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Cene clandestine, invito via chat. Ma ai ristoranti non servono i "furbetti"

Alcuni ristoratori di Varese hanno deciso di aprire abusivamente i locali nonostante la zona rossa ricevendo le prenotazioni su chat clandestine avviate sull'app di messaggistica Telegram. Una pratica di pochi imprenditori che rischia però di macchiare le prospettive di ripartenza di un settore in crisi che non ha bisogno di concorrenza sleale

di Federico Biffignandi
 
19 marzo 2021 | 16:12

Cene clandestine, invito via chat. Ma ai ristoranti non servono i "furbetti"

Alcuni ristoratori di Varese hanno deciso di aprire abusivamente i locali nonostante la zona rossa ricevendo le prenotazioni su chat clandestine avviate sull'app di messaggistica Telegram. Una pratica di pochi imprenditori che rischia però di macchiare le prospettive di ripartenza di un settore in crisi che non ha bisogno di concorrenza sleale

di Federico Biffignandi
19 marzo 2021 | 16:12
 

Rieccoci, sempre la solita storia. A fronte della stragrande maggioranza di ristoranti e bar che rispettano al 100% le regole disposte dal Governo per contrastare la diffusione del Covid, ci sono i soliti furbetti che ne approfittano per cercare di lavorare e sporcano, inevitabilmente, l’immagine del settore.

Ristorante chiuso? Gli inviti per le cene clandestine arrivano via chat Cene clandestine, invito via chatMa ai ristoranti non servono i

Ristorante chiuso? Gli inviti per le cene clandestine arrivano via chat


Le chat clandestine su Telegram
Gli ultimi protagonisti che hanno trovato una scorciatoia per aggirare le normative imposte ai ristoranti (chiusi praticamente in tutta Italia con il servizio al tavolo, tranne che in Sardegna) sono alcuni ristoratori di Varese che su Telegram hanno avviato delle chat “clandestine” per gestire le prenotazioni di clienti da ospitare a pranzo o a cena “a porte chiuse”, in barba alle norme. E, si aggiunge, senza battere scontrini perchè come potrebbero dichiarare incassi nonostante le chiusure?

Cos'è Telegram?
Per inciso Telegram è un’app di messaggistica che “cripta” tutte le conversazioni in modo che non possano essere lette da terzi. Ora è assai diffusa e sta scavalcando anche Whatsapp per numero di download, ma agli albori era l’app utilizzata dai terroristi islamici per organizzare gli attentati, giusto per dire in quale tunnel certi ristoratori si sono infilati.

Il servizio di Striscia la Notizia
Il “magheggio” è stato svelato da Striscia la Notizia che è anche entrata con telecamere nascoste in tre diversi locali mostrando come, oltretutto, alcuni dipendenti lavorassero senza mascherina. Gli stessi raccontavano (ignari della registrazione in corso) che avevano provato ad aprire alla luce del sole (anche se avrebbero dovuto tenere chiuso) ma avevano ricevuto i controlli delle Forze dell’Ordine che gli avevano inflitto multe e sanzioni. Di qui, l’escamotage di aprire, ma a porte chiuse. In alcuni casi i ristoratori sfruttavano anche la “scusa” della mensa aziendale. Le Prefetture infatti hanno disposto nel corso del mese di febbraio che i ristoranti anche in zona arancione e rossa possono tenere aperti sottoforma di mensa aziendale, a patto che sussista un contratto aziendale con imprese del territorio.

Sul tema si erano scontrati alcuni ristoratori ritenendo che sarebbe subito scattato il meccanismo per cui “fatta la legge, trovato l’inganno”. Cioè, in molti pensavano che questa disposizione aprisse eccessivamente le porte ad un abuso della norma. Ma a questo punto, si apre il varco per analizzare la questione a più ampio raggio. Se chiudono tutto, ci si lamenta perché chiudono. Se danno spiragli di lavoro, si critica allo stesso modo.

Combattere i nervi scoperti della ristorazione
Se è vero, come è vero, che il Governo Conte (e anche quello Draghi a giudicare dalle prima mosse) non abbia fatto nulla per andare incontro ai ristoranti, continuando a chiuderli prima di ogni altra attività e costringendoli ad adottare misure strutturali dai costi altissimi e dalle tante controindicazioni nei periodi di apertura, è altrettanto vero che questa situazione ha toccato nervi scoperti della ristorazione.

In principio fu TripAdvisor
I nervi sono animati da tutti quei ristoratori che agiscono nell’ombra, nel losco, nello sporco, nell’abusivo, nello scorretto per cercare di lavorare più dei colleghi e di non pagare tasse e spese che invece sono obbligatorie per mandare avanti un’attività (ritrovandosi poi in difficoltà ne testimoniare e denunciare le perdite per ottenere gli aiuti statali). La questione delle chat abusive di Telegram è solo una delle ultime trovate e i ristoranti di Varese non sono certo gli unici: a Milano nei giorni scorsi ha fatto notizia il fatto che molti locali notturni aprissero in barba alle normative anti-Covid, a mo’ di bische clandestine insomma.

Basta andare un attimo indietro, all’epoca di TripAdvisor, per capire quanto la concorrenza possa rendersi sleale. Nel caso del Gufo non si aggiravano ostacoli sulle chiusure perché la pandemia era solo nei film di fantascienza, ma la partita si giocava sulla reputazione con i ristoratori che “compravano” giudizi positivi, stellette e commenti a favore del proprio menu (che spesso era tutto tranne che apprezzabile). TripAdvisor ci ha costruito un vero e proprio business su un sistema di ristorazione malato; i ristoratori ci sono cascati in pieno, tanti ma non certo tutti, ma proprio quei tanti hanno generato un circolo vizioso non certo utile.

Una battaglia da condurre per ripartire
Verrebbe da storcere il naso e arrabbiarsi pensando che non sia possibile che per pochi venga danneggiata l’immagine di tutti, ma così è purtroppo e quindi il taglio che deve prendere questa storia è un altro. Il taglio deve andare verso una sorta di autocritica che il settore deve fare per arginare il più possibile questi episodi che, purtroppo, sono ricorrenti seppur in forme diverse. Un po’ più di controllo vicendevole forse potrebbe essere una prima soluzione, tanto nell’ambiente si sa benissimo chi sgarra e chi agisce regolarmente. Non sarebbe fare gli sceriffi, ma tutelare il proprio lavoro e quello dei colleghi corretti: un mercato che sia concorrenziale in modo sano fa bene a tutti, sono le basi dell’economia.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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