Con un calo record degli alveari e produzioni in forte diminuzione, l’Umbria lancia un segnale d’allarme e invita a rivedere il modello attuale per salvaguardare uno dei suoi prodotti agroalimentari più rappresentativi: il miele. È il quadro emerso alla 27esima edizione di Mielinumbria, che per alcuni giorni ha trasformato Foligno (Pg) in un punto di osservazione privilegiato sulle difficoltà che stanno investendo l’apicoltura italiana. Secondo i dati diffusi da Naturalmiele durante la manifestazione, nel 2024 la regione ha perso il 9% degli alveari, a fronte di una media nazionale dell’1,5%.

Miele, l’Umbria suona il campanello d’allarme: alveari in calo
Un dato aggravato dal paradosso dell’aumento degli apicoltori (+3%), segno che le nuove adesioni non compensano le perdite sempre più pesanti dovute a crisi climatica, parassiti e impoverimento del paesaggio agricolo. Al centro del dibattito, l’undicesimo Forum degli apicoltori del Mediterraneo, promosso dal Comune di Foligno, da FedApimed, Apau (Associazione produttori apistici umbri) e Felcos Umbria, in collaborazione con Naturalmiele e con il patrocinio della Regione Umbria: una due giorni che ha riunito esperti, produttori e delegazioni di dieci Paesi del bacino mediterraneo per elaborare strategie comuni di adattamento.
Il Forum ha tracciato una direzione chiara: ripensare le colture, sostenere gli apicoltori, fare rete a livello mediterraneo e costruire nuove forme di turismo rurale legate alla salvaguardia della biodiversità. L’Umbria, un tempo terra di transumanza e produzione apistica d’eccellenza, si candida così a diventare un laboratorio nazionale di resilienza climatica e agricola, capace di trasformare una crisi in un’opportunità.
Di Claudio Zeni