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Sakè, la bevanda degli dèi pronta a spopolare in Italia

Le origini dovrebbero essere giapponesi e risalgono a 2mila anni fa. Nel corso della storia tante sono state le evoluzioni. Da poco sbarcata nel Belpaese, già piace agli appassionati.

 
22 febbraio 2020 | 10:20

Sakè, la bevanda degli dèi pronta a spopolare in Italia

Le origini dovrebbero essere giapponesi e risalgono a 2mila anni fa. Nel corso della storia tante sono state le evoluzioni. Da poco sbarcata nel Belpaese, già piace agli appassionati.

22 febbraio 2020 | 10:20
 

In Italia il sakè ha da poco iniziato a farsi conoscere, ma sta già ottenendo un bel successo. Il recente evento “Milano Sakè Challenge”, organizzato dalla Sakè Sommelier Association di Milano, ha visto la presenza di migliaia di persone.

L'origine risale a circa 2mila anni fa - Sakè, la bevanda degli dèi Pronta a spopolare in Italia

L'origine risale a circa 2mila anni fa

Il Sakè in oriente ed in particolare in Giappone ha oltre 2mila anni di storia, anche se vi è chi lo data a 5mila anni fa in Cina. In Giappone era già definito “Bevanda degli dei” ed oggi è considerato uno status symbol che sta come il whisky per gli scozzesi. Più che una bevanda, in Cina si produceva una sorta di purè o porridge fermentato. Un’altra storia leggendaria fa risalire l’elaborazione del sakè direttamente al Giappone del III secolo, con l’avvio della coltivazione del riso in umido. La combinazione di acqua e riso avrebbe portato la muffa e successiva fermentazione. Il primo sakè venne chiamato “sakè masticato in bocca” fatto con il riso che l’intero villaggio, tutti suoi abitanti, (più castagne, miglio e ghiande), preparavano masticandolo e sputando il miscuglio in un tino, ciò per attivare il processo della amilasi, la fermentazione, (un po’come facevano in Sud America per la Chica o in Polinesia per il Kava).

Secondo la credenza del tempo, il miglior sakè prodotto attraverso la masticazione era quello derivato da giovani ragazze vergini o da donne molto vecchie perlomeno questa era ciò che si credeva. Secoli dopo, con la scoperta del Koji-kin (una muffa, un fungo) la masticatura divenne inutile. Col tempo divenne così popolare che al palazzo imperiale di Kyòto fu istituito un organismo per la sua preparazione. Questo ebbe come conseguenza la nascita dei “birrai di sakè” a tempo pieno, artigiani che aprirono la via ai molti sviluppi nella tecnica di produzione. Fu appunto durante l'era Heian (794-1185) che vennero aggiunte tre nuove fasi al processo di fermentazione (una tecnica per aumentare ancora il livello di alcol e ridurre le possibilità di inasprimento), esempio delle migliorie apportate in questo periodo.

Il fenomeno sta arrivando anche in Italia - Sakè, la bevanda degli dèi Pronta a spopolare in Italia
Il fenomeno sta arrivando anche in Italia

Durante la ricerca migliorativa, i birrai giapponesi elaborarono una sorta di pastorizzazione senza comprenderne e spiegarne il risultato, infatti riscaldavano il fermentato, così la carica batterica si arrestava ed il sapore del sakè si faceva più maturo. Nel Novecento la tecnologia di produzione del sakè fece passi da gigante. Nel 1904 il governo aprì l'istituto per la ricerca nella produzione del sakè, e nel 1907 si tenne il primo concorso di degustazione di sakè in Giappone. Furono poi isolate specifiche varietà di lieviti selezionati per le loro proprietà ed arrivarono serbatoi in acciaio ricoperti di smalto.

Durante la guerra Russo-Giapponese del 1904-1905, il governo bandì la produzione di sakè fatti in casa, che non erano soggetti ad alcuna tassa, per far aumentare ancora di più le entrate fiscali dovute dal sakè, che in quel periodo costituivano già un sorprendente 30%. Questa fu la fine definitiva del sakè fatto in casa. Quando scoppiò la seconda guerra mondiale l'industria del sakè subì un pesante colpo dopo che il governo pose un freno all'uso del riso per la produzione di alcolici.

Il 90% - 95% del sakè odierno è prodotto usando questo tecnica, rimasta dagli anni della guerra. C'erano anche addirittura alcune fabbriche capaci di produrre sakè senza riso. Naturalmente, in questo periodo ne risentì molto la qualità. Dalla guerra in poi il sakè cominciò a calare nei consumi di bevande alcoliche giapponesi con l’avvento di bevande quali la birra, il vino ed i superalcolici e nel 1960 il consumo di birra superò quello del sakè. Venendo ai giorni nostri, la qualità del sakè ha raggiunto picchi straordinari tanto che il suo consumo nel mondo sta aumentando cosi come la produzione al di fuori del Giappone con la nascita di fabbriche nel sud est Asiatico, in sud America e nord America, Cina ed Australia e mentre nel mondo si sta bevendo sempre più sakè in Giappone vendita e consumo stanno calando fino 1500 produttori odierni ancora presenti, dai 2500 che si potevano contare nel 1988.

Esistono due principali tipi di sakè:

  • Futsuu-shu: ovvero il “sakè normale” che non possiede i requisiti per alcun livello di sakè di designazione speciale. È l'equivalente del nostro vino da tavola e rappresenta oltre il 75% di tutto il sakè prodotto.        
  • Tokutei meishoshu: ovvero il “sakè per occasioni speciali” che è contraddistinto dalla certificazione di raffinamento (macinatura) del riso ovvero della purezza (restrizione nell'aggiungere alcool distillato). Raffinare il riso è importante in quanto la parte interna dei chicchi contiene l'amido (ciò che fermenta) mentre la parte esterna contiene oli e proteine, che tendono a lasciare aromi strani o spiacevoli nel prodotto finito. Raffinare il riso significa in % di sbramatura (seimaibuai) imuovere levigando la parte esterna del chicco, riducendone la granulometria, lasciando solamente il cuore d'amido da un minimo del 50% ad un massimo tra il 70% e 100%.

Definizioni del sakè
  • BODAIMOTO: metodo di produzione del sakè precursore del metodo Kimoto
  • HAPPOSHU: sakè frizzante prodotto con metodo Classico o Charmat
  • KAJITSUSHU: liquore a base di sakè
  • KIJOSHU: con aggiunta di sakè durante la fermentazione
  • KIMOTO: metodo di produzione del sakè senza aggiunta manuale di acido lattico
  • KOSHU: sakè invecchiato almeno 3 anni
  • NIGORI: sakè torbido con sedimenti naturali
  • SHOCHU: distillato tradizionale Giapponese
  • TARUZAKE: sakè maturato in botti di legno Giapponese
  • UMSHU: liquore Giapponese ottenuto dalla macerazione delle prugne nell’alcool.
  • JUNMAI: sakè in cui l’alcool è prodotto esclusivamente dalla fermentazione naturale del riso
  • NON JUNMAI: sakè in cui viene aggiunta una piccola % di alcool durante la lavorazione

Sono tanti i diversi tipi di sakè - Sakè, la bevanda degli dèi Pronta a spopolare in Italia
Sono tanti i diversi tipi di sakè

Preparazione e servizio del sakè
Il sakè va bevuto giovane come fosse un vino novello, infatti va consumato entro un anno dalla sua messa in bottiglia, a meno che sia stato fatto invecchiare in botti di legno, in questo modo diviene un raffinato prodotto più longevo e duraturo nel tempo oltre che di aumentata qualità. Attenzione, il riscaldamento del sakè tendenzialmente è riservato solo ai prodotti di qualità inferiore. Occorre procurarsi una tokkuri (una bottiglietta per sakè), versarvi dentro il sakè e coprirla con una pellicola, per non disperderne l'aroma. Immergere in una pentola con l'acqua preriscaldata (ma appena tiepida), lasciarla a fuoco lento per circa 4-5 minuti. in maniera che raggiunga la temperatura di 35-40°. Occorre fare attenzione che la temperatura non superi i 50°, altrimenti l'aroma e il gusto ne risultano alterati, mentre si scalda afferrare il tokkuri per il collo e agitare in maniera che si riscaldi uniformemente e non solo dal basso. Le varietà di sake di alta qualità (Ginjo, Daiginjo) tassativamente, vengono servite fredde per non alterarne i delicati aromi fruttati e floreali. Il suo gusto durante una degustazione lo si avverte: pungente, acidulo, astringente, con aroma delicato. Tradizionalmente è servito in piccole ciotole di ceramica, ma anche un bicchiere da degustazione può fare al caso. A seconda della stagione può essere bevuto caldo, temperatura ambiente, fresco o con ghiaccio.

Il sakè nei cocktail
Ricette con il sakè ne esistono già: oggi sono fatte con una maggior consapevolezza inerente la sua produzione e qualità tanto che si possono avere risultati sorprendenti, per questo ho realizzato una ricetta aperitivo ed a tutto pasto, che rispecchi la filosofia del Dry Martini, cercando nello scenario dei gin uno che si potesse adattare al sakè, ad un sakè di buona qualità ed ho trovato il Gin Polar Before prodotto sconosciuto aromatizzato agli ortaggi, nato da una idea di Paolo Meschio ristoratore di successo sul lago Maggiore a Cannobio, con il pallino della qualità, il quale se lo fa produrre nei laboratori di Quaglia a Castelnuovo Don Bosco-At.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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