Quotidiano di enogastronomia, turismo, ristorazione e accoglienza
domenica 27 ottobre 2024  | aggiornato alle 02:44 | 108621 articoli pubblicati

Rational
Siad
Rational

L'incredibile ascesa delle donne chef in America Latina

Abbandonate le velleità di seguire l'alta cucina europea, oggi la ristorazione latinoamericana è tra le migliori al mondo. Le donne hanno avuto parte integrante di questa trasformazione. Alcuni esempi? Pia Léon, Leonor Espinosa, Janaína Torres Rueda, Vanessa Gonzalez, Elena Reygadas e Daniela Soto Innes

di Carlo Raspollini
05 luglio 2024 | 05:00
L'incredibile ascesa delle donne chef in America Latina
L'incredibile ascesa delle donne chef in America Latina

L'incredibile ascesa delle donne chef in America Latina

Abbandonate le velleità di seguire l'alta cucina europea, oggi la ristorazione latinoamericana è tra le migliori al mondo. Le donne hanno avuto parte integrante di questa trasformazione. Alcuni esempi? Pia Léon, Leonor Espinosa, Janaína Torres Rueda, Vanessa Gonzalez, Elena Reygadas e Daniela Soto Innes

di Carlo Raspollini
05 luglio 2024 | 05:00
 

Nel 2010 la ristorazione latinoamericana quasi non figurava nelle classifiche dei 50 migliori ristoranti del mondo, ma dieci anni dopo i ristoranti di questa parte del mondo, dal Messico all’Argentina sono diventati decine e ora figurano anche nei primi posti. Lo scorso anno il Central di Virgilio Martinez è risultato primo della lista dei World's 50 Best Restaurants. Io non do molto credito alle classifiche, ognuna segue criteri suoi, anche cervellotici e funzionali più alla rivista che le lancia e che le ospita che all’esatto valore del ristorante, non sono certo una scienza esatta, ma come si dice Sherlock Holmes: “tre indizi fanno una prova” e di indizi sulla crescita della ristorazione latino americana, in questi anni, ce ne sono tanti.

America Latina: si inseguiva l’alta cucina e si relegava nel dimenticatoio la cultura indigena

Gli artefici riconosciuti di questo movimento in crescita sono Gastón Acurio, peruviano e Alex Atala, brasiliano ma anche il lavoro di chef come Enrique Olvera, messicano, Virgilio Martinez del Central di Lima e Rodolfo Guzman del Boragò di Santiago del Cile, hanno disegnato un modello. La via è stata quella di rivolgersi alle proprie culture, per costruire le basi della nuova gastronomia del continente latino americano. Una realtà di oltre 650 milioni di cittadini, di cui più del 10% di Italiani o discendenti di Italiani, cosa che andrebbe tenuta in maggior conto dai governi del nostro Paese per il mercato che rappresentano.

L'incredibile ascesa delle donne chef in America Latina

Inseguendo l'alta cucina europea si stava ignorando del tutto un patrimonio di ingredienti unici e una storia di cucine endemiche
 

Anni fa si seguiva l’alta cucina, soprattutto secondo il modello francese. Inseguendo prodotti importati e tecniche d’oltreoceano. Ci si rese conto però che così si stava ignorando del tutto un patrimonio di ingredienti unici e una storia di cucine endemiche, completamente dimenticate. Culture indigene di grande valore e significato come quelle Maya, Inca, Atzeca e Mapuche erano finite nel dimenticatoio e la gastronomia in Sud America era una brutta copia delle cucine europee, portate dagli emigranti. Questo cambio di direzione non nasce per caso, è anche frutto di un maggior impegno sociale, della consapevolezza di dare voce ai piccoli produttori locali. Perché la cucina è parte integrante della società, sua componente essenziale e non c’è cultura senza l’apporto della gastronomia e della tradizione. Questo aumenta l’identità, la crescita e la consapevolezza di appartenere a una storia e a un territorio ed è un processo inarrestabile.

Le donne hanno avuto parte integrante di questa trasformazione e piano piano sono venute alla luce con proposte proprie e identità ben marcate. Molte di loro, come gli uomini, si sono formate all’estero lavorando nelle migliori cucine delle due sponde dell’Atlantico. Da qui nasce l’incredibile ascesa della cucina delle donne del Latino America.

Pia Léon eletta la miglior chef donna del 2021

Migliore chef donna del mondo, nel 2021, sempre secondo The World's 50 Best Restaurants, la peruviana Pia Léon è nei primi posti della lista degli chef più importanti dell'America Latina. La sua permanenza alla guida del Central (dal 2005 al 2015) ha portato il ristorante del marito Virgilio Martinez, a posizionarsi come uno dei migliori dell'America Latina per tre anni consecutivi. Un successo che Pía ha replicato con Kjolle, il locale che possiede dal 2018 e che solo un anno dopo la sua apertura nel quartiere di Miraflores, a Lima, era già tra i migliori.

L'incredibile ascesa delle donne chef in America Latina

Pia Léon

Pia e Virgilio si sono poi trasferiti nel quartiere Barranco, il più bohémien della capitale peruviana, dove il Kjolle occupa il primo piano del palazzo in calle Pedro de Osma, mentre il Central si apre al piano terra. Assieme ai due locali ci sono il cocktail bar Mayo e il laboratorio sperimentale di innovazione Mater Iniciativa nel quale si studiano gli ingredienti riscoperti e le possibili applicazioni. Pia vanta una vasta esperienza nella cucina del suo Paese, una passione che volentieri condivide con i suoi ospiti, ai quali propone pietanze in cui esplora la biodiversità peruviana. Ha studiato a Le Cordon Bleu, a Lima, poi, dopo aver completato il suo tirocinio presso lo storico ristorante Astrid y Gastón, si è unita alla squadra del Central, con Virgilio Martínez, che sarebbe poi diventato prima il suo capo e poi marito e socio in affari.

Vanessa Gonzalez, chef della semplicità al Parador la Huella di Punta del Este

Vanessa González, di origine uruguaiana, riassume la propria filosofia nella celebre frase di Coco Chanel per cui «la semplicità è la chiave dell'eleganza”. Alla guida del Parador La Huella, Vanessa è riuscita a posizionare questo ristorante di fronte alla spiaggia tra i 50 migliori dell'America Latina. Il suo menu a base di frutti di mare e pesce alla griglia è semplice, ma è riuscito a catturare i palati più esigenti, con l'ulteriore vantaggio di offrire prezzi convenienti rispetto ad altri ristoranti di prestigio. In base alla visione sociale che ispira molte di queste attività di ristorazione, la chef acquista gli ingredienti dai produttori locali, contadini e pescatori, che in cambio garantiscono la qualità e la freschezza dei prodotti. Tra i piatti più in voga: gamberi con patate al curry e spigola alla griglia.

L'incredibile ascesa delle donne chef in America Latina

Vanessa González

Leonor Espinosa e sua figlia Laura Hernandez nel Leo di Bogotà

 Miglior chef donna del Latino America del 2017 e miglior chef donna al mondo del 2022, Leonor Espinosa, che è del 1963, è una delle istituzioni della gastronomia del continente. Colombiana di Cartagena figura fin dal 2014 tra i migliori ristoranti latinoamericani secondo la lista dei 50 migliori al mondo e segue imperterrita la tradizione gastronomica del proprio paese.  «Apprendo tante cose dal mio lavoro - dice Espinosa - sull’importanza di essere molto più coerenti con il primo anello della catena, quello dei produttori». La sua concezione della cucina ha un carattere sociale e anche politico. «C'è molta politica in cucina. Gli chef hanno una responsabilità. La mia cucina nasce dalla mia esperienza, dal mio lavoro di ricerca e sperimentazione. E lo sforzo di rendere visibili i territori in conflitto, attraverso le specie che crescono in essi e collegando i piccoli produttori di quelle regioni. Principalmente donne». 

L'incredibile ascesa delle donne chef in America Latina

Leonor Espinosa

La sua è una ricerca verso i sapori meno esplorati come il peperoncino amazzonico, il cacay andino, una pianta sempreverde della famiglia delle Euphorbiaceae. Il latte vegetale (di soia) di Putumayo, la pulantana del deserto. Viene dall’estremo nord, in una penisola che si sporge tra il Mar del Caribe e la frontiera con il Venezuela, dove c’è un deserto di 100 km, abitato da indigeni. Il deserto della Guajira, la terra dei Wayuus. Gamberi al mandarino, limone e peperone cestello, accompagnati da latte di cocco. Un'altra pietanza è il pesce pirarrucú dell’Amazzonia. Un pesce che può misurare anche tre metri e pesare 250kg, abita fiumi poveri di ossigeno tanto che il pesce riesce a respirare fuori dall’acqua. I suoi ristoranti, Leo e El Casual de Leo, sono le sedi delle sue creazioni culinarie, ma anche gran parte del grande lavoro sociale che la Chef promuove attraverso Funleo, una fondazione attraverso la quale la Espinoza sostiene le comunità della costa caraibica per promuovere i loro prodotti, le loro ricette e le loro tradizioni.

Janaína Torres Rueda, co-fondatrice de A Casa do Porcu a San Paolo del Brasile 

Anche lei figura spesso nelle prime posizioni dei migliori ristoranti o miglior chef del Latino America. Come nell’edizione del 2023. «Non voglio rivolgermi solo all’ èlite - spiega Janaína -: da dove vengo e per quel che ho fatto nella vita, cucinare per pochi a prezzi inaccessibili non mi dà alcuna soddisfazione». Nipote di una spagnola emigrante da Granada, quasi 50 anni, si è specializzata nel cucinare il maiale, ma la sua visione è soprattutto democratizzare la propria cucina, renderla per tutti o per la maggior parte possibile del popolo. A Casa di Porcu è per questo uno dei meno cari tra i ristoranti famosi nel mondo. Il menu costa tra circa 55 euro, senza bevande. Il tutto in una delle città dove c’è più disuguaglianze al mondo. «Mi piacerebbe che il menu fosse più accessibile, però con l’azienda in cui alleviamo maiali e coltiviamo erbe e spezie, lavorando con una squadra di 90 persone che servono 14mila clienti al mese, non mi riesce di abbassare i prezzi. Il mio obbiettivo sarebbero menu da 30 dollari».

L'incredibile ascesa delle donne chef in America Latina

Janaína Torres Rueda

Il maiale, una volta pronto, viene servito come una salciccia a bocconcini con pane di tapioca e aceto di pomodori verdi, abbinato a un cocktail di idromele al frutto della passione. Oppure spumante o riduzione di birra. Oppure come una tartara con ortaggi a radice croccante, accompagnata da sidro o ancora in porzioni con la sua crosta (tipo porchetta) e una caipirinha al lime. L’atmosfera nel ristorante è semplice, nessun vestito formale, bambini e gente in jeans.  Dopo il divorzio con Jefferson Rueda nel 2022, segue il rapporto professionale ma a distanza. Lei sta in cucina, in laboratorio e a capo dell’azienda di cui restano soci lei e l’ex compagno. In più segue la fattoria di São Jose do Rio Pardo, dove allevano il gregge di pecore e coltivano ortaggi biologici. Janaína ha recuperato il cognome da nubile Torres ma ha mantenuto quello dell’ex marito per motivi commerciali. In Brasile però tutti la chiamano Dona Onça, la Signora Giaguaro e ho detto tutto. Tutti i riconoscimenti che adesso la riguardano, prima andavano al marito. Ora la Signora Giaguaro ha recuperato spazi e ruoli e la sua carriera ha preso il volo.

Elena Reygadas: tra le sue iniziative anche il ristorante italiano Bella Aurora nel quartiere Roma

Messicana, nata nel 1976, Elena Reygadas laureata in letteratura inglese presso l’Università Nazionale Autonoma del Messico. Nel 2010 ha aperto il Rosetta nel quartiere Roma a Città del Messico. È stata premiata come miglior chef donna del mondo nel 2023, secondo The World’s 50 Best Restaurants. Nel 2024 Rosetta ha ricevuto una stella Michelin ed è stato riconosciuto come il 34esimo ristorante nella lista dei 50 migliori ristoranti del mondo. Nel 2022 è entrata a far parte del Consiglio Internazionale del Basque Culinary Ceter, che ha una funzione sociale riguardo la gastronomia e nello stesso anno ha anche lanciato la borsa di studio Elena Reygadas, mira a promuovere le pari opportunità e rafforzare la leadership delle donne messicane nel mondo gastronomico. Nel comitato c’è anche Daniela Soto Innes, altra chef messicana.

L'incredibile ascesa delle donne chef in America Latina

Elena Reygadas

Ha dato avvio ad altri progetti tra cui un negozio per la vendita del pane, un piccolo bar Rosetta Lounge, al secondo piano del ristorante con cocktail e drink creati con ingredienti messicani. E poi Bella Aurora, una terrazza che offre piatti classici italiani, serve colazione, pranzo e cena. È nota per il suo interesse per le questioni sociali, in particolare quelle legate alla campagna, al cibo e all'ambiente. Si è dichiarata contraria al mais geneticamente modificato. Da tempo sostiene attivamente progetti di recupero del chinampas, metodo di coltivazione preispanico, a Città del Messico.

Daniela Soto Innes: «Il pasto è più buono con amore»

Nominata miglior chef donna del mondo nel 2019, a soli 28 anni Daniela Soto Innes è la più giovane donna chef entrata a far parte della classifica dei 50 migliori ristoranti del mondo.Allieva prediletta di Enrique Olvera ha lavorato a lungo nel famoso Pujol di Città del Messico e al Cosme di New York. Ha studiato gastronomia in Texas al Cordon Bleu Culinary Art. Poi in Messico studiando cucina tradizionale con Gerardo Vazquez Lugo e Elena Lugo. Da quando ha lasciato il Cosme, dove ha avuto innumerevoli riconoscimenti, s’è ritirata in una tranquilla cittadina messicana frequentata da surfisti, tra spiaggia e giungla nello stato di Nayarit, nella Baja California, dove ha aperto il suo ristorante Rubra.

L'incredibile ascesa delle donne chef in America Latina

Daniela Soto Innes

La sua cucina su basa sui cibi della milpa, il sistema agricolo messicano in cui vengono coltivate colture complementari attorno al mais. Con la sua combinazione distintiva di sapori audaci e vivaci e un sacco di spezie, prepara piatti a base di mais, fagioli, zucca e peperoncini, nonché erbe aromatiche provenienti da una fattoria che il team ha allestito lo scorso anno.  Per quanto riguarda la sua cucina dice: «Cosme è il mio cibo, il modo in cui cucino. Ha lo stesso pennello, ma ciò non significa che saranno gli stessi piatti. È un'evoluzione costante». Rubra è un ristorante al femminile, nel significato di una pianta nativa messicana e come il nome della chef. Con lei ci sono Estefania e Valentina Brito, sorelle venezuelane e lo chef Hugo Vera che lavorava con lei al Cosme. Rubra è a 40 minuti di auto da Puerto Vallarta e arrivarci è un’avventura per via delle strade dissestate. «Cucinare di fronte all’Oceano ha tutto un altro sapore rispetto al seminterrato del Cosme, sostiene la Chef, ho sempre desiderato tornare in Messico, visto che mi sono trasferita in Texas a 12 anni, e cucinare negli Stati Uniti era il mio sogno americano ma non pensavo di riuscirci così presto. Una volta raggiunto lo scopo ho voluto ricominciare da capo».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
Voglio ricevere le newsletter settimanali


Brita
Onesti Group
Share Me
Elle & Vire

Brita
Onesti Group
Share Me

Elle & Vire
GrosMarket
Julius Meiln