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Giancotti, patron del Veritas: Prepariamoci a quando riapriremo

Mentre i ristoranti sono chiusi per l’epidemia, i gestori possono comunque impiegare il tempo per riorganizzare i protocolli operativi. È il consiglio del titolare dello stellato “Veritas” di Napoli.

di Vincenzo D’Antonio
 
21 marzo 2020 | 09:02

Giancotti, patron del Veritas: Prepariamoci a quando riapriremo

Mentre i ristoranti sono chiusi per l’epidemia, i gestori possono comunque impiegare il tempo per riorganizzare i protocolli operativi. È il consiglio del titolare dello stellato “Veritas” di Napoli.

di Vincenzo D’Antonio
21 marzo 2020 | 09:02
 

Prosegue la rubrica “Caro amico ti chatto”, che come abbiamo già avuto modo di spiegare trae spunto dall’incipit de L’anno che verrà di Lucio Dalla (“Caro amico ti scrivo”). Questa volta la chiacchierata via chat è stata con Stefano Giancotti, medico dentista ed anche patron del Veritas (www.veritasrestaurant.it), ristorante stellato di Napoli, il cui chef è Gianluca D’Agostino. Stefano è stato sedotto (e non ancora abbandonato) dalla ristorazione. Ha concepito il Veritas nel lontano 2007 e il suo più grande orgoglio è quello di aver formato una “squadra fantastica” con la quale ha meritatamente conquistato la stella Michelin. Le sue passioni: il fine dining e i grandi vini di Borgogna.

Stefano Giancotti, patron del Veritas: Prepariamoci a quando riapriremo

Stefano Giancotti

V. Ciao, caro Stefano. Tu sei tra i pochi, nella tua qualità di medico, a potere, anzi dovere, uscire da casa. Qual è la sensazione che hai della città di Napoli in queste settimane?
S. Di una città che faticosamente si sta fermando. Il senso civico sta prendendo il sopravvento, anche a dimostrazione che le direttive, anche quelle più dure, se hanno un buon senso, vengono recepite anche dai più recalcitranti.

V. Insomma, che la regola ancor prima di applicarla si tratta di interpretarla, è comportamento non smarrito ma, mi pare di capire, questa volta l’interpretazione è corretta, efficace e virtuosa. Ho detto bene?
S. Perfetto.

V. Stefano, tu sei il patron di uno dei quattro ristoranti stellati di Napoli città. Come stai vivendo questo periodo di chiusura forzata di cui è noto l’inizio ma non la fine?
S. Noi avevamo deciso di chiudere comunque, anche se non ci fosse stato il decreto governativo. Ci sembrava l’unica maniera di contribuire alla lotta contro il Covid-19. Ora stiamo cercando di impiegare il nostro tanto tempo libero nella maniera più proficua. Stiamo studiando, riorganizzando i nostri protocolli operativi, analizzando i dati gestionali degli ultimi anni, provando nuovi piatti, pensando a nuove forme di marketing. Insomma cerchiamo di essere positivi e costruire anche in un momento molto difficile come questo. Noi ristoratori siamo abituati alle difficoltà, ma questa va al di là dell’immaginabile.

V. Insomma, elogio delle attività di back office. Che belle notizie che provengono da te, spero che molti tuoi colleghi stiano avendo comportamento simile al tuo ma, mi cruccia il dirlo, temo che così non sia.
S. In moltissimi certamente sì, caro Vincenzo, dai retta a me; ed aggiungo che noi stiamo iniziando ad usare i sistemi per conference in streaming, per mantenere un contatto anche visivo tra di noi. I ragazzi si sentono più rassicurati in tal modo.

V. Vedi, la famosa tecnologia abilitante, così snobbata da tanti! Secondo te, a riapertura avvenuta, i mutamenti saranno accaduti in prevalenza in cucina oppure in sala?
S. Secondo me in sala. Sarà ancora più importante conquistare l’ospite per farlo tornare.

V. Secondo te, le nuove regole di prossemica, anche una volta cessato l’obbligo, diverranno abitudine? La smetteremo di stare uno addosso all’altro a dispetto di igiene, privacy, comfort, efficacia di servizio?
S. Stiamo rivedendo anche i protocolli di accoglienza. Rispetto alle regole di prossemica secondo me tutto dipenderà dal perdurare di questa situazione e dai segni più o meno indelebili che lascerà. Noi pensiamo di ridurre ancora i posti per aumentare gli spazi tra i tavoli, ma lo potremo fare fino ad un certo punto. Siamo un ristorante di città e si sa che in tal caso gli spazi sono di solito più contenuti rispetto ad una magione di campagna, per esempio.

V. Ecco, e già definirli “protocolli”, ovvero standard resi noti ed attuabili, è fatto meritorio, caro Stefano. Mi fai share della tua clientela tra italiani e stranieri?
S. Certo, abbiamo ormai un pubblico composto al 60% da turisti e il 40% sono indigeni.

V. Sai darmi share anche delle generazioni tra i tuoi clienti? Baby boomers, Gen. X, Millennials, Gen. Z.
S. Baby boomers 30%; Gen. X 40%; Millennials 25%. Il resto ragazzi con i genitori. Questa sarà la nostra sfida più grande nel prossimo futuro: avvicinare un pubblico più giovane magari usando degli incentivi per conquistarli.

V. Calibrando un diverso approccio sia in termini di relazioni, e penso ad un utilizzo accorto e sapiente dei social media, sia in termini di offering. Ma qui apriremmo discorso altro, caro Stefano.
S. Certo, dobbiamo anche invertire, ad invarianza se non addirittura ad incremento dei numeri assoluti, le percentuali tra indigeni e turisti. Ci sarà tanto lavoro da fare.

V. In questo tuo essere medico e patron di ristorante stellato, sai individuare la più probabile delle date di riapertura dei ristoranti a Napoli?
S. Sarei contento di riaprire a metà maggio.

V. È quasi ora di pranzo, mi dici in cosa consiste il tuo pranzo oggi, caro Stefano?
S. Cavolo al forno e scarole con olive e pinoli. Pranzo vegetariano e light. Ci dobbiamo mantenere in forma!

V. Caro Stefano, ci si vede a metà maggio. Entro 4 giorni dalla riapertura, prenoto e sarò da te. È una minaccia, non una promessa. Scusa, volevo dire il contrario: è una promessa, non una minaccia!
S. Ti aspetto con grande piacere.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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