La Procura di Pistoia ha acceso i riflettori su quello che considera un vasto sistema di gestione irregolare del lavoro nella grande distribuzione, reparti macelleria e ristorazione. Al centro dell’indagine, il 51enne Alessandro Vezzani, grossista di carni di Campi Bisenzio, finito agli arresti domiciliari da alcune settimane. Tra i 14 indagati figura anche la moglie di Vezzani, 49 anni, destinataria dell’obbligo di dimora. Entrambi sono difesi dagli avvocati Francesco Maresca e Massimo Campolmi, che precisano: «L’imputazione risulta complessa e molto articolata e per questo motivo i sottoscritti difensori stanno valutando ogni iniziativa in favore degli assistiti».

Il “Carnam” di Campi Bisenzio fa parte della galassia di attività di Alessandro Vezzani
Le società coinvolte
Nella galassia di Vezzani , secondo quanto riporta La Nazione, risultano 17 società, alcune attive anche nella ristorazione. Tra queste, il “Carnam” di Campi Bisenzio, definito un “ciccia club” e seguito in passato come consulente dal noto chef Simone Rugiati (estraneo all’inchiesta), e il “Borderline” con sedi a Firenze e Campi Bisenzio.
Il “Borderline” prosegue l’attività grazie alla curatela nominata dal gip di Pistoia, Luca Gaspari, dopo il sequestro preventivo disposto nell’estate 2024.
Modalità illecite di gestione del personale
Secondo gli investigatori del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Pistoia, le imprese avrebbero fatto ricorso a cooperative fittizie per “affittare” manodopera, senza le necessarie autorizzazioni ministeriali, aggirando le norme su orari, retribuzioni e contributi previdenziali. Nella pratica, i lavoratori risultavano formalmente come collaboratori esterni, ma erano impiegati come dipendenti a tutti gli effetti, con diritti ridotti, straordinari non pagati, ferie negate e senza scatti di anzianità. In alcuni casi, le stesse aziende avrebbero assunto direttamente una parte dei 103 lavoratori coinvolti, applicando comunque condizioni contrattuali e retributive considerate lesive.
Il fronte economico: fatture e sequestri
Tra il 2019 e il 2023 le società avrebbero emesso e ricevuto fatture per oltre 10 milioni di euro, con una presunta evasione Iva stimata in 2 milioni. Il sequestro preventivo disposto dalla Guardia di Finanza ha riguardato non solo le somme depositate sui conti correnti, ma anche beni aziendali e quote societarie di tutte le 17 imprese coinvolte, comprese le attività di ristorazione tra Firenze, Campi Bisenzio e Vada.
Vantaggio competitivo e misure cautelari
Il presunto sistema illecito avrebbe consentito alle aziende un vantaggio competitivo sleale rispetto ai concorrenti regolari: abbattimento dei costi previdenziali, detrazioni indebite dell’Iva e risparmio sul costo del lavoro. Il gip, accogliendo la ricostruzione della Procura, ha disposto le misure cautelari e i sequestri, sottolineando la gravità e l’estensione delle condotte contestate.