Andrea Mainardi non è un semplice chef: è un personaggio poliedrico, capace di unire alta cucina, televisione e un’idea molto personale dell’esperienza gastronomica. Vuole stupire, vuole far dire «Wow!», ma allo stesso tempo torna ai sapori di una volta, quelli semplici che - grazie alla tv - porta ogni giorno nelle case degli italiani. Nato a Bergamo nel 1983 e diplomatosi all’Ipsarr di San Pellegrino Terme, inizia nella cucina d’élite con alcuni anni nella brigata dell’Albereta sotto Andrea Berton e Gualtiero Marchesi. Nel 2010, a 27 anni, lancia il suo primo progetto indipendente: Officina Cucina, un ristorante a tavolo unico che per l’Italia dell’epoca era una piccola rivoluzione. Format radicale, esperienza costruita minuto per minuto, contatto totale con lo chef. Un locale chiuso nel 2018 ma pronto a tornare nel 2026 a Ospitaletto: «Stesso format, ma tante novità» anticipa Mainardi.

Andrea Mainardi, chef poliedrico e ormai volto noto della televisione italiana
Lo chef ha saputo trasformare la sua esperienza ai fornelli in una presenza stabile nel piccolo schermo. Dal debutto alla Prova del Cuoco alla conduzione di programmi, dal Grande Fratello Vip al ritorno, dal 2020, nel team di È sempre mezzogiorno con Antonella Clerici: un ruolo che lo consacra come chef-showman, capace di mescolare ricette, racconti e intrattenimento senza perdere autorevolezza tecnica.
Il ristorante “a tavolo unico”, una scelta radicale e una nuova (ri)partenza
Officina Cucina è stato un laboratorio di relazioni prima ancora che di cucina. Un’unica stanza, cucina a vista, un solo tavolo, dieci portate che cambiavano con le stagioni e con le preferenze dei clienti. «Facevo tutto io, dal servizio al marketing» racconta. «È stato il mio modo per formarmi. All’inizio era durissima, poi, grazie anche alla tv, ero sempre pieno». Un format economicamente impegnativo ma oggi molto più facile da comunicare: un video, un reel, un racconto ben calibrato possono accelerare la notorietà in modo esponenziale. E lo stesso Mainardi lo consiglia ai giovani: «Perché no? È un modello ancora replicabile».

La sala di quella che fu l'Officina Cucina, che riaprirà i battenti nel 2026 a Ospitaletto
«Molto spesso uscivo dalla cucina» - racconta «non ero solo uno chef che stava dietro ai fornelli, ma qualcuno che dialogava con il pubblico, raccontava i piatti, brindava con i clienti. Questo approccio diretto l'ho imparato proprio da Gualtiero Marchesi, già molto prima dell’avvento dei social, era per lui “la normalità”».

Andrea Mainardi sottolinea l'importanza, per uno chef, di parlare ai propri clienti
Il format, audace e fortemente identificativo, si era rivelato vincente, e dopo una pausa dovuta ad altre collaborazioni e, principalmente, ai tanti impegni televisivi che lo hanno coinvolto, tornerà nel 2026. «Al momento è tutto in divenire, non ho ancora certezze sulla data di apertura. Voglio però tornare assolutamente "on fire" col ristorante nuovo. Ogni giorno mi occupo personalmente di un aspetto diverso». È un format che punta sull’esperienza più che sul semplice atto di mangiare: una cena che diventa spettacolo, racconto, memoria.
Filosofia di cucina, tra tecnica, creatività e provocazione
Parlando di cucina, Mainardi sottolinea un equilibrio tra sapori tradizionali e scelte innovative. «Oggi la mia cucina è un’involuzione o un’evoluzione, scegli tu», afferma con ironia «Perchè voglio tornare a recuperare prodotti "di casa" tecniche lente, pazienti, ai sapori primordiali, che ho nel palato e nella memoria, Nel nuovo ristorante proporrò delle novità, ma onestamente non ho ancora messo la testa nel nuovo menu. Sicuramente riproporrò qualche piatto della mia storia, come la guancetta di vitello con crema di patate alla salvia».

Guancetta di vitello con crema di patate alla salvia
Dalla cucina alla tv: lo chef diventa showman
Parte integrante dell’identità pubblica di Mainardi è la sua presenza televisiva. Lui stesso dice: «Andrea Mainardi si divide in due: da un lato un cuoco personaggio per la televisione e i social, con una cucina molto familiare, sostanziosa, potente, che ricorda il pranzo di Natale, e che se ben ci pensiamo è uno show per quante cose si mettono al centro. Dall'altro c'è l'Andrea Mainardi chef dell'alta ristorazione, che ha lavorato in ristoranti stellati, con Andrea Berton all'Albereta, è una cosa che tengo intima, per me e per i clienti del mio ristorante».

Andrea Mainardi con Antonella Clerici
Questa dualità gli permette di portare la cucina d’autore in un contesto popolare, rendendo accessibili tecniche e racconti che normalmente resterebbero confinati nei ristoranti gourmet. Per Mainardi, la tv è stata un'occasione irrinunciabile all'inizio della carriera. «La prima volta da Antonella Clerici nel 2010 non potevo perdere quell'occasione, l'ho fatta un po' per ego e un po' per curiosità. Poi ho seguito le occasioni che mi capitavano, ma sempre con grande gratitudine alla Clerici. Lei, in tv, per me è stata come Andrea Berton per la cucina».
Il valore della convivialità, nostalgia e cucina del cuore
Accanto alla carriera mediatico-culinaria, Mainardi ha scelto di raccontare un diverso rapporto con il cibo e con il rito di sedersi a tavola, diverso dai temi attuali che parlano prima di tutto di sostenibilità. Quando gli si chiede del suo ultimo libro, lui risponde con un mix di ironia e sincerità: «Il mio ultimo libro, uscito a ottobre, di chiama "Quanto burro?". Voglio recuperare il valore dei pranzi che magari duravano ore ma erano molto aspettati. Provocatoriamente, dico scherzando nel libro "se sei a dieta non sfogliarmi". Parlo di ricette potenti, che danno il buon umore, che è la mia idea». Un’idea di cucina che unisce, consola, fa stare bene.

La doppia anima di Andrea Mainardi, chef amante del fine dining ma anche dei sapori caserecci
Il piatto “di casa”: radici, gusto e memoria
Lo chef indica come piatto simbolo della sua cucina un grande classico della tradizione: «il mombolino fondente, con la polenta e i formaggi dolci di montagna. Una fetta di coppa di maiale e salvia, cotto lentamente nel burro, aglio, vino bianco e brodo, con una lunga cottura. La carne inizia a sfaldarsi, si tira via il coperchio, il liquido evapora e rimane l’intingolo trasparente di grasso, che si fa rosolare, un sapore di una volta che è assolutamente clamoroso».

Il Mombolino di Andrea Mainardi, qui in versione 'bresciana' su uno spiedo
«Quando lo metti in bocca, ti chiudi gli occhi e dici wow - riflette Mainardi - non per vanità, ma è uno dei piatti che ti fanno volare».
La parte nascosta della creatività: quando sorprendere non significa osare
Dietro l’immagine pubblica fatta di sorriso, show cooking e social, c’è una cucina più complessa, più audace, meno visibile. Mainardi ammette che pochi si aspetterebbero da lui certe scelte «come un risotto con liquirizia, ostrica e limone, sui social nessuno si aspetterebbe da me un piatto del genere, i miei clienti del ristorante invece sanno benissimo che faccio questo tipo di percorso, così come i miei colleghi».

Il celebre risotto liquirizia, ostriche e limone di Andrea Mainardi
E allo stesso tempo, se gli si chiede come sorprenderebbe un suo collega-rivale, la risposta è ancora semplice: «Mi piacerebbe semplicemente stupire solo mia moglie, non certo un rivale, non m’interessa. E lo farei con una pasta burro e pomodoro, l’originalità sta proprio nella semplicità».

Spaghetto burro e pomodoro, per Mainardi è un piatto che sa stupire
Se dovesse insegnare a un gruppo di allievi, Mainardi non partirebbe da ricette sofisticate: «i tagli delle verdure, i gusti semplici» - spiega «cioè dalle basi, da quelle fondamenta che ogni chef deve padroneggiare. Solo dopo, con tecnica acquisita, creatività e sensibilità, si può cominciare a costruire uno stile proprio. È esattamente come è stato insegnato a me».
Ristorazione, impresa e nuovi percorsi
Il 2026 segnerà la riapertura di Officina Cucina, ma non solo: lo chef sta sviluppando anche Mainardi Bakery, la sua linea dolciaria dedicata ai panettoni, un segmento su cui sta investendo con metodo e ambizione. Andrea Mainardi oggi rappresenta un caso interessante di chef contemporaneo capace di muoversi tra televisione, alta cucina e imprenditoria. Tiene insieme memoria e sperimentazione, spettacolo e sostanza, relazione diretta e tecnica. Con il ritorno del suo ristorante a tavolo unico e i nuovi progetti in sviluppo, conferma un posizionamento molto chiaro: una cucina che vuole emozionare, raccontare e lasciare traccia, senza perdere l’autenticità che lo ha fatto conoscere al grande pubblico.