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Covid e turismo: il congressuale a picco

29 marzo 2021 | 08:54
 

Covid e turismo: il congressuale a picco

29 marzo 2021 | 08:54
 

Se il turismo è uno dei settori più massacrati dagli effetti della pandemia, quello congressuale e degli eventi ha ricevuto senza dubbio il colpo più forte. Se durante la scorsa estate le spiagge si sono comunque riempite e anche il settore montagna ha avuto le sue relative soddisfazioni, per la Meeting Industry c'è stato un lockdown quasi ininterrotto.

A fare i conti è l'Osservatorio Italiano dei Congressi e degli Eventi-Oice (promosso da Federcongressi&Eventi e realizzato da Aseri-Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell'Università Cattolica) secondo cui nel 2020 le location per eventi hanno accusato un calo di fatturato del 79%. Il dato posiziona quindi i centri congressi, le sedi fieristico congressuali, gli alberghi, le dimore storiche e le altre tipologie di sedi per eventi come le imprese più danneggiate tra quelle della filiera turistica.

Il Covid ha massacrato la Meeting Industry Covid e turismo: il congressuale a picco

Il Covid ha massacrato la Meeting Industry


In base alle rilevazioni Istat, la riduzione del fatturato rispetto al 2019 si è assestata al -37,2% per i servizi di ristorazione, al -54,9% per i servizi di alloggio, al -60,5% per il trasporto aereo e al -76,3% per le attività delle agenzie di viaggio e dei tour operator.

Nel 2020 si sono svolti 69.880 eventi in presenza, con un drammatico -83,8% rispetto al 2019. Negativi anche il numero delle presenze e delle giornate di attività delle sedi. Le presenze sono state 5.847.330 (-86,5%) e le giornate di attività al netto di allestimenti e disallestimenti 95.020 (-84,5%), pari a 24,8 giorni medi netti di durata degli eventi per sede attiva.
Quasi il 30% delle sedi non ha ospitato alcun evento.

Lo stato di crisi ha coinvolto in maniera omogenea tutte le tipologie di sedi e tutte le aree geografiche del Paese con un picco del 90,5% di decremento di eventi ospitati nelle Isole.

Molti si sono attrezzati per ospitare eventi ibridi, e cioè manifestazioni che prevedono un ristretto numero di persone fisicamente nella struttura e un'audience collegata da remoto.

Una scelta obbligata che, però, non risolve il problema e penalizza fortemente gli altri attori della filiera della Meeting Industry (alberghi, catering, allestitori, trasporti…).

Il 42% delle sedi ha realizzato uno o più eventi ibridi: le location che hanno ospitato il maggior numero di questa tipologia di eventi (il 67%) sono state i centri congressi e le sedi fieristico congressuali. Rapportando all'intero universo i dati raccolti si può ipotizzare che lo scorso anno si siano svolti circa 4.900 eventi ibridi, pari al 6,6% del totale dei 74.780 eventi in presenza e ibridi.

La cosa è ancora più preoccupante se si considera che le prospettive dei tempi di riapertura non sono per niente rosee: il campione delle sedi contattato tra dicembre 2020 e gennaio 2021 prevedeva per ben il 67% di poter tornare a ospitare congressi ed eventi entro il primo semestre del 2021. Di queste, il 17,8% contava di riaprire già nel primo trimestre. Per quanto riguarda invece le ipotesi di un ritorno ai livelli di eventi ospitati nel periodo pre-Covid-19, la maggior parte, il 63,8%, stimava un lasso di tempo pari a 1-2 anni e il 26,8% di 3-4 anni.

"Dopo oltre un anno di chiusura e ristori inadeguati - sottolinea Alessandra Albarelli, Presidente di Federcongressi&eventi - è della massima urgenza che il governo definisca i criteri per gli interventi sino ad ora previsti, un fondo dedicato per il settore per il 2021 e la pianificazione urgente della ripresa per un settore che genera un indotto fondamentale per i territori".

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