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I 200 anni di Pellegrino Artusi Il gastronomo che ci servirebbe ora

Il 4 agosto 1820 nasceva a Forlimpopoli il padre della cucina italiana - e non solo - colui che riunì le principali ricette della cultura gastronomica italiana in un manuale tanto utile oggi. Tra igiene e nutrizione, è il personaggio a cui i ristoratori di oggi dovrebbero ispirarsi per uscire dalla situazione complicata.

di Vincenzo D’Antonio
30 luglio 2020 | 08:30
I 200 anni di Pellegrino Artusi 
Il gastronomo che ci servirebbe ora
I 200 anni di Pellegrino Artusi 
Il gastronomo che ci servirebbe ora

I 200 anni di Pellegrino Artusi Il gastronomo che ci servirebbe ora

Il 4 agosto 1820 nasceva a Forlimpopoli il padre della cucina italiana - e non solo - colui che riunì le principali ricette della cultura gastronomica italiana in un manuale tanto utile oggi. Tra igiene e nutrizione, è il personaggio a cui i ristoratori di oggi dovrebbero ispirarsi per uscire dalla situazione complicata.

di Vincenzo D’Antonio
30 luglio 2020 | 08:30
 

Paesino della Romagna quella vera, quella mai imbastardita dalle folle estive, proprio lì, a Forlimpopoli il 4 agosto 1820 (a giorni il bicentenario della nascita), nacque chi seppe e volle contribuire all’Unità degli Italiani al tempo in cui poteri forti, eserciti e ideologia dei ceti illuminati fecero l’Unità d’Italia. Parliamo di Pellegrino Artusi, figlio valoroso della Romagna dalla quale “esiliò” volontariamente nel 1851 a causa di una violenta rapina subita dalla sua famiglia. Famiglia molto facoltosa, commercianti di tessuti e di seta.

Pellegrino Artusi - I 200 anni di Pellegrino Artusi Il gastronomo che ci servirebbe ora

Pellegrino Artusi

Celibe, Pellegrino Artusi si trasferì a Firenze dove, più che benestante, cominciò a scrivere libri, quei libri che narravano di una cucina italiana ancora tutta da sistemare, catalogare e divulgare. Da ciò la fama del prode Pellegrino Artusi come tessitore dell’Unità degli Italiani mediante quel tessuto connettivo costituito dalla cucina, dal focolare domestico. Se facciamo mente locale e tuffo anastatico negli anni della maturità di questo facoltoso gentiluomo romagnolo trasferitosi a Firenze dopo aver viaggiato per lavoro, al quale sapeva aggiungere il valore del diletto a tavola, nei vari Stati dello Stato preunitario, possiamo agevolmente capire la sua situazione nel quotidiano.



Trovarsi in posti diversi a frequentare ristoranti di albergo a cena e trattorie a pranzo dove aveva modo di assaggiare e scoprire, qui la locuzione ci sta tutta, le varie cucine etniche che poi con la sua sagacia, la sua cultura e la sua lungimiranza provò, felice e lodevole l’esito, a far diventare la “cucina italiana”. Cimento al quale lavorò praticamente tutta la vita, provando in casa, nella sua bella e confortevole casa di Firenze, le ricette che man mano scopriva. Suoi aiutanti fedeli ed abili il cuoco di casa Francesco Ruffilli e la governante Marietta Sabatini.

La Marietta, grazie agli scritti di Artusi nei quali era sovente citata, divenne personaggio emblematico della donna di cucina. Ancora oggi in Romagna, suole definirsi “Marietta” la donna che prende a cura, mix di dovere e di piacere, l’arte non semplice del cucinare domestico. Pellegrino Artusi non trovava editori e allora piuttosto che demordere si pagò la stampa della prima edizione, ma anche delle successive, di tasca sua. Il business lo fiutò l’editore Bemporad di Firenze che fece stampare il libro con il titolo scelto dall’autore “La scienza in cucina e l’arte del mangiar bene”. Il successo di pubblico comporterà 15 edizioni del libro ed un vistoso incremento del numero di ricette che balzarono dalle 475 delle prime edizioni alle 790 della versione postuma.

Il libro cominciava ad essere presente nelle case dei ceti emergenti sviluppatisi in simbiosi con la nascita dello Stato Unitario. Quei ceti in prevalenza appartenenti alla macchina burocratica del nuovo Stato, alle forze dell’ordine, alla scuola, all’università, oltre che le classi facoltose del commercio e dell’industria. Ceti che cominciarono a percepire il bisogno primario del mangiare non più come assillo quotidiano. Insomma non più lo spettro dell’indigenza ma comunque ben lontani dall’idea di un mangiare inteso prevalentemente come piacere edonistico. Quanti meriti in questa opera monumentale di Pellegrino Artusi! Un libro che è stato la prima raccolta narrata di ricette della cucina italiana. Ma è stato anche una sorta di manuale sul come nutrirsi oltre che alimentarsi. La modernità dell’Artusi sta anche nella sua attenzione alle regole igieniche che non ebbe ritrosia alcuna a trattare così come pure garbatamente introdusse e divulgò il gergo tecnico tutt’oggi ancora in uso.

Tutti quanti noi italiani, non soltanto gli addetti al settore della ristorazione ed i gourmet, dobbiamo ringraziare Pellegrino Artusi ed omaggiare questa ricorrenza del bicentenario della nascita. Non fu cuoco, non fu maitre, non fu sommelier, non fu patron di ristorante. Ma allora, cosa fu Pellegrino Artusi? La risposta è molto semplice: Pellegrino Artusi fu un gastronomo. Avercene oggi, di gastronomi così!

Il libro di Artusi - I 200 anni di Pellegrino Artusi Il gastronomo che ci servirebbe ora
Il libro di Artusi

Nel bicentenario della nascita è meritevole l’iniziativa di Gcvi, la rete di cuochi e ristoratori che opera prevalentemente all’estero in ben 70 Paesi con l’intento nobile di tenere alto il vessillo della vera cucina italiana. È oramai consuetudine, dacché siamo giunti alla XIII edizione, che Gcvi tenga la Idic, Giornata Internazionale della Cucina Italiana. Orbene, questa tredicesima edizione si svolgerà il 4 agosto ed è dedicata a Pellegrino Artusi in occasione del bicentenario della nascita. Il piatto ufficiale Idc 2020 sarà i “Cappelletti all’uso di Romagna” che i cuochi aderenti all’iniziativa si impegnano a cucinare seguendo la ricetta originale così come pubblicata nella citata opera del grande Artusi. Idic 2020 è stata realizzata in collaborazione con “Casa Artusi”, l’entità sorta a Forlimpopoli per tenere alta la memoria del loro celebre figlio e per perpetuare i prodromi della cucina italiana. Sulla pagina Facebook Idic 2020 13th International Day of Italian Cuisines si trae contezza di quali e quanti ristoranti nel mondo ed anche in Italia hanno aderito alla lodevole iniziativa.

In un momento così delicato per tutti e per la ristorazione in particolare, protesi verso la costruzione della nuova normalità, si erge a benevolo insegnamento della storia recente quanto fece Pellegrino Artusi nella sua opera di ricerca, di sperimentazione e collaudo e di divulgazione. Probabilmente tutto ciò è quanto sarebbe opportuno fare proprio in questa fase, durante questo epocale punto di flesso dove nulla sarà come prima: ritornare alla ricetta narrata ma non urlata, alla spiegazione con genuino intento didattico e non come occasione per fare show in cui autoreferenzialmente e con l’ausilio di claque di giro, par che si voglia dire “avete visto quanto sono bravo?”.

Ritornare alle sperimentazioni ed alle ricerche che siano frutto di ingegno e non di mode da seguire per restare nel mirino dei selfie. Una pacata e profonda riflessione sull’opera di Pellegrino Artusi può indurci, se dotati di buona volontà e di onestà intellettuale, a guardare al recente passato per meglio immaginare e contribuire alla costruzione dell’imminente futuro.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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