Più che sulle “carte” di carta, occorre puntare sulla preparazione del personale, che può fare da tramite, in un tempo più veloce, tra la materia prima (cibo, vino, acqua, distillato, caffè) e il cliente buongustaio.
Dopo il menu, la “grande carte”, la carta dei dolci, la carta dei vini e la carta dei distillati, avanzano la carta delle acque, la carta del pane e la carta del caffè. Ci ritroveremo tra poco, seduti alla tavola di un ristorante importante e superbuono, con in mano alcuni chili di “carte” dalle quali scegliere quello che più ci aggrada in quel momento. Ma quanto tempo dovremo impiegare per scorrere il tutto, anche solo velocemente?
Oltre al sommelier, ecco prendere piede le figure dell’idrosommelier e del “caffelier”, termine quest’ultimo presentato da Caffè del Caravaggio in occasione del “Premio Italia a Tavola” a Bergamo. Logico che le 3/4/5 funzioni (per vino, acqua, pane, distillati e caffè) possono essere svolte dalla stessa persona, se è ben preparata, con nessun nuovo aggravio di spese sulla gestione. Logico che tante “carte” saranno presenti solo nei grandi ristoranti con clienti... grandi anche di portafoglio. Non sono certo contrario a tutto questo: vuol dire che si va sempre più nella direzione delle esperienze sensoriali, che arricchiscono parte della vita.
Anche tra i caffè, certamente, c’è molto da chiarire e migliorare. In troppi bar e ristoranti si bevono ancora troppi caffè cattivi, in parte perché non sono usate materie prime ottimali ma soprattutto perché il barista non sa usare bene la macchina del caffè. Ecco allora che, più che sulle “carte” di carta, occorre puntare sulla preparazione del personale, che da solo può fare da tramite, in un tempo più veloce, tra la materia prima (cibo, vino, acqua, dolce, distillato, caffè) e il cliente buongustaio.