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La ristorazione ai tempi dei big data

di Vincenzo D’Antonio
 
25 gennaio 2019 | 16:28

La ristorazione ai tempi dei big data

di Vincenzo D’Antonio
25 gennaio 2019 | 16:28
 

Scorgere e divulgare trend, in ogni settore, è cosa, come dire, buona e giusta. Ma erroneo sarebbe ritenere che fare ciò sia novità dell’oggi. È un dogma che è sempre esistito, forse oggi se ne parla di più.

Ed a tale proposito ci sovviene, di struggente dolcezza la reminiscenza liceale, l’evergreen di un gigante: “Dialoghi di un venditore di almanacchi e di un passeggere”. Il gigante è Giacomo Leopardi, questo suo scritto risale al 1832.
Qui l’incipit:
Venditore: «Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?».
Passeggere: «Almanacchi per l'anno nuovo?».
Venditore: «Sì signore».

(La ristorazione ai tempi dei big data)

Ecco, indegnamente provando a salire sulle spalle del gigante, onde poter guardare lontano, qui di seguito si immagina, all’alba dell’anno 2019, un dialogo tra un venditore di deliziose esperienze cognitive ed emozionali, quale attualmente un ristoratore di qualità è, con un passeggere che di questa suddetta esperienza anela ad esserne il fruitore, dacché consapevolmente vive il suo ruolo di cliente avveduto della ristorazione di qualità.

C: Atteso che nel 2018 sarò venuto da Lei a pranzo ed a cena sette volte, lo ricordo bene, e ribadito che serbo ricordo discreto di quelle esperienze, mi dica Lei, caro ristoratore, se è lecito attendermi delle buone nuove per il nuovo anno.
R: Certo che sì, gentile ed affezionato cliente. Abbiamo novità e sono ben lieto di preannunciarle proprio a Lei. Ma mi lasci dire in premessa che sono novità per me, nella gestione del mio ristorante e solo in fall-out, si dice così, divengono novità anche per Lei.

C: Mi ha incuriosito; mi racconti, mi racconti e non si sorprenda se prendo appunti. Io sono, come generazione di appartenenza un Millennial, ho dimestichezza con le nuove tecnologie, sono a mio agio nella digital society, il mio è un lavoro creativo, diciamo così. Retaggi del passato, da me appena sfiorato, il lavoro dipendente ad orario fisso, timbrare il cartellino, ferie estive e tutte quegli ammennicoli di una società industriale oramai irreversibilmente alle nostre spalle.

R: Ma Lei appartiene proprio alla tipologia di clientela che mi piace: esigente, colto, non spocchioso, non presupponente. Insomma, se così posso esprimermi, un cliente che fa valere i suoi diritti in quanto vive con naturalezza il fatto che abbia anche i suoi doveri comportamentali.

C: Ovviamente sì, e ci mancherebbe altro. Siamo cittadini del mondo sa, siamo mica i sudditi dello scorso secolo.

R: Dunque, caro cliente, Le dico. Nell’ambito della mia intrapresa, laddove giungere al fatto che sia sempre vero che ricavi/costi > 1 è l’imperativo basilare ho individuato nelle nuove tecnologie il key factor, il cosiddetto fattore chiave.

C: Lei individua le nuove tecnologie e mi può anche stare bene, ma mi consente di fare il precisino? Forse a Lei necessita l’utilizzo sapiente delle nuove tecnologie, quindi il Suo ruolo attivo nel fruirne, piuttosto che la tecnologia in sè.

R: Ah, spero e nel contempo temo di capire cosa sta cercando di dirmi con eleganza. Se niente vuole mettermi in guardia da chi si autoreferenzia esperto di social media management e cose simili, ho già dato, mi sono già scottato e quindi vaccinato e adesso so come individuare competenze e professionalità.

C: Bravo.

R: E allora le svelo che ho preso una decisione importante quanto impegnativa. Avvalendomi delle nuove tecnologie, fruendone in modalità proattiva e consapevole, e ho qui ripetuto le sue parole, io voglio partire avendo come pietra angolare le informazioni che Voi clienti doviziosamente e gratuitamente mi fornite. Me ne fornite in gran numero, generosamente aggiungo; solo che quando siete nel mio locale so dove reperirle. Tutte le altre volte, e sono la gran parte dei casi, le lasciate un po’ dovunque e sono io che devo cercarle e farne tesoro.

C: Mi sta mica parlando dei big data?

R: Esatto. Le sto parlando dei dati che Voi mi date. Devo elaborarli ed essi divengono informazioni. Informazioni utili. Devo quindi elaborare queste informazioni ed esse divengono conoscenza. Conoscenza indispensabile a che io svolga al meglio il mio lavoro: senza che divenga assillo, senza che divenga faticoso, né per me e né per i miei collaboratori. Un lavoro creativo e stimolante. Solo quando da questi dati ottengo conoscenza e questa conoscenza pongo alla base dell’orientamento della mia attività, allora posso dire che sto usando i Big Data.

C: Ma non c’è il rischio di indigestione di dati?

R: Scusi, ma non è Lei che mi ha parlato di utilizzo consapevole delle nuove tecnologie? Dunque, Le risponderei pragmaticamente innanzitutto azzardando che dopo tanto digiuno, digiuno di dati ma non perché non ve ne fossero ma perché li abbiamo sempre trattati come rifiuti da pattumiera, un lieve rischio di indigestione io lo correrei anche. Insomma, cominciamo ad usarli questi Big Data. Hai visto mai incorressi in indigestione, ne trarrei insegnamento su come utilizzarli meglio. Ma si ricordi del danno provocato dal digiuno, però.

C: E allora mi faccia capire meglio, come li sistematizza questi dati?

R: C’è uno start point di prima volta; esso è costituito dalla comanda, ovvero dalle scelte che Voi clienti effettuate quando Vi perviene il menu.

C: Scusi se la interrompo caro ristoratore, ma proprio sul menù avrei molte cose da dire

R: Ah, caro cliente, ma se entrassimo nei dettagli di questo tema cruciale, probabilmente si scatenerebbe la gara a chi ha più cose da dire. Le dico solo che per il momento preferirei soprassedere riservandomi sin da ora, quando e se Lei lo vorrà, di farne tema unico di nostro prossimo incontro.

C: Ok, lo prendo come Suo impegno ed io mi dichiaro ben disponibile sin da ora.

R: Sì, parola data. Dicevo dunque, il menu. Dalle Vostre scelte sortiscono gli ordini in cucina; dagli ingredienti necessari a comporre il piatto sortiscono i movimenti di cambusa. Dalla scelta dei vini scaturiscono i movimenti in cantina. Ne conseguono automatismi di ordini a fornitori. Ma quali fornitori? Con quali modalità di approvvigionamento e di pagamento?
Per fortuna di tutti, Vostra ancor più che mia, il km zero è moda estintasi e che nessuno rimpiange. Ma qui invece, parliamo di filiera corta, che è cosa altra, ben altra.

C: Credo di aver capito ma comunque ho piacere che si spieghi bene Lei.

R: Filiera corta a voler intendere che i miei acquisti ed i miei successivi approvvigionamenti si rivolgono al soggetto produttore, mio contraente / partner, e non a soggetti gangli di intermediazione. Questo mi porta a parlare, ma lo prenda solo come anticipazione, per carità, di blockchain. La blockchain, caro cliente, si appresta ad essere la nuova frontiera della supply chain ovvero della catena di fornitura ed è anche qui, si ricorda che glielo accennavo in apertura di conversazione, che i clienti troveranno i giovamenti di fall-out.

C: Anche per la blockchain, così come per il tema menu, se la sente di darmi la sua parola che ne parleremo in un prossimo incontro?

R: Ma certamente sì, caro cliente. Molto volentieri!

C: Continui La prego; io prendo appunti, come vede.

R: Sì, vedo! Dunque, Le dicevo: ho oliato e messo a punto quegli automatismi che mi fanno generare approvvigionamenti e pagamenti. Sì, ma questa benefica facilitazione potrebbe anche indurmi ad impigrirmi ed a sclerotizzarmi nell’individuazione di nuovi prodotti, food ma anche non food, che di certo si affacciano sul mercato. Ed anche qui la tecnologia mi viene in aiuto.

C: Ecome?

R: Facendo divenire Big Data di snello utilizzo l’infinita mole di dati esogeni che a miliardi quotidianamente vagano in rete. Quando sono tantissimi e difficili da intercettare, allora diciamo che generano soltanto un fastidioso rumore. Ma quando da tantissimi divengono “pochi ma buoni”, dove il “buoni” sta ad indicare che sono portatori di conoscenza incrementale e quindi ispiratori di decisioni, allora quel rumore si commuta in suono: dolce suono, armonia facilitante la brillante conduzione aziendale.

C: Ciò che dice mi entusiasma e forse intravedo anche il giovamento lato cliente; ma mi spiega ancor meglio, per piacere?

R: Ricorro ad un esempio. Lei ricorda l’edicola? E quindi ricorda anche la figura dell’edicolante. Ecco, Lei andava in edicola a comprare i giornali, quotidiani e magazine che fossero. L’edicolante glieli porgeva. Lei pagava il dovuto. Fine. Ecco, inimmaginabile vero, che Lei potesse dire all’edicolante: “per piacere, se li legga tutti lei, i quotidiani ed i magazine, ed in base ai miei interessi, mi favorisca solo le informazioni a me utili”.

C: Sì, ma Lei così mi sta parlando di una sorta di Rassegna Stampa. Non è che sia una novità assoluta!

R: Bravissimo, caro cliente. Tutto sommato di sorta di Rassegna Stampa trattasi, ma attenzione, fatta da chi sa benissimo non soltanto quali sono i miei bisogni attuali, ma anche i miei desideri, la mia vision, il modo in cui voglio condurre l’intrapresa e le connotazioni future che ad essa voglio imprimere. Ecco, tutto ciò, anche tutto ciò, è Big Data. Big Data da fonti esogene codesti e Big Data da fonti endogene quelli di cui si parlava prima a proposito di fall-out da comanda.

C: Mi piace lo scenario che mi sta disegnando, caro ristoratore.

R: Questi dati esogeni, alla cui lettura vengo spronato da appositi warning, è come se tutti contenessero un suggerimento, un invito all’agire secondo efficacia ed efficienza. Mi lasci dire che è come se sempre ci fosse una sorta di postilla: “ e pertanto ne consegue che . . . “ Ma dare contenuti ai puntini sospensivi è affare mio. E, sia chiaro, voglio che sia mio. È il valore che so aggiungere io alla mia azienda.

C: Torno a dirLe, caro ristoratore, che mi piace lo scenario che mi disegna. Mi fa venire voglia di essere ancora più cliente. Ma ho un dubbio che mi sento in dovere di esternarLe: non è che così volendo fare Lei mi lavora le proverbiali ventiquattro ore al giorno sette giorni su sette?

R: Ma no, caro cliente! Il mio obiettivo è l’esatto opposto. Io voglio lavorare di meno, molto di meno; ma voglio lavorare meglio, molto meglio. Ecco a cosa mi serve la tecnologia ed ecco cosa significa per me tecnologia abilitante. Abilitante perché mi abilita ad essere sempre più un knowledge worker e sempre meno uno che disbriga affari correnti. A tale proposito, caro cliente, Le faccio io un’altra domanda: Lei guiderebbe un’auto sprovvista di cruscotto?

C: Assolutamente no, come potrei?

R: E pensi, io invece sì! Sì, se sapessi di dover percorrere solo 900 metri, a significare che al limite del chilometro già non mi azzarderei, e solo su un percorso ben conosciuto, In tutti gli altri casi: no, rigorosamente ed assolutamente no. Ed invece, caro cliente, sa cosa accade a me e, duole dirlo, a pressoché quasi tutti i miei valenti colleghi? Accade che guidiamo ogni giorno senza avvalerci del cruscotto. E se ci va bene è perché guidiamo al massimo per 900 metri e percorrendo sempre e solo la stessa strada. Ma se vogliamo per davvero cominciare a volare alto ed a deliziare nel tempo i clienti attuali e quelli che verranno, incrementando i nostri ricavi, decrementando i nostri costi, non possiamo esimerci dall’utilizzo del cruscotto.

C: Scusi, e tradotto fuori di immagine? che significa nel concreto?

R: Nel concreto significa, e qui riepilogo anche, che non possiamo non avvalerci dei dati. Questi dati hanno sorgente duplice: endogena ed esogena. Allorquando sistematizzati secondo flow reso noto, essi divengono Big Data. Questi Big Data, immane la loro mole, continuo il loro flusso in input, divengono easy to use, e quindi fruibili per davvero, se mediante strumenti di visualizzazione fungono da cruscotto e mi consentono di controllare all’istante: quanto sto incassando, quale lo scontrino medio, quale il ranking dei piatti più venduti, quale il coefficiente di occupazione dei tavoli, quale il tempo medio di attesa al tavolo, quale l’incasso odierno comparato con lo stesso giorno della scorsa settimana, dello scorso mese, dello scorso anno, quale la frequenza di riordino ai fornitori, quale…devo proseguire?

C: No, la prego!

R: Non proseguo, allora, ma aspetti, ancora un’ultima cosa. In questa lettura costante del mio dashboard (che poi è la parola cruscotto detta in inglese) mai devo perdere il sugo. Ed il sugo è: “E pertanto ne consegue che…“. E lì che si gioca la partita su un mercato affollato come è quello nostro della ristorazione all’alba dell’anno 2019.

C: Grazie, caro ristoratore. Buon Anno Nuovo.

R: Grazie a Lei, caro cliente. E che il 2019 sia davvero anno buono per me e per tutti i miei colleghi che fanno ristorazione di qualità.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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