Dopo poco meno di un anno termina il commissariamento di Uber Eats Italy srl, società italiana del colosso delle consegne statunitense che lo scorso maggio era finita in amministrazione giudiziaria per caporalato nei confronti dei rider, pagati tre euro a consegna.
Uber Eats Italy è stata commissariata a maggio 2020
La relazioni dei commissari«La
collaborazione prestata da Uber è stata ragguardevole», si legge nella relazione dei tre amministratori giudiziari. Anzi, proprio l’intervento del Tribunale di Milano è stato visto «non come una compressione del diritto di impresa, ma come una preziosa
opportunità di miglioramento della propria organizzazione». Soprattutto in chiave di
prevenzione «della
devianza imprenditoriale» e verso «un nuovo
equilibrio tra attività di impresa e presidi di controllo».
L’intervento della giustizia, quindi, riesce là dove la politica continua a mancare, ossia nel riconoscimento delle condizioni di lavoro dei
ciclofattorini. Durante la gestione giudiziaria, Uber Eats Italy ha vietato il ricorso a
subappaltatori (le cooperative il cui comportamento ha fatto scattare l’indagine), ha introdotto un’attestazione di idoneità per i rider, li ha dotati (gratuitamente) di casco di sicurezza e luci per le bici, ma anche di pantaloni antipioggia e ad alta visibilità. Il tutto condito da una
polizza assicurativa Axa (in aggiunta alla copertura Inail) che include malattia, spese mediche e ricoveri per infortunio. Inoltre, spariscono gli
algoritmi che penalizzavano i rider non disposti a lavorare in condizioni metereologiche avverse e viene inserito sugli smartphone dei fattorini un programma di riconoscimento facciale per garantire che a effettuare la consegna sia veramente il rider registrato nella banca dati della società.
Pagamenti: stop al cottimo e introduzione compenso minimoPer quanto riguarda la questione
pagamenti, poi, il modello di business Uber Eats Italy è stato modificato e ora prevede un compenso minimo di 10 euro lordi, che possono aumentare con integrazione sulle condizioni avverse oppure in base a
incentivi e premi di 600 euro ogni duemila corse annuali. «È evidente il notevole sforzo economico e culturale compiuto da Uber per posizionarsi come impresa ad alto grado di connotazione etica», concludono i commissari. Ora la palla passa alla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano che deciderà entro 15 giorni la revoca ufficiale dell’amministrazione giudiziaria.
La questione occupazionale e l'intervento di GrecoSullo sfondo resta la questione dell’
inquadramento occupazionale dei rider: autonomi o dipendenti? Un tema emerso anche dalla
conferenza stampa del procuratore di Milano, Francesco Greco, del 24 febbraio scorso. In quell’occasione sono stati resi pubblici i risultati di un'attività di
verifica su strada partita da Milano e allargatasi a tutto il territorio nazionale. Risultato? Una multa da 773 milioni di euro comminata a Glovo-Foodinho, Just Eat, Deliveroo e proprio Uber Eats (che ha potuto iniziare a mettersi in regola prima degli altri proprio per l'azione dei commissari) e la richiesta di
assunzione di oltre 60mila rider.
Un duro colpo al settore delle piattaforme di delivery che, dopo il fallimentare tentativo di proporre un contratto collettivo nazionale per i
rider, si sono visti puntati il dito contro anche dalla giustizia: «Non è più il tempo di dire che i rider sono schiavi ma è il tempo di dire che
sono cittadini», ha affermato Greco.