Il ristorante La Trota di Rivodutri (Rieti) è una delle eccellenze della ristorazione italiana, dove tradizione familiare e innovazione convivono da oltre sessant’anni. Fondato negli anni ’60 dai genitori di Sandro e Maurizio Serva, il locale nasce dalle esperienze dei pescatori lungo il canale del Santa Susanna e dall’abilità dei Serva di cucinare le trote pescate sul posto, dando così origine al nome del ristorante.
La Trota: sessant’anni di cucina di famiglia
Oggi La Trota, ristorante 1 stella Michelin e Tre Frochette Gambero Rosso, rappresenta un raro esempio di continuità familiare nella ristorazione: un percorso che ha superato due generazioni e vede già impegnata la terza, con i figli Amedeo e Michele pronti a portare avanti l’eredità di tecnica, passione e rispetto per il territorio. Il ristorante è conosciuto non solo per la qualità dei suoi piatti di acqua dolce, ma anche per la capacità di mantenere un legame autentico con la famiglia, rendendo ogni visita un’esperienza di calore, accoglienza e storia viva.

Sandro e Maurizio Serva con i figli Amedeo e Michele
In questa intervista esclusiva a Italia a Tavola, Sandro Serva racconta i ricordi della sua infanzia in cucina, il rapporto con il fratello e l’importanza di trasmettere la tradizione familiare alle nuove generazioni, senza mai rinunciare all’innovazione e al rinnovamento. «La famiglia Serva è tutta coinvolta in questo progetto, dai fondatori ai figli. Abbiamo avuto anche riconoscimenti importanti, esperienze internazionali, e tante cose ancora da raccontare. La nostra è una storia che continua».

Emilio e Rolanda Serva
Da Emilio e Rolanda a Sandro e Maurizio
Tornando indietro ai suoi primi anni: quali immagini legate alla cucina e alla famiglia le vengono in mente?
I ricordi di mio padre e mia madre, che hanno dato vita alla prima generazione. Penso ai pescatori che venivano lungo il canale del Santa Susanna e che hanno ispirato il nome del ristorante: pescavano lì e i miei genitori cucinavano le trote all’aperto. Così nacque “La Trota”. Negli anni ’60 i miei genitori hanno iniziato questa avventura. Quando siamo subentrati noi, ci sono stati anche conflitti, perché volevamo cambiare cucina e approccio, in un mondo che stava mutando. Ma sono ricordi tutti positivi, anche nelle critiche.

Sandro e Maurizio Serva
Cosa le ha lasciato crescere e lavorare a fianco di suo fratello Maurizio?
Ha inciso molto. Alla fine si può discutere, ma si trova sempre un punto per riconciliarsi. Ognuno può avere visioni diverse, ma l’importante è camminare tutti nella stessa direzione. Così i risultati arrivano. Vedere la crescita graduale ti dà energia. Poi, a una certa età, ti accorgi di quanto tempo hai tolto alla famiglia, ma anche di quanto ne è valsa la pena. Dovessi rinascere, rifarei questa vita. Ai giovani però dico che devono accettare critiche e mettersi sotto la lente di ingrandimento: solo vivendo questo lavoro si capisce davvero cosa c’è dietro.
Si affaccia anche la terza generazione: Amedeo e Michele
Cosa ha significato vedere Amedeo e Michele crescere dentro al ristorante e cosa vorrebbe che portassero con sé, anche se decidessero un giorno di cambiare strada?
Sono cresciuti qui. Se non ci fossero loro, questo ristorante probabilmente non avrebbe futuro, perché è difficile stare al passo con un treno che corre così veloce, tra tecnologia e nuove esigenze. Invece loro riescono a stare dentro questo ritmo e ci danno una grande carica. È una scelta di vita importante, e intorno alla ristorazione possono nascere altri progetti.
Cosa ha pensato quando si sono avvicinati al ristorante?
All’inizio ero scettico, poi ho capito che il mondo cambia: ben vengano nuove idee. Io posso comunicare con i miei coetanei, ma non con un trentenne che cerca esperienze diverse. In questo i ragazzi sanno esattamente cosa fare.

Amedeo e Michele Serva
Cosa pensa di chi preferirebbe che i propri figli non lavorassero nella ristorazione?
Queste cose funzionano quando la famiglia si unisce attorno a un progetto che piace, che ti impegna per tante ore, che richiede molte rinunce, ma che alla fine dà anche soddisfazione. Però, se pensate che solo il 3% delle attività familiari arriva alla terza generazione, noi siamo una di quelle rare realtà che fanno parte di quel 3%.
Hanno già avuto modo di vivere la tradizione familiare?
Certo. Da ragazzini venivano con noi, partecipavano agli eventi, ci seguivano nei viaggi di lavoro. Questo è stato un grande punto di forza: hanno conosciuto la nostra storia dall’interno e oggi possono ripartire da lì per costruire qualcosa di nuovo.
Quali sono le sfide principali per mantenere viva la tradizione senza che diventi un peso per le nuove generazioni?
La sfida è mantenere un po’ di tempo libero e serenità, e circondarsi di persone che ti sostengono. Oggi la difficoltà maggiore è gestire il personale, sempre più difficile da trovare, soprattutto in un piccolo paese come il nostro, dove le occasioni di svago sono poche. Per questo è fondamentale che la famiglia resti unita: è la vera forza.
Famiglia e territorio: il cuore dell’esperienza gastronomica
E i clienti come percepiscono questo passaggio generazionale?
Storicamente, molti clienti sono arrivati per noi. Oggi vedo che tornano anche per i nostri figli: comunicano con loro, partecipano agli eventi che organizzano, e così si sta formando un nuovo pubblico, con facce e stili diversi. Questo ricambio generazionale è fondamentale, e anche se a volte ti mette in discussione, è giusto che sia così.

La Trota: sala
Che ruolo hanno le storie di famiglia nell’esperienza del cliente?
Il cliente è sempre curioso e lo vive come un valore positivo. Trovare una famiglia in un ristorante trasmette calore: il nostro locale forse è più una casa che un ristorante. Accogliamo gli ospiti con un sorriso sincero e questo li fa sentire subito a casa. Quel calore si ritrova anche nei piatti.
Weekend e vita privata pesano più della passione
La carenza di personale è un tema sempre più attuale: lo avete notato anche voi?
Diciamo che, parlando in generale e non specificatamente del nostro ristorante, da tempo notiamo un calo. Frequentiamo le scuole per lezioni e incontri, ma vediamo sempre meno ragazzi interessati, anche nelle scuole alberghiere. Qui a Rieti c’è il Costaggini, una scuola molto importante, ma le iscrizioni calano. Lo stesso accade nelle altre scuole che visitiamo periodicamente: sempre meno stagisti, sempre meno personale che si avvicina a questo mestiere. C’è, insomma, un certo allontanamento dalla ristorazione. Fortunatamente, grazie ai contatti che anche i nostri figli hanno nelle scuole del centro Italia, riusciamo a gestire la situazione, ma il problema rimane.
Secondo lei questo calo è dovuto più ai salari o ai turni e agli orari di lavoro?
Non credo sia una questione di salari. Chi lavora bene nel nostro settore, chi si impegna, viene retribuito in maniera adeguata. Certo, è importante concedere spazio al riposo e una gestione equilibrata dei turni. Il punto è che oggi c’è quasi un rifiuto verso questo lavoro: solo chi ha davvero passione e voglia riesce ad andare oltre le difficoltà, guardando al domani e magari a un futuro imprenditoriale proprio. Chi invece guarda solo al salario, probabilmente non è pronto a sostenere le responsabilità che questo lavoro richiede.

Il personale di sala al lavoro a La Trota
Si tratta comunque di un lavoro che richiede molti sacrifici. Nota che il bilanciamento tra vita privata e professionale sia un tema sempre più sentito oggi?
Assolutamente sì. Il problema principale riguarda i fine settimana. Se chiudessimo il sabato e la domenica, probabilmente sarebbe più facile trovare personale. Ma il punto è proprio questo: oggi molti ragazzi vivono il weekend come il momento centrale della loro vita, e lavorare in quei giorni li allontana da questo settore. Negli ultimi 7-8 anni, e in particolare dopo il Covid, è diventato molto più difficile coinvolgere personale. Prima era relativamente semplice; negli ultimi 4-5 anni, invece, c’è un distacco evidente.
Che politiche adottate come azienda per fidelizzare il personale?
Cerchiamo di coinvolgerli sempre di più in tutte le fasi del lavoro, tenendoli aggiornati su ciò che accade. Abbiamo introdotto delle chiusure fisse (martedì, mercoledì e domenica sera) e lasciamo libertà di scegliere un giorno extra di riposo. Per le ferie cerchiamo di organizzarci a turni, in modo che tutti possano avere i loro periodi di pausa, anche se questo significa restare un po’ sotto organico per qualche settimana. Lavoriamo in un ambiente familiare, dove ci sono disciplina, rispetto, educazione e pulizia, ma senza rigidità opprimenti. Credo sia importante cambiare atteggiamento: nel nostro mestiere non esistono “star”, esiste il lavoro di squadra e il valore della famiglia.
Acqua dolce e tradizione: la cucina che distingue La Trota
Come si mantiene l’equilibrio tra innovazione e rispetto delle radici?
Si parte sempre dal prodotto, che per noi è il pesce di acqua dolce. È quello che ci ha caratterizzato e che ci ha permesso di raggiungere risultati importanti. Poi, su questa base, giochiamo, cambiamo, ascoltiamo le proposte dei ragazzi che hanno studiato e portano competenze nuove. Si parte dalla tradizione, ma l’innovazione è indispensabile.

La Trota: Trota fario e foie gras, salsa di pesche e puré di pastinache
Se dovesse racchiudere l’essenza della tradizione familiare de La Trota in una frase, quale sarebbe?
Rispetto e amore per questo lavoro, per il nostro lavoro.
La Trota, la rivoluzione d'acqua dolce del pesce
Il menu del ristorante dedica ampio spazio ai pesci d’acqua dolce, una scelta che riflette la storia e le caratteristiche del territorio, segnato da secoli dalla presenza di laghi, fiumi e sorgenti. Queste acque hanno rappresentato a lungo sia una risorsa sia un ostacolo per le comunità locali, ma il pescato è stato per generazioni una delle principali fonti di sostentamento. Riproporre oggi queste materie prime significa mantenere vivo un legame con i luoghi e con la tradizione, nel segno della sostenibilità ambientale, senza però rinunciare a reinterpretare in chiave moderna dei classici della cucina d'acqua dolce.
Trota, topinambur, more, porcini piuttosto che il Pesce gatto, mandorle e lamponi, sono solo due esempi, come il Persico, peperoni e nocciole, di come alla Trota si continuino a valorizzare materie prime locali senza però rinunciare alla creatitvità e alla sperimentazione, anche per rispondere all'evoluzione del gusto.
La Trota, una storia di famiglia
La storia de La Trota prende avvio tra l’acqua e il verde della sorgente di Santa Susanna, quando negli anni Sessanta Emilio e Rolanda Serva decisero di aprire un piccolo punto di ristoro in riva al fiume. Rolanda si occupava della cucina, preparando la pasta a mano nel caldaio sul camino, mentre Emilio cuoceva alla brace le trote e le carni del territorio.

La Trota si trova lungo il canale del Santa Susanna
Negli anni Ottanta, i figli Maurizio e Sandro, cresciuti tra i fornelli e formatisi sul campo, raccolgono l’eredità dei genitori e iniziano a sviluppare un percorso più strutturato, concentrandosi sui pesci d’acqua dolce come anguilla, trota, persico e carpa. È un lavoro che trasforma La Trota in un punto di riferimento per la cucina di lago in Italia, con una proposta che unisce tradizione e ricerca. Oggi, la terza generazione, rappresentata da Amedeo e Michele, porta freschezza e nuove idee, sia in cucina che in sala, mantenendo viva la continuità familiare. L’esperienza al ristorante resta improntata a un’accoglienza semplice e calda, dove la passione dei cuochi si riflette nell’energia di tutta la brigata e nella cura del servizio.
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Via S.Susanna, 33 Rivodutri (Ri)
Aperti a pranzo e cena dal giovedì al lunedì. Chiusura: martedì, mercoledì e domenica a cena