, un sugo ristretto che concentra sale e pomodoro e pane che affonda come spugna. È piatto che sa di porto, di reti strizzate, di mani sporche di sabbia.

Sapio: Triglia allo scoglio
Lo spaghetto freddo rimette ordine. Acqua di pomodoro, gambero bianco, pasta che regge la freschezza come una squadra che rifiata dopo la prima corsa. Poi il tonno con la cipolla, ventresca sottile che si appoggia su estratto di cipolla e foglie di cappero. È gol di piazza, ricordo di mercati, sapore che si pianta nella memoria.

Sapio: Spaghetto freddo
La coppa di maialino porta la campagna. Carne tenera e grassa, con il ricordo di sciroppo ghiacciato di amarene in acqua frizzante che taglia e sgrassa. Piatto che sa di sagre e di cortili polverosi.

Sapio: Coppa di mailino
Il finale corre su pesca caramellata al Marsala, miele, zafferano e mandorle. Fiori di pesco che profumano la primavera sotto la cenere.

Sapio: Pesca caramellata al Marsala
Tutti piatti che esprimono la filosofia di Ingiulla, quella cioè di unire tecnica internazionale e radici contadine, disciplina appresa in anni di lavoro all’estero e passione agricola ereditata in famiglia.

Sapio: Piccola pasticceria
La cantina di Sapio: un archivio vivente dell’Etna
Accanto alla sala, la cantina è un vero archivio dell’Etna all’interno della quale si raccolgono annate storiche e produzioni di piccoli artigiani, con un’attenzione che privilegia la Sicilia ma si allarga a referenze internazionali. Il focus resta però il vulcano, raccontato in tutte le sue sfaccettature. Le bottiglie portano l’attenzione sulle storie di viticoltori che hanno sfidato suoli difficili e pendenze ripide, e che sono riusciti a mettere in bottiglia la forza minerale di quelle terre.

Sapio: la cantina
Anche la cantina è uno spazio da vivere. Gli ospiti possono intraprendere percorsi di degustazione dedicati al vino etneo, personalizzati in base alla curiosità e alla conoscenza di ciascuno. Si offre così una porta d’ingresso all’Etna per chi arriva in città e vuole comprenderne la complessità.
La foresteria: tre stanze per completare il viaggio
Nella nuova casa di Sapio c’è anche una foresteria. Tre camere soltanto, pensate per chi arriva da lontano e vuole restare dentro al racconto fino al mattino. Hanno i nomi dei tre valli siciliani: Noto, Mazara e Demone. Dentro si legge la Sicilia nei materiali, nelle pietre chiare e scure e nei legni essenziali.

Sapio: il giardino interno
L’idea è quella di dare ospitalità a chi viene a Catania per il ristorante e non vuole uscire subito dopo il pasto. Qui si dorme con la stessa atmosfera che regge la cucina. Si va a letto con il gusto del vino ancora in bocca e ci si sveglia con la sensazione di essere rimasti in una casa etnea più che in un albergo. È un prolungamento naturale della tavola, un modo per completare un viaggio che passa da piatti, cantina e infine riposo.
Una squadra giovane che cresce insieme allo chef
Attorno ad Alessandro Ingiulla si muove una squadra giovane, formata da professionisti che condividono lo stesso impegno. In cucina lavora il sous chef Antonio Colonna, classe 1998, formatosi all’ALMA e passato per il Gran Caffè Quadri e Locanda Don Serafino. Alla pasticceria c’è Angela Messina. In sala dirige Andrea Massimino, nato nel 1991, con trascorsi in strutture di lusso a Londra e in Sicilia, oggi maestro di accoglienza che guida il servizio con estrema precisione.
Sapio è lo specchio della città e del suo futuro
L’immagine di Catania passa oggi anche attraverso Sapio perché incarna un’idea di cucina come atto culturale e sociale, soprattutto in questa nuova sede che diventa simbolo di una città che investe su forme contemporanee di bellezza. L’Etna continua a fumare, il mare continua a ribollire, e nel mezzo Catania si specchia in un ristorante che restituisce dignità a quartieri dimenticati, che valorizza prodotti agricoli antichi e che accoglie i viaggiatori con una visione totale di ospitalità.
Piazza Gandolfo Antonino, 11 95131 Catania
Martedì-domenica: 12:30-14:00, 19:30-23:30. Martedì: 19:30-23:30. Chiuso lunedì