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Giri di vite Emilia Nardi, regina borghese del Brunello

 
18 luglio 2018 | 10:31

Giri di vite Emilia Nardi, regina borghese del Brunello

18 luglio 2018 | 10:31
 

Se si volesse designare la figura che incarna l’anima femminile del Brunello di Montalcino Docg, probabilmente la maggior parte degli addetti ai lavori indicherebbero Donatella Cinelli Colombini.

Lei, che del medievale borgo senese è l’ambasciatrice oltre che fervida animatrice anche nel suo ruolo di presidente dell'Associazione Nazionale Donne del Vino. Ma se Donatella è la “nobile” anima del Brunello al femminile, quella “borghese” è senza dubbio Emilia Nardi, titolo conquistato sul campo, è proprio il caso di dire.

Emilia Nardi (Giri di vite Emilia Nardi, regina borghese del Brunello)
Emilia Nardi

Il padre Silvio Nardi fu tra i primi a credere, ed investire in terreni agricoli prima e in vigne poi, in tempi in cui Montalcino era poco più di una meravigliosa macchia boschiva conosciuta più dai cacciatori (come Silvio, appunto, che l’aveva scoperta proprio grazie alla sua passione venatoria che condivideva con Franco Biondi Santi), che dagli appassionati di vino.

Acquisendo come ritiro bucolico (e di caccia) il selvaggio Casale del Bosco, fra una prova e l’altra delle sue efficienti macchine agricole (che la famiglia Nardi ha prodotto senza interruzione per oltre un secolo, prima di cedere la guida qualche anno fa ad un gruppo straniero) l’amico Biondi Santi, nel corso di una cena organizzata per far conoscere ai colleghi ilcinesi gli aratri marcati Nardi, l’aveva stimolato ad occuparsi di vino e di provare anche lui a produrre la propria “versione di Brunello”.

La scommessa era lanciata e Silvio Nardi, nonostante le iniziali perplessità, non si era tirato indietro, tanto che a distanza di 60 anni esatti dalla prima bottiglia del suo Brunello “Casale del Bosco”, le Tenute Silvio Nardi rientrano in quel ristretto novero di famiglie “originarie” fondatrici, nel 1967, del Consorzio di Tutela con Biondi Santi, Cinelli Colombini, Costanti, Franceschi e Padelletti.

Da intelligente borghese “foresto” ascoltava i consigli dell’amico Franco ma nel frattempo provava a seguire un proprio stile, forte di vigneti che grazie alle importanti acquisizioni di parcelle pregiate come il Manachiara e il Poggio Doria, iniziavano a produrre grappoli degni di un grande Brunello.

Emanuele ed Emilia Nardi (Giri di vite Emilia Nardi, regina borghese del Brunello)
Emanuele ed Emilia Nardi (foto: Bruno Bruchi)

Quanto ad Emilia, figlia minore di Silvio, entrata in azienda appena ventenne, con terragna concretezza umbra (la famiglia è originaria di Città di Castello) e femminea determinazione affiancando il padre e guadagnandosene la stima, ha preso mano a mano le redini dell’azienda e grazie alla costante sperimentazione e selezione dei cloni migliori di Sangiovese e alla sua instancabile capacità di ambasciatrice del territorio ha portato il marchio di famiglia nel gotha della denominazione (e della notorietà internazionale) sia con la versione “base” di Brunello ma ancor più con i suoi due straordinari cru “Manachiara” e “Poggio Doria”.

Il “Poggio Doria” è il Brunello del tramonto perché dallo splendido vigneto omonimo Nord-Ovest di Montalcino all’interno della Tenuta di Casale del Bosco con esposizione Sud/Ovest/ Nord-Ovest a circa 260 metri s.l.m. che poggia su terreni sabbiosi-argillosi con presenza di diaspri e breccia, il sole cala, dorando i filari perfettamente disposti per raccogliere tutti i suoi preziosi raggi.

Per la sua straordinaria posizione aperta è uno dei vigneti che vanta più ore luce di tutta la zona Nord-ovest di Montalcino.
Dopo la lunga fermentazione e macerazione sulle bucce (quasi un mese) segue il riposo di un anno e mezzo in tonneau di rovere di Allier, di primo e secondo passaggio, e un altro anno in botti grandi di rovere di Slavonia per poi concludere il suo affinamento in bottiglia per almeno 3 anni.

Prodotto in soli 3500 esemplari al prezzo (onestissimo, considerata la qualità) di 90 €, al calice si presenta con un rosso rubino carico e riflessi granata. L’olfattivo è ampio e complesso con la nota balsamica e minerale che si innesta in un fruttato intenso di prugna, mora e gelso nero e in uno speziato dolce dove predominano chiodo di garofano e anice stellato. In bocca è morbido e persistente con un elegante finale fruttato-balsamico. Si abbina bene ai pici con ragù d’anatra come al cinghiale in umido, per rimanere sui piatti del territorio.

(Giri di vite Emilia Nardi, regina borghese del Brunello)

Se il “Poggio Doria” è il vino del tramonto il “Manachiara” è quello dell’alba con esposizione Sud-Est a circa 300 metri s.l.m. nella parte opposta di Montalcino, su terreni sabbiosi ricchi di quarzite e argille pleoceniche dando vita ad un vino di grande corpo, dotato di potenza e struttura, con tannini evidenti ma non spigolosi, di nervosa acidità. Dopo la fermentazione e macerazione sulle bucce per almeno 3 settimane segue l’affinamento per 18 mesi in barriques di rovere di Allier, altri 12 in botti grandi di rovere di Slavonia e riposo in bottiglia per due anni prima di essere commercializzato in 10mila esemplari al prezzo di 60 euro.

All’esame visivo il suo rosso rubino profondo esprime leggeri riflessi granati con bouquet complesso di frutta matura, soprattutto amarena, mora e tamarindo affiancato da aneliti di macchia mediterranea e speziato fine.

In bocca la robusta spalla acida pulisce il palato e lascia le papille desiderose di un altro sorso mentre quello precedente continua nella persistenza gustativa, con la levigatezza dei tannini a far da bordone. Vino da dimenticarsi in cantina, come il “Poggio Doria”, vista la capacità d’invecchiamento, per momenti degni di nota.
Si abbina ad uno stinco di maiale arrosto ma anche ad un pecorino di Pienza stagionato, da gustarsi magari in silenzio (e in buona compagnia) davanti ad un caminetto acceso.

E a proposito di capacità di invecchiamento il Brunello "base" (si fa per dire) delle Tenute Silvio Nardi è stato protagonista qualche mese fa di una esclusiva degustazione, riservata alla struttura commerciale, condotta dal Doctor Wine alias Daniele Cernilli e alla quale abbiamo avuto l’onore di partecipare.

Sfilando in successione millesimi datati come il 1979, 1988, 1995 fino a quelli post-millennio 2004, 2010, 2013 abbiamo apprezzato l’incredibile longevità del Brunello di famiglia, capace di attraversare i decenni, spesso senza fare una grinza, offrendo uno spaccato gustativo molto diverso da quello attuale ma capace di sfidare il tempo (e, con il dovuto rispetto, anche le scommesse dei dubbiosi e aristocratici “amici di doppietta”).

E se non bastassero le malie enologiche del Brunello con la bella stagione il Casale del Bosco, sul quale svetta lo stemma dell’aquila e del dragone della nobile casata dei Borghese di cui fu feudo, accoglie i turisti in un luogo magico per trascorrere un week end, circondati dai vigneti e immersi in un pezzo di quel bosco primigenio del Montalcino delle origini, di cui Emilia ne è da sempre vestale oltre che empatica e generosa testimone.

Per informazioni: www.tenutenardi.com

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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