Sine, il ristorante “gastrocratico” di Roberto Di Pinto a Milano

Un ristorante d’atmosfera senza tovaglie; un appuntamento da gourmet senza arredo firmato; quasi un bistrot dove si serve alta cucina, un po’ “napoletanizzata”

02 luglio 2019 | 17:49
di Guido Gabaldi
Come stanno insieme tutti questi ossimori? Bisognerebbe chiederlo a Roberto Di Pinto, patron e chef del primo ristorante milanese e gastrocratico sito in viale Umbria, il “Sine”, che in latino sta per “senza”.

La sala del ristorante Sine di Milano

Di Pinto entra prestissimo in cucina, a partire dai suoi 16 anni, da garzone nella pasticceria Scaturchio di Napoli per poi continuare con la preparazione dei classici dolci partenopei. Subito dopo entra nel mondo Starwood, rinomata catena alberghiera con la quale gira mezzo mondo, muovendosi dai ristoranti stellati “Fiore” e “Conservatory” di Londra per poi tornare in Italia a Firenze al Grand Hotel.

Poi ancora verso nord, a Milano, con il Diana Majestic ma soprattutto con Nobu, prima di approdare a Parigi nel 2000 con Beltramelli, allievo di Marchesi e di Ferran Adrià: è l’occasione per approfondire le tecniche legate alla cucina molecolare. Prima sous-chef e poi chef executive al Bulgari, a cavallo tra i due ruoli ha l’incontro della svolta, quello con Gennaro Esposito alla “Torre del Saracino”, dove riscopre il valore e la meraviglia della cucina di casa. Dopo altre esperienze in Africa ed Estremo Oriente lo ritroviamo qui a Milano, con un locale tutto suo, che si caratterizza per una mancanza: “Sine”, appunto.

Roberto Di Pinto

Lo chiediamo proprio a lui, per non azzardare interpretazioni: a cosa si rinuncia, da Roberto Di Pinto?
«Al lusso, a un certo tipo di esteriorità di cui si può fare a meno - risponde Roberto con un accento napoletano ingentilito dal viaggiare - Ho lavorato per tanti anni in un mondo un po’ altolocato, diciamo così, fra hotel e ristoranti di notevole livello, e mi son convinto che per fare al meglio il mestiere di chef e divulgatore bisogna allargare i confini. Niente tovaglie costose da mandare in lavanderia, dunque; niente fiori sulle tavole; arredi, posate e bicchieri eleganti ma sobri; e pure la collocazione, viale Umbria, non costa come il quadrilatero della moda. I miei spazi ospitano 35 coperti, dato che le piccole dimensioni aiutano. Queste accortezze mi permettono di offrire tutti i giorni un vero menu “gastrocratico” di 5 portate, per gourmet esigenti, a 45 euro, più un calice di vino a 5 euro. E poi tutti i martedì c’è un tavolo riservato agli under 25, con un menu degustazione a 35 euro, perché bisogna dare la possibilità ai giovani di acculturarsi con la gastronomia d’autore. Ero curioso e affascinato da questo mondo, ai miei tempi: perché non dare alle nuove generazioni la possibilità di crescere?».

Ogni martedì da Sine gli under 25 possono provare un menu a 35 euro

Questo il mancante, Roberto: veniamo alle presenze.
«Gli ingredienti al top della gamma, anzitutto, e poi la continua ricerca, la fantasia in cucina che sintetizza l’esperienza fatta in giro per il mondo, la rigorosa preparazione del personale di sala, ecco quello che non deve mancare. C’è molta ricerca dietro ogni piatto riportato in menù.  E ancora qualcos’altro che potrebbe perdersi, una specialità tutta italiana di cui dovremmo andare più orgogliosi: l’ospitalità noi ce l’abbiamo nel sangue, e guai a nascondere questi tratti preziosi, che ci distinguono. Dico sempre ai miei collaboratori che bisogna far sentire le persone a proprio agio, quasi fossero a casa loro, ed anche i piatti vanno pensati in modo da avere sapori riconoscibili. Cucinare come lo si farebbe per la propria mamma».
    
Abbiamo ordinato le capesante con peperone arrostito, salame napoletano e limone candito, un po’ semicrude e un po’ flambée: poco riconoscibili, per la verità, ma erano così sfiziose da essere meritevoli di perdono, per questa digressione nel francese con ascendenze napoletane. Una raffinatezza che sfida il sushi e, forse, lo supera. I mezzi paccheri con rana pescatrice, limone candito e datterini erano qualcosa di più democratico, non certo popolare perché sarebbe un’esagerazione: ottimo tentativo di rivisitare la pasta col pesce, lasciando profumi e sapori in primo piano. Quanto al diaframma al barbecue con cipolla caramellata, ravioli di guanciale e wasabi napoletano, qui siamo di nuovo nell’insolito, a cominciare dal diaframma di manzo, introvabile in un qualsiasi ristorante, popolare o stellato, etnico o barbecue-fiendly: davvero una rarità, con un leggero sapore di affumicato, ad evocare le feste in famiglia.

Piatti creativi al Sine di Milano

Roberto, cosa è rimasto dell’origine napoletana nella sua cucina?
«Bella domanda, che mi riporta all’età in cui delle mie radici gastronomiche non ne volevo sentire parlare: sono arrivato ad odiarle. Ma poi si matura e si capisce quali sono le ricchezze che ti porti dentro e hai il dovere di condividere, anche grazie agli insegnamenti dell’amico Gennaro Esposito, due stelle Michelin con la sua ‘Torre del Saracino’.  Quando si assaggia la sua minestra di pasta col pesce si intuisce che ci sono tradizioni che non devono cambiare, vanno tramandate semplicemente così come sono per i secoli a venire».

E noi cosa lasciamo in eredità ai gastronauti curiosi che vorranno visitare il “Sine”? La certezza che “gastrocratico” non vuol dire necessariamente economico. La delicatezza delle capesante vi costerà 18 euro, i mezzi paccheri 19  e il diaframma 25, prezzi non ancora da ristorante stellato ma ben avviati su quella strada. Ma ne vale la pena, anche perché siamo a Milano, la città più cara d’Italia a pari merito con Roma; ma se accettate che lo chef/patron Roberto Di Pinto vi faccia l’occhiolino, accettando la degustazione a 45 euro (addirittura 35, per il lettore imberbe), avrete fatto l’affare del mese. Con l’ospitalità e il calore della cucina del “Sine” compresi nel prezzo.

Per informazioni: sinerestaurant.com

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Alberto Lupini


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