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Il sociologo Marzano: «La psicosi? Come in un film di fantascienza»

L'allarme coronavirus ha generato forme di panico nella popolazione che si spiegano solo con il terrore dell'arrivo di un'imminente catastrofe. Le cose però (per fortuna) non stanno così. Secondo Marzano, questi momenti «mostrano la profonda fragilità della nostra psiche», e a rischiare sono soprattutto gli anziani.

di Sergio Cotti
 
03 marzo 2020 | 07:33

Il sociologo Marzano: «La psicosi? Come in un film di fantascienza»

L'allarme coronavirus ha generato forme di panico nella popolazione che si spiegano solo con il terrore dell'arrivo di un'imminente catastrofe. Le cose però (per fortuna) non stanno così. Secondo Marzano, questi momenti «mostrano la profonda fragilità della nostra psiche», e a rischiare sono soprattutto gli anziani.

di Sergio Cotti
03 marzo 2020 | 07:33
 

Abbiamo ancora tutti negli occhi le immagini dei supermercati vuoti, “svaligiati” in poche ore da chi, facendosi prendere dalla psicosi, ha pensato che riempire le proprie dispense di casa fosse un modo per proteggersi dal rischio di chissà quale cataclisma imminente, come se ne vedono tanti nei film di fantascienza. L’ondata di paura e di incertezza che il coronavirus ha causato negli italiani è, per certi versi, senza precedenti, soprattutto se rapportata alla reale diffusione del virus e alla sua gravità.

Marco Marzano - Il sociologo Marzano: «La psicosi? Come in un film di fantascienza»

Marco Marzano

Sarà forse l’arrivo del virus in Italia, dopo le immagini delle città cinesi deserte viste in televisione ad aver generato una psicosi così forte nell’opinione pubblica. Vero è che qualcosa nella testa di tante persone è scattato.

Ma perché abbiamo così tanta paura del coronavirus?
Il panico viene creato innanzitutto dall'ignoto - spiega Marco Marzano, docente di Sociologia all’Università di Bergamo e scrittore - e dal fatto che i segnali che vediamo passare in tv tendiamo a interpretarli come l’anticipazione di una catastrofe, uno sconvolgimento completo della nostra vita. In altre parole, abbiamo paura di una situazione potenzialmente incontrollabile, di emergenza assoluta.

Una sensazione che evidentemente non corrisponde alla realtà
Però c’è un timore diffuso. Devo dire che anche io, quando la prima notizia è stata lanciata, ho provato una certa inquietudine, pur senza correre al supermercato; un comportamento, quest’ultimo, del tutto irrazionale. E l'irrazionalità dell'assalto al supermercato consiste anche nel pensare che sia possibile salvarsi con una strategia individuale e non con uno sforzo collettivo, che implica fiducia nelle istituzioni e solidarietà. Ed è in situazioni come queste che, per effetto dell'irrazionalità dei singoli, la società rischia di crollare.

Cosa svelano, questi atteggiamenti, della psicologia della popolazione?
Mostrano la profonda fragilità della nostra psiche. È un po’ l’idea che possa venire un momento in cui il nostro mondo, il mondo normale, quello della quotidianità, improvvisamente si cancelli. Pensi ad esempio all'effetto di tutti i film catastrofici che abbiamo visto in questi anni; film in cui viene raffigurata l'apocalisse. Anche lì si inizia con uno scenario normale, di una giornata qualunque, che diventa l'incipit di una storia terribile che nessuno aveva previsto: un'invasione di marziani, la fine del mondo.

Da qui, dunque, la reazione immediata e sconclusionata della gente.
«Esatto. Ci si comporta come per dire "se non reagisco subito, mi posso trovare in un pericolo ancora maggiore". Questi comportamenti sono così irrazionali che finiscono per generare il problema stesso che volevano risolvere. Pensiamo, ad esempio, all'approvvigionamento: con i supermercati vuoti, domenica scorsa, a una certa ora, non si trovava più nulla. Ed è proprio la situazione che la gente avrebbe voluto evitare. Così, però, qualcuno è stato costretto a sperimentarla».

Alla fine tornerà tutto come prima…
Immagino di sì. Già dopo i primi giorni, i comportamenti sono tornati ad essere più normali: abbiamo cominciato ad affrontare il mostro, l'abbiamo addomesticato. La gente parla di coronavirus ovunque, e così ci sembra di essere in grado di tenerlo sotto controllo.

Quali sono le fasce di persone più a rischio in momenti come questi?
Credo che a sentirsi più minacciata sia soprattutto la componente più fragile della società, prima di tutto gli anziani. Man mano che la crisi procede, si vede che sono loro ad essere maggiormente colpiti. Questo potrebbe avere conseguenze sociali molto sgradevoli, ad esempio potrebbe contribuire ad aumentare l'isolamento della parte più anziana della popolazione, peggiorando così la loro condizione esistenziale complessiva.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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