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Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Dalla farina 00 all’integrale, ogni tipologia cambia consistenza, gusto e struttura dei dolci. Con i consigli di Alessandro Bertuzzi (docente Cast) scopri come scegliere la farina giusta per impasti e lievitati e ottenere risultati perfetti in pasticceria. Conoscerne le proprietà permette di ottenere risultati tecnici e creativi ottimali

di Tommaso Gipponi
Redattore
04 settembre 2025 | 05:00
Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana
Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Dalla farina 00 all’integrale, ogni tipologia cambia consistenza, gusto e struttura dei dolci. Con i consigli di Alessandro Bertuzzi (docente Cast) scopri come scegliere la farina giusta per impasti e lievitati e ottenere risultati perfetti in pasticceria. Conoscerne le proprietà permette di ottenere risultati tecnici e creativi ottimali

di Tommaso Gipponi
Redattore
04 settembre 2025 | 05:00
 

In questa nuova rubrica di Italia a Tavola, “Scienza degli ingredienti”, andiamo ad analizzare i criteri per cui è meglio scegliere una farina piuttosto che un’altra, a seconda delle proprie preparazioni. Lo facciamo con la collaborazione di Cast Alimenti, scuola d’eccellenza di alta pasticceria, e col suo docente Alessandro Bertuzzi (Campione italiano di Pasticceria 2019).

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Per il pasticciere Alessandro Bertuzzi è fondamentale aver chiaro l'obiettivo del prodotto che si vuole creare

La farina è l’ingrediente che spesso si dà per scontato, ma che in realtà decide la riuscita di ogni dolce. Non è neutra, né solo “bianca”: dalla sua forza dipendono una frolla friabile, un pan di Spagna soffice o un panettone alto e ben sviluppato. Scegliere la farina giusta significa conoscere tecniche, tipologie e parametri che guidano l’arte della pasticceria.

Spesso percepita come un elemento “neutro”, in realtà rappresenta la base che definisce la struttura, la consistenza e il profilo sensoriale delle creazioni di pasticceria. Conoscere le diverse tipologie di farina ed avere la completa consapevolezza tecnica e saperle scegliere in base all’utilizzo tecnico è quindi fondamentale per ottenere risultati aderenti al progetto che ci si è prefissati. Ogni farina, infatti, ha caratteristiche specifiche legate al contenuto proteico alla forza, al grado di allontanamento delle fibre (crusca, o strato aleuronico) e alla cultivar del grano.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

La farina è la base che definisce la struttura, la consistenza e il profilo sensoriale delle creazioni di pasticceria

Una frolla friabile e croccante, un pan di Spagna soffice, una pasta sfoglia a più strati richiedono farine con diverse caratteristiche tecniche tra cui la prioritaria che viene espressa con la concentrazione di proteine, in grado di sostenere tecnicamente un determinato impasto a seconda delle sue peculiarità strutturali. Anche il mondo delle farine con contenuto di fibra, come le tipo 1-2-integrali, offrono nuove opportunità di creatività tecnica e rispondere alle esigenze di un pubblico sempre più attento a quello che sceglie per la propria nutrizione alimentare.

Saper scegliere la farina corretta non significa soltanto rispettare la ricetta, ma anche comprendere i principi tecnici che portano al compimento della ricetta stessa determinando le conseguenti strutture richieste come la friabilità e l’elasticità da questa conoscenza e consapevolezza tecnica prende forma la magia della pasticceria, dove scienza tecnica e arte si incontrano per dare vita a dolci capaci di emozionare.

La farina: caratteristiche, tipologie e ruolo nella pasticceria

La farina è uno degli ingredienti più importanti nella preparazione di dolci e prodotti da forno. Si ottiene dalla macinazione del grano tenero (Triticum aestivum), dopo un’accurata separazione delle impurità e delle sostanze estranee. Le caratteristiche tecniche di una farina non dipendono solo dalla varietà del grano, ma anche dal processo produttivo e dalla sua composizione chimico-fisica.

Dal chicco (cariosside) alla farina, il processo di produzione prevede diverse fasi fondamentali. Innanzitutto, i grani vengono sottoposti a un’attenta analisi per valutarne il contenuto proteico e l’umidità.  Successivamente si procede alla formulazione della miscela, selezionando e combinando diverse varietà di grano per ottenere le caratteristiche tecniche desiderate. Segue la pulizia e la separazione delle sostanze estranee, come pietre o residui di terriccio, per garantire un prodotto puro e sicuro.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Un moderno impianto di macinazione

La fase successiva è la macinazione, cioè la frantumazione dei chicchi primo step per l’ottenimento della farina. Infine, si procede all’aggiustamento dei parametri, tenendo conto del valore W (Work=Lavoro), indice della forza della farina, che ne determina la capacità di raggiungere determinati obbiettivi tecnici legati strutturazione degli impasti.

Tipologie di farina e grado di abburattamento

Le farine si distinguono anche in base al grado di abburattamento, detto anche grado di separazione o allontanamento della fibra in riferimento alla quantità di crusca e parti esterne del chicco che vengono allontanate in fase di macinazione:

  • Tipo 00 - farina bianca con contenuto di ceneri inferiore a 0,55%, priva di fibra neutra da un punto di vista gusto olfattivo
  • Tipo 0 - caratterizzata da impercettibili presenze di fibra
  • Tipo 1- dove la presenza di fibra inizia ad essere presente visivamente e da un punto gustativo e olfattivo
  • Tipo 2 - farine definite anche semi-integrali, con presenza di fibra molto marcata da un punto di vista visivo e da una forte connotazione gusto olfattiva
  • Integrale - ottenuta dalla macinazione dell’intero chicco, ricca di fibre privata del germe (piccolo serbatoio posizionato nella parte inferiore del chicco di grano, area dove sono contenuti i piccoli organuli che servono al grano per poter far germinare una nuova pianta, viene eliminato perché crea instabilità ossidativa.

Ogni Paese europeo ha una propria classificazione delle farine in base al contenuto di ceneri e all’estrazione, ma i principi rimangono simili.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Le farine a confronto

Quali sono le principali differenze tra le varie tipologie di farina (00, 0, 1,2, integrale) e come influiscono sulla preparazione dei dolci?

Il discorso della farina tipo 0, 00, 1, 2 e integrale è legato principalmente alla presenza o assenza di fibra. Per capire meglio, basta osservare il chicco di grano, o meglio la cariosside: nella parte finale troviamo il germe di grano, cioè la parte viva che, se germinasse, darebbe origine a una nuova pianta. Attorno a questa zona si trova la gemma di farina, che rappresenta la parte centrale utilizzata per la macinazione, mentre lo strato più esterno è costituito dalla crusca, ovvero i cosiddetti strati aleuronici.

Quando parliamo di farina 00, facciamo riferimento a una farina estremamente “abburattata” o setacciata, in cui la fibra praticamente non è presente perché allontanata in fase di “setacciatura”. Questo perché, durante la macinatura, il chicco di grano viene setacciato e la parte fibrosa esterna viene eliminata quasi del tutto: in questo caso si ottiene soltanto il 65-68% di resa del prodotto originario, scartando il resto. La farina che ne deriva è molto chiara, quasi candida.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Le farine di diversi tipi dipendono dalla presenza o assenza di fibra

Con la farina 0 il procedimento è identico ma i setacci utilizzati hanno maglie leggermente più larghe, permettendo così il passaggio di una piccolissima quantità di fibra. La differenza visiva tra le due farine è minima, ma osservando bene si nota che la farina 0 ha un colore un po’ meno brillante rispetto alla 00: se la si confronta con un foglio bianco, ad esempio, appare leggermente più cupa.

Quando invece arriviamo alla farina 1, entriamo in quello che mi piace definire il vero “giro di boa”. In questo caso i setacci lasciano passare una quantità decisamente maggiore di fibra, pari a circa il 30-35% del chicco. Qui la differenza diventa evidente, non solo dal punto di vista visivo - la farina si presenta con piccoli puntini giallognoli che non sono altro che frammenti di crusca - ma anche dal punto di vista del profumo, del sapore e persino del comportamento negli impasti.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Le farine integrali permettono preparazioni particolari

La farina tipo 2, nota anche come semi-integrale, rappresenta un ulteriore passo avanti verso l’integrale. In questo caso la percentuale di fibra che rimane all’interno della farina è molto più alta, compresa tra il 50 e il 60%. Questo rende la farina più scura e ricca di componenti fibrose, conferendole un aspetto più rustico e un gusto più deciso.

Infine, arriviamo alla farina integrale, che si distingue da tutte le altre perché contiene l’intero chicco di grano, senza alcuna separazione. In essa ritroviamo sia la gemma interna sia tutto il guscio esterno di crusca: per questo motivo è l’unica farina che conserva il 100% della fibra originaria e che restituisce integralmente tutte le caratteristiche naturali del grano.

La scelta di una farina piuttosto che un’altra come influisce sulla preparazione di un dolce?

Nella preparazione dei dolci partiamo dall’esterno, cioè dal profilo gusto-olfattivo. Io dico sempre questo: nelle farine dove è presente la fibra, da un punto di vista aromatico possiamo considerarla un vero e proprio booster aromatico. Che cosa significa? Se preparo un biscotto con una farina 00, oppure con una farina tipo 1, una tipo 2 o una integrale, mantenendo la stessa ricetta ma adattando leggermente i liquidi (perché la fibra richiede sempre un po’ più di idratazione), ciò che cambia non è solo la consistenza ma soprattutto la caratterizzazione gusto-olfattiva del prodotto. Un biscotto fatto con farina 00 avrà un bouquet aromatico più neutro, mentre aumentando la quantità di fibra nella farina, la componente aromatica cresce di intensità e complessità. La fibra, quindi, ha la capacità di dare maggiore ricchezza al profumo e al sapore, conferendo al prodotto una precisa connotazione aromatica e rendendolo distintivo. Se, ad esempio, ti bendassi e ti facessi assaggiare due pani identici nella ricetta ma diversi nella farina utilizzata, uno con farina bianca senza fibra e l’altro con farina integrale, non avresti dubbi nell’individuare quale dei due è quello integrale. Questo perché la fibra caratterizza in modo evidente il prodotto dal punto di vista gusto-olfattivo, diventando un elemento unico e inconfondibile.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Già a livello olfattivo, il pane può dire con che farina è stato preparato

Quanto è importante il grado di abburattamento e il contenuto delle ceneri nella scelta della farina per diverse ricette di pasticceria?

L’abburattamento è un termine tecnico utilizzato nel gergo della molitura e indica la setacciatura. In altre parole, dire “grado di abburattamento” equivale a dire “grado di setacciatura”. Il buratto è il setaccio che compone la colonna di setacciatura automatica presente nel mulino, una macchina chiamata Plain Seeker. Il Plain Seeker è una sorta di grande macchinario che alloggia pacchetti di setacci, i cosiddetti buratti, e serve proprio a separare le diverse parti del chicco. Una farina integrale è dunque quasi priva di abburattamento, mentre una farina 00 ha un grado di abburattamento altissimo, perché viene sottoposta a una setacciatura molto spinta che elimina quasi completamente la fibra e quindi la crusca esterna. Poi bisogna descrivere le ceneri. Una farina integrale ha un altissimo contenuto di ceneri, mentre una farina 00 ne contiene pochissime, praticamente pari allo zero. Ma perché si chiamano così? È semplice: durante l’analisi delle ceneri, si prendono campioni di farina appena macinata e si inseriscono in una muffola, cioè un forno speciale che porta il campione a circa 1000 gradi. Dopo questo trattamento termico, ciò che rimane è un residuo chiamato appunto ceneri, costituito dai sali minerali presenti nella farina. Il motivo è che il chicco di grano, durante la sua crescita, viene irrorato dall’acqua che la pianta estrae dal terreno attraverso la spiga.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Scegliere il tipo di farina per quello che si deve realizzare è fondamentale

La crusca funziona come un filtro: l’acqua che attraversa le sue fibre incrociate deposita al loro interno piccole particelle rocciose, cioè sali minerali disciolti. Per questo, nelle farine con più fibra, come le integrali, troviamo più ceneri. Al contrario, nelle farine altamente abburattate raffinate come la 00, prive di crusca, questo residuo praticamente non esiste. Le ceneri non servono a decidere una ricetta, ma indicano la natura della farina. Ad esempio, con una farina 100% integrale non riesco a sviluppare un cornetto perché l’elevata quantità di fibra impedisce la formazione di una maglia glutinica continua e resistente. Per questo motivo, una farina integrale pura va spesso miscelata con una farina forte - da brioche o da panettone - per equilibrare la concentrazione proteica per poter ottenere il corretto sviluppo. In questo senso, sì, la farina e quindi anche il contenuto di ceneri caratterizzano il risultato finale.

Il ruolo delle proteine e del glutine

La farina di frumento contiene 4 famiglie diverse di proteine, ma le più importanti e rappresentative per la pratica lavorativa sono due: gliadina e glutenina.

  • La gliadina è responsabile dell’estensibilità dell’impasto.
  • La glutenina conferisce invece rigidità ed elasticità e la capacità di spinta verso l’alto di un prodotto.

In presenza di acqua ed energia meccanica (in fase di impastamento), queste proteine formano il reticolo glutinico, una struttura elastica e resistente che permette agli impasti di trattenere i gas prodotti dalla lievitazione. Le caratteristiche principali che ne derivano sono plasticità, estensibilità ed elasticità, fondamentali per la riuscita di dolci lievitati come panettoni, brioche e lievitati in genere.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Plasticità, estensibilità ed elasticità, fondamentali per la riuscita di dolci lievitati come le brioches

In che modo le proteine della farina gliadina e glutenina influenzano struttura e lievitazione degli impasti dolci?

Nella farina sono presenti quattro famiglie di proteine principali. Quelle che rivestono un ruolo fondamentale per la lavorazione dei prodotti da pasticceria e, in generale, dell’arte bianca, sono due: la gliadina e la glutenina.

Nel suo stato secco, la farina contiene gliadina e glutenina separate. Ma quando viene impastata con acqua, queste proteine si aggregano progressivamente fino a formare il cosiddetto complesso glutinico, noto anche come maglia glutinica o reticolo glutinico.

La gliadina è la proteina responsabile dell’estensibilità, mentre la glutenina fornisce la forza e la spinta verso l’alto dei prodotti, sostenendo l’azione della gliadina. In ogni farina le due proteine coesistono sempre: quando entrano in contatto con acqua e movimento meccanico, si uniscono grazie a legami chiamati ponti di-solfuro, dando origine alla maglia glutinica. Il processo è semplice: farina + acqua + movimento meccanico generano il reticolo glutinico. Questo meccanismo è fondamentale perché determina la struttura dei prodotti da forno.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Gliadina e glutenina sono respondabili di estensibilità ed elasticità di un impasto

Prendiamo un esempio pratico: se preparo un panino o una brioche, devo garantire che le caratteristiche reologiche della gliadina e della glutenina siano preservate. Se l’impasto supera i 25-26 gradi e arriva a 28-29 gradi, durante la lievitazione tenderà a restare più piatto, senza la tipica forma gonfia e sviluppata. Questo accade perché l’eccessivo calore compromette le proteine glutiniche, in particolare la glutenina, riducendo la capacità di spinta verso l’alto.

La combinazione di gliadina e glutenina è dunque responsabile dell’ossatura dei prodotti: dai biscotti ai pan di Spagna, fino ai lievitati da colazione e ai grandi lievitati da ricorrenza. Senza l’azione sinergica di queste proteine, non sarebbe possibile ottenere la struttura, l’alveolatura e la consistenza tipiche delle preparazioni dell’arte bianca.

L’importanza dell’amido

L’amido rappresenta una delle componenti principali della farina. È formato da due catene di glucosio di differente struttura: amilosio e amilopectina.

Che ruolo hanno amido e glucosio quindi nella preparazione di un dolce?

Nella farina non c’è glucosio libero, ma il glucosio è il monomero che compone le catene di amido presenti al suo interno. L’amido ha una funzione principale: assorbire l’acqua utilizzata negli impasti. In pratica trattiene l’acqua, la mantiene idratata attorno al reticolo glutinico e funge da mediatore nella sua costituzione. Durante i corsi dico sempre che l’amido funziona come una vera e propria “calamita dell’acqua”, mantenendola intorno alle fibre del glutine e stimolandone così la strutturazione.

L’amido contenuto nella farina è formato da due componenti: amilosio e amilopectina. L’amilosio è una catena lineare di unità di glucosio, mentre l’amilopectina è una catena ramificata, a forma di chiocciola, la cui funzione principale è trattenere l’acqua. In fase di cottura, l’amilopectina gelifica e trattiene l’acqua all’interno dell’impasto, ad esempio nel pane. L’amilosio, invece, essendo lineare, durante la cottura è la parte che tende a imbrunire.

L’amilosio, sottoposto a trattamento termico, dà origine a due reazioni chimiche organiche fondamentali: la reazione di Maillard, che determina il cambiamento di colore visibile in superficie, e la reazione di Strecker, che produce lo sviluppo degli aromi. Quando si parla di Maillard, spesso ci si dimentica della Strecker: in realtà, entrambe sono reazioni di degradazione termica delle catene contenenti zuccheri, in questo caso il glucosio che costituisce l’amilosio. La Maillard porta la doratura, la Strecker porta il profumo e la caratterizzazione aromatica.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

La reazione di Maillard determina il cambiamento di colore visibile in superficie

Ecco perché il pane inizia a sviluppare il suo tipico odore proprio in forno, nel momento in cui la temperatura del forno è in equilibrio con la temperatura della crosta. Da quel punto in avanti, la superficie comincia a dorarsi, a imbrunire, e le catene di amilosio iniziano a degradarsi termicamente. Nel pane questo processo è molto evidente, perché gli ingredienti sono pochi: acqua, lievito e farina. Diverso è il caso di prodotti come la brioche, dove l’imbrunimento è favorito anche da altri ingredienti, come zucchero, miele e tuorli. Ma proprio il pane ci fa capire chiaramente che è l’amilosio il principale responsabile del fenomeno di imbrunimento.

Strumenti di analisi: alveogramma e farinogramma

Per valutare le caratteristiche tecniche-reologiche di base di una farina si utilizzano strumenti come l’alveografo e il farinografo di Brabender.

  • L’alveogramma misura tre parametri:
    • W (forza complessiva della farina),
    • P (tenacità o rigidità),
    • L (estensibilità).
      Il rapporto P/L indica se l’impasto svilupperà meglio in altezza o in larghezza.

P/L: 0,30/0,40>>Farine estensibili con forte tendenza a sviluppare in orizzontale adatte a produrre per esempio prodotti come pizze in teglia o paste sfogliate che necessitano di farine che non spingano verso l’alto ma che lavorino in estensione orizzontale

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Valutazione dei diversi tipi di impasto

P/L: 0.50/0,55>>Farina con tendenza in estensibilità e spinta verso l’alto molto equilibrata in questo caso la farina spiunge in estensibilità tanto quanto in sviluppo verso l’alto

P/L: 0,60/0,65>>Farine con forte tendenza alla spinta verso l’alto, adatte alla produzione di lievitati cda prima colazione Panettoni Colombe e Pandori

  • Il farinogramma, invece, rappresenta la resistenza della pasta durante l’impastamento, mostrando l’assorbimento dell’acqua, la stabilità e il grado di rammollimento.

Assorbimento dell’acqua e uso nella pasticceria

Uno degli aspetti chiave è la percentuale di acqua che la farina può assorbire:

  • 48-51% per farine destinate a biscotti;
  • 51-56% per cake e piccoli lievitati;
  • 53-57% per sfoglie e impasti lievitati;
  • oltre il 58% per grandi lievitati da ricorrenza come panettoni e colombe.

Conoscere questo valore permette al pasticcere di bilanciare al meglio la ricetta, ottenendo impasti morbidi, ben idratati e facili da lavorare.

Cosa esprime un alveogramma e come questa analisi aiuta nella scelta della farina per le diverse categorie di prodotto?

L’alveogramma è il sistema che permette di definire la forza di una farina, cioè la sua capacità di svolgere determinati compiti all’interno di una ricetta. L’alveogramma di Chopin misura il valore W, che deriva dall’inglese works e indica proprio il “lavoro” che quella farina è in grado di fare.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

La forza della farina

Ad esempio, una farina con W 120-140 è considerata debole, con un contenuto proteico attorno al 6-7,5%. È ideale per impasti friabili e croccanti, sia dolci che salati. Al contrario, una farina con W 360-380 è una farina forte, con un’alta concentrazione proteica che può arrivare fino al 15,5-16%. Questa tipologia viene utilizzata per impasti complessi e di grande struttura, come il panettone.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Estrazione e fibre in sostanza

Accanto al valore W, l’analisi alveografica fornisce un altro parametro fondamentale: il P/L, ovvero il rapporto tra gliadina e glutenina. Questo indice aiuta a comprendere non solo la forza della farina, ma anche il suo comportamento in fase di lievitazione e cottura.

Un P/L 0,30-0,40 indica una farina che tende ad allargarsi più che a spingere verso l’alto: è il caso delle farine utilizzate in pizzeria, ad esempio per le pizze in teglia, dove la gliadina prevale sulla glutenina. Con un P/L 0,50-0,55 la farina presenta un equilibrio tra gliadina e glutenina: è estensibile in orizzontale ma anche capace di svilupparsi verso l’alto. Infine, un P/L 0,60-0,70 corrisponde a una farina con forte presenza di glutenina, che ha quindi una maggiore tendenza a spingere in verticale.

Le farine destinate ai grandi lievitati da ricorrenza - come panettone, pandoro o la classica bolognese - appartengono a quest’ultima categoria, con valori di P/L compresi tra 0,60 e 0,70. Sono proprio queste caratteristiche a permettere ai prodotti di esprimere la tipica “esplosione” verso l’alto, fondamentale per la loro struttura e riconoscibilità.

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Alveografo di Chopin: forza W e compiti

Invece il farinografo quali funzioni assolve?

Il Farinografo di Brabender è un’analisi utilizzata per valutare la capacità di assorbimento di una determinata farina. Il test si esegue preparando un impasto con la stessa quantità di acqua e di farina per tutti i campioni da analizzare. L’impasto viene lavorato fino a raggiungere il massimo livello di assorbimento possibile: il risultato viene espresso in Unità di Brabender Assorbite (UBA).

In pratica, questo metodo consente di determinare quanta acqua può assorbire un chilo di farina. Nelle schede tecniche fornite ai professionisti compare di solito una “A” maiuscola, accompagnata da una percentuale di assorbimento. Tale valore può essere espresso con un segno maggiore o minore, a seconda della tipologia di farina.

Ad esempio, una farina molto forte, con W 360-380, presenta un assorbimento superiore al 65%. Al contrario, una farina per biscotti, caratterizzata da un contenuto proteico ridotto, assorbe in media intorno al 50-53%.

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Estensogogramma di farine diverse

Il grado di assorbimento dell’acqua è fondamentale perché determina non solo la morbidezza del prodotto finale, ma anche la tipologia di ricetta per cui la farina è adatta. Una farina frolla, povera di proteine, si idrata fino al 50-52% ed è ideale per realizzare prodotti croccanti e friabili, dolci e salati, come i classici torcetti piemontesi. Al contrario, una farina destinata a una focaccia iperidratata deve avere un alto contenuto proteico per poter assorbire grandi quantità di acqua e garantire così una struttura più soffice ed elastica.

Quali sono le differenze pratiche tra usare una farina fresca e una stagionata?

Se i mulini lavorano correttamente - e oggi posso dire che tutti i mulini professionali lo fanno - una farina fresca non viene mai immessa sul mercato senza un corretto trattamento. Tutto ciò che esce dal mulino è una farina che ha già completato la sua stagionatura tecnica.

La stagionatura ha la funzione di livellare e gestire le cariche enzimatiche della farina. Viene effettuata in due fasi: la prima parte avviene nei silos a temperatura controllata, mentre la seconda parte si svolge quando la farina è già confezionata nei sacchi, sempre a temperatura controllata. Questo processo garantisce una costante stabilità reologica della farina stessa.

Stagionatura e conservazione

La farina non viene commercializzata subito dopo la macinazione, ma stagionata per un periodo variabile (dai 15 ai 40 giorni) a seconda della temperatura di stoccaggio, per stabilizzare le sue caratteristiche reologiche. La conservazione richiede ambienti freschi e asciutti per evitare umidità, muffe e infestazioni di insetti, che compromettono la qualità del prodotto.

Conservazione e umidità della farina quanto incidono sulla qualità degli impasti e sui prodotti?

Se si conserva una farina non correttamente, possono verificarsi problemi significativi nella lavorazione. Ad esempio: se la farina viene conservata a temperature troppo basse a causa dello shock termico verso il basso, la farina “cambia” la sua capacità “strutturante”: se originariamente ha una capacità strutturante pari a 100, abbassando la temperatura può diventare addirittura 150, fenomeno noto come farina rigida.

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La farina non viene commercializzata subito dopo la macinazione

Al contrario, se la farina viene esposta a temperature troppo alte, si rischia di perdere forza, compromettendo la sua funzionalità in impasto. Per questo motivo, la farina deve essere conservata idealmente tra i 18 e i 20 gradi, con un’umidità relativa intorno al 55-60%, per mantenere le sue caratteristiche ottimali.

Che consigli daresti a un pasticcere per scegliere la farina più adatta e ottenere il dolce ottimale?

Il primo consiglio è questo: definire l’obiettivo del prodotto che voglio realizzare. In secondo luogo, devo valutare se lo preparo con o senza ausilio dei macchinari. Terzo, considerare il percorso di conservazione del prodotto. Infine, scegliere la farina in base alla sua scheda tecnica, affinché soddisfi tutti i requisiti necessari per il progetto.

Come scegliere la farina giusta per impasti e dolci: trucchi e segreti della pasticceria italiana

Le regole d'oro per scegliere la farina

Facendo un esempio: se preparo delle peschine, passate nell’Alchermes con crema e zucchero, e le realizzo a livello manuale, quindi in maniera artigianale, è sufficiente usare una farina frolla.

Ma se la stessa ricetta di frolla viene meccanizzata, la pasta deve attraversare degli organi meccanici. In questo caso, la forza della farina (W) potrebbe non essere più sufficiente. Infatti, stressata dai macchinari, l’impasto rischia di sbriciolarsi durante la cottura.

Per questo motivo è fondamentale avere ben chiaro il progetto del prodotto e valutare se sarà meccanizzato o meno, se dovrà subire determinati tipi di lavorazioni, e scegliere di conseguenza la tipologia di farina che sia in grado di assolvere questi compiti.

Il germe di grano e il valore nutrizionale

Il germe di grano è la parte più ricca dal punto di vista nutrizionale, contenendo vitamine del gruppo B, vitamina E, minerali come ferro, zinco e magnesio, oltre a proteine e fibre. Ad esempio, per 100 g di germe di grano si hanno circa 358 kcal, con 27,5 g di proteine e 46,6 g di carboidrati.

Perché conoscere la farina è fondamentale in pasticceria?

La pasticceria è l’incontro tra scienza e sensibilità creativa, e la farina ne è il fondamento. Conoscere differenze, parametri e potenzialità di ogni tipologia permette di trasformare un impasto in un grande dolce. È questa la sfida e la magia che Alessandro Bertuzzi porterà avanti nella nuova rubrica di Italia a Tavola, “Scienza degli ingredienti”, per accompagnare i professionisti e gli appassionati alla scoperta del lato più tecnico ma affascinante dell’arte bianca.

Alessandro Bertuzzi: maestro di pasticceria e specialista dei lievitati

Alessandro Bertuzzi è docente e consulente di pasticceria, Campione Italiano di Pasticceria 2019, con esperienza in Italia e all’estero. Tiene corsi sulle proprietà e caratteristiche degli ingredienti, sulle tecniche di lavorazione dei prodotti di pasticceria, panificazione e grandi lievitati, con particolare attenzione all’uso del lievito naturale. Grazie alle esperienze professionali con i migliori Maestri e agli studi in Scienza e Tecnologia Alimentare, possiede una profonda conoscenza delle proprietà chimico-fisiche dei prodotti, utilizzandole in laboratorio per ottimizzare le preparazioni.

È spesso responsabile di Ricerca & Sviluppo, creando nuovi prodotti e migliorandone le performance estetiche e gustative. Attualmente è anche docente a Cast Alimenti Collabora come autore con RCS Educational e ha ricevuto il Premio Miglior Autore al World Pastry Stars 2022 per il libro La Pasticceria Circolare - Le Monoporzioni Lievitate. La sua passione per il lievito madre, lo zucchero artistico, la gentilezza e la disponibilità lo distinguono nel lavoro e nella vita.

È stato il primo lievitista Italiano ad aver concepito e Progettato un Grande Lievitato proteico, il Primo panettone proteico italiano concepito con l’utilizzo delle proteine isolate di pisello giallo, Firmato Oro Proteico. È stato anche il primo italiano ad aver utilizzato la tecnica del cremino al cioccolato da inserire all’interno del Panettone.

 

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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