Il Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone si riassume tutto in due attributi: bello e vicino. A circa 40 km da Milano, rappresenta un’area diversificata costituita da zone d’interesse naturalistico, ovvero destinate all'agricoltura e all'allevamento, accanto a monumenti architettonici di grande valore artistico. Il cuore collinare della Brianza verde, insomma, al confine tra le province di Lecco e Monza; e per noi il cuore di questo cuore è l’Oasi Galbusera Bianca - Relais bio di charme, con alture e terrazzamenti vitati tutt’intorno. Siamo in Lombardia, certo, ma c’è qualcosa che ricorda il Chianti e la Toscana, ovvero l’agricoltura in salita della Liguria, con tutti quei filari ben ordinati l’uno sotto l’altro.

L'Oasi Galbusera Bianca
Il valore del Parco Regionale
«Le viti che vede qui attorno sono state ripiantate - comincia col dire il titolare di Galbusera Bianca, Gaetano Besana - Secoli fa si produceva il vino, da queste parti, poi è stato spiantato tutto, anche a causa della fillòssera della vite, e gli impianti sono ripartiti circa quarant’anni fa. Per questo territorio, un altro momento fondamentale è stato l’istituzione del Parco Regionale, nel 1983, che ha bloccato l’avanzata selvaggia del cemento in Brianza e ha salvaguardato un magnifico ambiente naturale, fortemente a rischio, a ridosso di aree a forte impatto ambientale come Monza, Bergamo, Milano. La mia Oasi non è altro che un antico microborgo circondato dal Parco, totalmente ricostruito in bioarchitettura, nel pieno rispetto della natura, dai materiali da costruzione agli arredamenti ai sistemi di riscaldamento / raffrescamento. Per l’ospitalità abbiamo 5 camere doppie (una più onirica dell’altra: visitare per credere, ndr), 7 suite, 1 appartamento, un Ristorante Bio da 120 posti, più 40 all’aperto, spazi per matrimoni, banchetti e meeting di lavoro, un’azienda agricola biologica e biodinamica, un’Oasi affiliata al Wwf Italia».

La suite del fieno
Immersi in un altrove
Tutto questo in un solo posto, anzi in “un’Oasi”, denominazione esotica non casuale e strameritata: quando arrivi alla Galbusera Bianca ti senti immerso in un altrove, qualcosa che non è né Valtellina né Pianura Padana, meno che mai tessuto urbano-industriale, ma possiede un’identità tutta sua. Poniamo però che uno si rifugi da queste parti non solo per girare in bici o passeggiare sui sentieri del parco o godersi il panorama verde a polmoni spalancati, ma per mangiare, diciamo… Anche in questo caso l’esperienza sarà un po’ fuori dagli schemi, visto che il cibo “fatto in casa” non è poi così comune: chi voglia accomodarsi al Ristorante Bio avrà la certezza che frutta e verdura serviti a tavola provengono, per la maggior parte, dall’azienda agricola biologica adiacente, sempre di proprietà Besana.

Cristina Redaelli, al centro, con i suoi collaboratori
La cucina di Cristina Redaelli
Ne chiediamo conferma a Cristina Redaelli, la capo ventottenne della cucina della Galbusera Bianca, con cui iniziamo a parlare di vocazione e formazione.
«Ero una ragazzina - racconta la chef - quando ho capito che la mia esistenza sarebbe passata per le cucine, seguendo l’esempio della nonna, che cucinava sempre. Le scuole professionali le ho fatte al ‘Luigi Clerici’ di Merate, ove il bello era che s’iniziava a smanettare in cucina già dal secondo anno. Finita la scuola ho iniziato in brigata al Café Mania di Missaglia, poi ho passato tre anni qui in Galbusera Bianca, dopodiché al Melià Milano, hotel 5 stelle, dove sono diventata chef de partie. Dopo altri 5 anni di esperienza sono stata richiamata in Oasi agli inizi di febbraio, direttamente dal gran capo Gaetano Besana, ed è il mio primo incarico come chef responsabile. Ho accettato la sfida, me la sentivo. Il lavoro è davvero complesso, perché da noi si fanno battesimi, cresime, compleanni, matrimoni, meeting aziendali, team building; e inoltre devo seguire la ristorazione giornaliera per gli ospiti della struttura alberghiera e per gli esterni, che vengono solo a farsi una passeggiata o a mangiare al Ristorante Bio. Insomma tante esigenze di ristorazione, diverse tra loro, da soddisfare».
C’è un’impronta che vorrebbe dare qui in Galbusera?
La mia idea di cucina è piuttosto tradizionale: le pietanze sono quelle locali, brianzole, e il fatto che io sia nativa di Montevecchia aiuta, ovviamente. Abbiamo in carta i piatti di una volta, ma interpretati da me. Il classico brasato, il risottino con il rosmarino proveniente dal nostro orto, il cotechino (che in Brianza chiamano “vaniglia”): preparazioni che sembrano molto semplici, ma sono comunque in grado di donare emozioni particolari, se eseguite con cura.
Come si rivisitano i piatti-simbolo tradizionali come quelli da lei citati?
Parlerei d’interpretare più che di rivisitare, un verbo che potrebbe fuorviare. Il brasato, ad esempio, viene preparato con alcuni accorgimenti: effettuo una marinatura con bicarbonato, per distendere meglio le fibre della carne, così da incidere sulla consistenza. E poi per la cottura uso un vino un po’ più acido di quel che la ricetta suggerirebbe, ricco di toni floreali e fruttati, come il Terre Lariane Pinot Nero Igt San Giobbe, prodotto dalla cantina La Costa: è una giovane azienda vitivinicola di Perego, a pochi chilometri da qui. Il tocco finale, per bilanciare l’acidità, è un goccio di miele, ed ecco pronta la mia interpretazione. Il tutto nella massima semplicità, senza stravolgere la ricetta.
Il viaggio gastronomico
Abbiamo verificato sul campo le capacità interpretative di Cristina Redaelli e del suo team di cucina (Denis Cattapan, Danila Fumagalli, Giuseppe Gamba, Michele Rotella, Dina Vincenti). Una carta che ha visto protagonisti Sfoglia di ceci con crauto saltato all’agro, crema di carote e zenzero, Spaghetti alla barbabietola saltati al burro, crema all’aglio e latte, guanciale croccante, Filetto di maiale a bassa temperatura, rosolato in padella con salsa ai fichi, Brasato di manzo al San Giobbe e miele. Per finire, prima torta Sacher e poi panna cotta con infuso di ametista e polvere di fragole. Ne vien fuori una cucina meno tradizionale di quanto Cristina Redaelli voglia far apparire, ma fondata comunque su solidissime basi: e se è vero che le premesse sono buone, ci sembra che le prospettive siano pure migliori.
Mille opportunità
Quando abbiamo visitato per la prima volta l’Oasi Galbusera Bianca l’impressione è stata quella di un sogno ad occhi aperti. Da sogno gli interni, grazie al tocco policromo e festoso, degno di un film di Federico Fellini, che caratterizza arredi, complementi, camere, suite e spazi comuni; un po’ onirica anche la natura circostante, da gustarsi attraversando colline e boschi lungo i sentieri del Parco di Montevecchia o magari al tramonto, uscendo dalla experience suite detta “del fieno” (indovinate perché) per intravedere su su in alto le stelle che luccicano. Si capisce allora che la tappa gastronomica firmata da questa cuoca ventottenne è solo uno dei piaceri di una sosta o magari di una vera e propria vacanza presso l’Oasi, che a pochi chilometri da Milano e Monza dispiega un campionario ricchissimo di possibilità. Oltre a mangiare si può degustare, fare merenda, sorseggiare, passeggiare, correre in bici, rilassarsi, ascoltare il canto degli uccelli, prenotare un massaggio, organizzare una festa, cenare nel frutteto sotto un tetto di stelle. E ancora non basta, perché chissà cos’altro sta architettando il patron Gaetano Besana, altrimenti detto “il vulcano di colori”, proprio mentre stiamo scrivendo.
Oasi Galbusera Bianca
via Galbusera Bianca 2 - 23888 La Valletta Brianza (Lc)
Tel 039 570352