Grave lutto nel mondo della ristorazione italiana. La scorsa notte infatti è scomparso Aimo Moroni. Classe 1934, Moroni è stato uno dei più grandi interpreti della cucina italiana contemporanea, simbolo di autenticità, cultura gastronomica e rispetto assoluto per la materia prima.

Aimo Moroni, qui assieme ai suoi due allievi Fabio Pisani e Alessandro Negrini
Nato a Pescia, in Toscana, visse un’infanzia segnata dalle difficoltà del dopoguerra. Arrivò a Milano nel 1946, appena dodicenne, per lavorare e costruire il proprio futuro. Dopo i primi impieghi, nel 1962 insieme alla moglie Nadia aprì in via Montecuccoli la Trattoria di Aimo e Nadia, poi diventato Il Luogo di Aimo e Nadia, destinato a diventare un punto di riferimento assoluto dell’alta cucina italiana, e arrivato a ottenere 2 stelle Michelin.
Oltre a questo, Moroni ha ricevuto numerosi riconoscimenti per il suo contributo alla gastronomia, tra cui l'Ambrogino d'Oro nel 2005, conferito dal Comune di Milano per il suo impegno nella promozione della cultura culinaria.
Oggi il ristorante, guidato dalla figlia Stefania Moroni con gli chef Fabio Pisani e Alessandro Negrini, continua a interpretare con eleganza la visione di Aimo. La sua scomparsa lascia un vuoto profondo nella cultura gastronomica italiana.

Stefania Moroni, figlia di Aimo, con gli chef Fabio Pisani e Alessandro Negrini
La redazione di Italia a Tavola porge le condoglianze alla moglie Nadia e la figlia Stefania, oltre agli chef che gli sono stati accanto, in primis proprio Pisani e Negrini.
La sua filosofia di cucina
La loro filosofia era semplice ma potente: unire le radici della cucina toscana con l’innovazione, valorizzando le migliori materie prime italiane, creando un vero e proprio «giro d’Italia nel piatto». La cucina di Moroni si distingueva per la ricerca ossessiva della qualità e del gusto autentico. Piatti come gli Spaghetti al Cipollotto, il pane casereccio con pomodoro e origano e il tradizionale risotto alla milanese con ossobuco riflettono la sua capacità di combinare semplicità e precisione tecnica. Il rispetto per gli ingredienti, il senso del gusto e l’attenzione ai dettagli erano al centro del suo lavoro: «Chi ha palato, vive di emozioni davanti a un piatto», affermava Moroni.

I re della cucina milanese, Aimo Moroni assieme a Gualtiero Marchesi, Claudio Sadler e Sergio Mey, in un'immagine di una quindicina di anni fa
Nonostante l’innovazione e la sperimentazione, Aimo Moroni rimase legato alle tradizioni della sua infanzia rurale, ispirandosi ai sapori della campagna toscana e alle ricette della madre, come la sua famosa Zuppa etrusca. Uomo generoso e visionario, trasmise il testimone ai suoi collaboratori, Alessandro Negrini e Fabio Pisani, e alla figlia Stefania, assicurando la continuità della storia del ristorante.
Moroni ha mantenuto un rapporto diretto con gli ingredienti, preferendo il contatto con le materie prime alla tecnologia, pur riconoscendone i vantaggi. Il suo frigo, definito un «piccolo bazar di cucina italiana», era sempre fornito delle migliori verdure, oli, formaggi e uova. La sua cucina, ispirata alla bellezza e all’armonia, poteva essere paragonata alla Primavera del Botticelli o all’Inno alla Gioia di Beethoven, esprimendo equilibrio, gioia e passione per la vita e per il cibo.
Uno dei suoi allievi ed eredi prediletti, Fabio Pisani
Fabio Pisani ha raccontato il suo rapporto con Aimo Moroni come «un rapporto di sincerità e profondità, davvero bellissimo, che auguro a tutti di vivere. Aimo è stato una persona di vita, e noi continuiamo a portare avanti il percorso che lui ha iniziato. Questo ci rende orgogliosi, e sono certo che anche lui lo sarebbe di noi».
Pisani e Alessandro Negrini lavorano al Luogo di Aimo e Nadia dal 2005, partecipando a un «bellissimo percorso di cambio generazionale, una storia unica che può essere di esempio a tanti giovani e colleghi. Il fatto di avere amici e colleghi che ci stimano ci rende veramente orgogliosi».

Alessandro Negrini, a sinistra, e a destra Fabio Pisani, attuali chef del Luogo di Aimo e Nadia
Riguardo alla lezione più importante ricevuta da Aimo, Pisani ha spiegato: «In questi vent’anni mi ha insegnato che la cucina non è ricca o povera: è buona. Questa frase racchiude tantissime sfaccettature, e ti fa capire il vero senso della cucina».
Sul piano tecnico, Pisani ha ricordato le due stelle Michelin ottenute dal ristorante: «Quando siamo arrivati nel 2005, con Aimo c’era la sfida di riportare la seconda stella in via Montecuccoli. In tre anni ce l’abbiamo fatta, e quella storia rimane bellissima». Pisani ha concluso esprimendo gratitudine per l’eredità ricevuta: «Portare avanti il lavoro di Aimo e Nadia è un percorso di orgoglio e responsabilità, che continueremo con la stessa passione e dedizione che lui ci ha trasmesso».

Il ritratto di Aimo Moroni e della moglie Nadia, realizzato da Italia a Tavola nel 2013 per la mostra Cuochi a colori
Il commento del presidente Fipe Lino Stoppani
Lino Stoppani, presidente di Fipe, ha espresso profonda commozione per la scomparsa di Aimo Moroni, definendolo «una persona seria, modesta, generosa e buona, oltre che un grandissimo tecnico». Secondo Stoppani, Moroni era uno dei protagonisti della ristorazione italiana del dopoguerra, quella generazione capace di realizzare «cose grandiose in tutti i campi». Le due stelle Michelin del suo ristorante ne certificavano il valore, e Stoppani ha sottolineato che probabilmente meritava anche la terza, «se non fosse stato in periferia a Milano».
Il presidente ha ricordato anche l’impegno di Aimo verso l’associazionismo: «Ha sempre capito l’importanza di stare vicino all’associazione», partecipando attivamente alle iniziative di Fipe, dedicando tempo e risorse per sostenere il settore. Stoppani ha raccontato momenti personali condivisi con Moroni, come i colloqui con amici e colleghi sulle difficoltà degli inizi, partendo senza mezzi ma con passione, determinazione e talento: «Due secondi a far capire l’importanza delle associazioni di categoria».

Lino Stoppani, presidente di Fipe Confcommercio
Non sono mancati i riferimenti alla sua cucina: piatti come lo spaghetto al cipollotto, la zuppa etrusca e la cotoletta di scamone erano eseguiti con precisione, rispettando gli ingredienti e dando identità ai piatti, come ricordava Stoppani: «Non sbagliava mai, usava con parsimonia gli ingredienti e valorizzava il gusto autentico».
Moroni si distingueva non solo per il talento tecnico, ma anche per i valori umani: rispetto, sensibilità e generosità, sempre pronto a sostenere iniziative associative. «Le persone buone – ha concluso Stoppani – voglio ancora più bene. E sicuramente Aimo è tra queste». La sua eredità rimane un esempio sia professionale sia personale per la ristorazione italiana.
Anche Claudio Sadler rimarca la grandezza dello chef e dell'uomo
«È stato un grande maestro e un grande ispiratore», ha detto chef Claudio Sadler. «Ho avuto la fortuna di conoscerlo da tanto tempo, fin dall’epoca della grande rivoluzione della cucina. Aimo ha sempre mantenuto vivi i legami con le radici della cucina italiana, rimodernandola senza mai tradire i gusti autentici della tradizione».

Chef Claudio Sadler, ex presidente di Soste
«Era una persona squisita, un amico, un maestro e anche un po’ un pazzo, perché voleva davvero tanto bene a tutto e a tutti. Ci mancherà profondamente. È stato molto in gamba, visionario, capace di trasmettere il suo sapere ai giovani che lo hanno seguito con affetto e fedeltà, come Alessandro e Fabio, dimostrando grande rispetto e devozione per anni».
Sadler, ex presidente di Soste (il prestigioso gruppo che riunisce i migliori ristoranti italiani e i loro chef, con lo scopo di valorizzare la cultura gastronomica di qualità, la tradizione italiana e condividere la passione per l'eccellenza in ristorazione) ha poi ricordato il ruolo di Moroni nell’associazione: «Non ha mai fatto parte del direttivo vero e proprio, ma è sempre stato un membro attivo fin dall’inizio, contribuendo con la sua esperienza e collaborazione. Il suo impegno e la sua passione hanno lasciato un’impronta indelebile».
Davide Oldani: «Aimo Moroni, un cuore grande che ha dato tutto alla cucina italiana»
Parole di elogio arrivano anche da Davide Oldani, chef stellato e attuale presidente di Soste: «Di Aimo Moroni resta prima di tutto il ricordo di una grande persona, di una grande famiglia che si è messa al servizio della cucina italiana con dedizione e umiltà. Aveva un cuore enorme e un rispetto profondo per le persone, per i giovani e per il valore del mestiere. Ha creato un sistema, ha dato un contributo fondamentale alla ristorazione italiana, lasciando un segno che andrà oltre la sua vita. Credo che non ci siano parole abbastanza forti per esprimere ciò che ha rappresentato per tutti noi.

Chef Davide Oldani
Era parte attiva delle Soste, ha condiviso valori e progetti con generosità, sempre con lo sguardo rivolto al futuro. Ha saputo trasmettere la sua visione a Stefania, ad Alessandro Negrini e Fabio Pisani, che oggi continuano con passione la sua eredità al Luogo di Aimo e Nadia. E poi mi piace pensare che ad accoglierlo lassù ci sia Gualtiero Marchesi. Due maestri che hanno costruito la storia della nostra cucina, e che ora, forse, si ritrovano ancora una volta insieme. Per chi resta, Aimo lascia un esempio indelebile di passione, cultura e umanità».
Edoardo Raspelli: «Aimo e Nadia hanno messo via Montecuccoli sulla mappa della grande cucina italiana»
Così invece il critico gastronomico, giornalista e volto televisivo Edoardo Raspelli, che conosceva Aimo Moroni da moltissimi anni: «Un grande rimpianto, ho dei grandissimi ricordi, pieni di emozioni su di lui. Li ho visti muovere i primi passi. Quando dicevi vado in via Montecuccoli, non la conosceva nessuno. Grazie ad Aimo e Nadia è successo ciò che è successo ai Santini, del Pescatore a Runate di Canneto sull'Oglio, ora tutti sanno grazie a Aimo e Nadia dove è Via montecuccoli, e la grande cucina italiana. Marcata magari con un po' di Toscana, ma nulla di più, con una ricerca spasmodica della materia prima, presentata in un modo semplice».

Edoardo Raspelli
Aimo e Nadia Moroni furono premiati da Italia a Tavola nel 2018
Un ricordo lo porta anche Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola: «parlare di Aimo Moroni è un po’ come ricordare Gualtiero Marchesi. Assolutamente diversi per carattere ed esperienze (quanto uno era riservato tanto l’altro era comunicativo), li accomuna però l’avere rappresentato punte di eccellenza assolute nella storia moderna della cucina italiana. L’attenzione centrale alla scelta delle materie prime (che oggi sembra scontata per tanti chef) e la volontà di preservare gusti e tradizioni autentiche, ripulendoli dalle incrostazioni del tempo, ma senza tradirli, è l’eredità forse più grande che Aimo lascia a tutta la ristorazione italiana».

Aimo Moroni e la moglie Nadia qui col direttore di Italia a Tavola Alberto Lupini
«Il Luogo - continua Lupini - (oggi affidato alle sapienti mani di Stefania, Alessandro e Fabio) è stato sempre un laboratorio di altissima cucina dove Aimo e Nadia hanno insegnato con l’esempio quanto è impegnativo fare seriamente il cuoco. E sentirlo raccontare di come la mattina al mercato sceglieva gli ingredienti non era certo l’espediente di marketing che ti raccontano oggi tanti giovani chef. Era un piacere e cultura vera, che lui condiva di aneddoti e informazioni concrete».
«Appena appreso della sua scomparsa - conclude il direttore - con emozione ho ricordato quando nell’aprile del 2018 ho avuto il piacere di premiare lui e Nadia con l’Award di Italia a Tavola per la loro prestigiosa carriera dietro i fornelli, descrivendoli come una coppia che aveva saputo traghettare davvero la cucina regionale nel futuro. Gli avevo già consegnato in passato dei premi per conto di altre realtà. ma stavolta sentivo la responsabilità di compiere come un atto di riconoscenza a nome di tutta la ristorazione italiana che in loro vedeva dei maestri veri. E anche in quell’occasione Aimo aveva richiamato quello che era un po’ un suo mantra: “quanto sia importante preservare la tradizione, specialmente a Milano dove accanto al proliferare di cucine straniere ci si trovi in difficoltà nel trovare un posto dove mangiare un vero Risotto alla milanese”.
E se oggi qualcosa si comincia finalmente a ritrovare anche a Milano, non possiamo che ricordare che un po’ è merito suo per aver seminato bene.