Il vaccino divide, ancora, gli italiani. Ma per Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’ospedale Spallanzani di Roma non c’è dubbio che questo sia il nostro unico strumento per uscire dalla pandemia.
Secondo Giuseppe Ippolito l'unica via d'uscita dalla pandemia è il vaccino
Sebbene una rilevazione
Ipsos di fine anno indicasse che almeno un terzo degli italiani è esitante di fronte alla cura per il
Covid (un dato in linea con altri paesi come Germania e Spagna), Ippolito si dice certo che «se le cose sono spiegate chiaramente, vengono capite». Le sue parole, raccolte da un’intervista ad
Avvenire, toccano diversi punti: dalla campagna vaccinale al profilo dei reticenti, dall’immunità di gregge al patentino vaccinale.
Il passaporto vaccinaleSulla proposta di rilasciare un
certificato di avvenuta vaccinazione, tema
supportato anche da Italia a Tavola, Ippolito non dà una risposta netta ma mette in chiaro un
principio basilare: «Molte attività dovranno essere
precluse a chi non è vaccinato: ristorante, cinema, stadio, aereo. Le misure potranno essere adottate quando il vaccino sarà disponibile per tutti, altrimenti sarebbero un fattore
discriminante».
La campagna vaccinaleIl problema, quindi, si pone a monte: a che punto stiamo con i vaccini ricevuti e iniettati?
Nel Lazio, per esempio, nel primo giorno utile, oltre 100mila ultraottantenni si sono prenotati per ricevere la prima dose di vaccino. Dose che, però, sembra non essere immediatamente
disponibile. Per questo, «serviranno tanti vaccini e diversi. Non è detto che basterà vaccinarsi una volta e saremo a posto per sempre. Uno degli scenari più verosimili è che il virus diventi
endemico e tutti noi con vaccini e infezioni naturali acquisiremo livelli crescenti di
immunità sino a limitare le forme gravi», ha affermato il medico.
Una prospettiva che sembra allontanare il raggiungimento dell’i
mmunità di gregge. «Se per immunità di gregge intendiamo bloccare totalmente il virus, ho seri dubbi che riusciremo mai a raggiungerla», ha affermato Ippolito. Il messaggio è chiaro: vaccinarsi serve per far sì che il sistema ospedaliero non sia più in sofferenza e che, a lungo andare, la malattia si trasformi in un semplice
raffreddore.
Esitazioni diversificateIn attesa che le razioni arrivino, non si deve restare con le mani in mano. Obbligatorio
convincere chi ancora non si fida della scienza e delle agenzie nazionali e internazionali che hanno vidimato i test sui vaccini. Secondo Ippolito, infatti, ci sono cinque
profili di scettici su cui agire: «Chi pensa di non essere a rischio di ammalarsi, chi non capisce o non vuole capire l’importanza della vaccinazione come atto civico, chi ha dubbi sull’efficacia, chi ha paura degli effetti collaterali e chi pensa sia stato sviluppato troppo alla svelta».