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Casadei, l'uomo del vino: «Il futuro è dei ragazzi, investiamo su di loro»

Toscano classe 1960, titolare e direttore di quattro aziende vitivinicole, pochi come lui hanno una visione complessiva e approfondita del mondo del vino. La sua storia, dal rischio di perdere il mestiere al futuro

 
13 dicembre 2021 | 10:30

Casadei, l'uomo del vino: «Il futuro è dei ragazzi, investiamo su di loro»

Toscano classe 1960, titolare e direttore di quattro aziende vitivinicole, pochi come lui hanno una visione complessiva e approfondita del mondo del vino. La sua storia, dal rischio di perdere il mestiere al futuro

13 dicembre 2021 | 10:30
 

Si fa presto a dire vignaioli. L’immagine romantica del vignaiolo e della sua campagna ci affascina, ma dietro a certi vini eccezionali ci sono prima di tutto un lavoro incredibile e una competenza grande almeno quanto la passione. Quello praticato in vigna è un mestiere intrigante che vede italiani e francesi in prima linea, ricercati in tutto il mondo per esportare tecniche e competenze che non hanno eguali.

Tra gli italiani che divulgano l’arte del vignaiolo in diversi angoli del Pianeta c’è Stefano Casadei, toscano classe 1960, titolare e direttore di quattro aziende vitivinicole col fratello Andrea e la moglie Anna Baj Macario. Con gli studi primari nelle discipline agrarie, la trentennale attività di consulenza a produttori tra i più importanti a livello internazionale e i corsi specialistici in enologia e viticoltura seguiti all’Università di Bordeaux e Montpellier, Casadei ha maturato una significativa esperienza nel controllo analitico e qualitativo dei vini. Per questo è considerato un maestro della materia.


Casadei, una storia di famiglia Casadei, l'uomo del vino: «Il futuro è dei ragazzi, investiamo su di loro»

Casadei, una storia di famiglia

L’esperienza italiana esportata all’estero

Negli ultimi anni Casadei si è diviso tra le proprie aziende in Toscana e Sardegna e i progetti nei quali è stato coinvolto all’estero: California, Turchia, Caucaso. «All’esterno ci chiamano perché i nostri concorrenti diretti, i francesi, non hanno la nostra capacità di stringere rapporti - ci spiega -. Il francese si muove sempre e solo secondo le sue idee, noi invece abbiamo le nostre convinzioni ma siamo molto più elastici, riusciamo a adattarci meglio».

Quella di consulenza è una delle principali attività per Casadei: «Ma per andare all’estero però serve esperienza e competenza, non basta la semplice conoscenza teorica: noi non veniamo chiamati solo perché italiani, ma perché sappiamo lavorare in un certo modo - sottolinea -. In Italia c’è poca gente che vuole lavorare nelle campagne, manca la professionalità. Noi come azienda investiamo ogni anno parecchi soldi per la formazione dei nostri dipendenti».

 

Il vignaiolo, un mestiere che ha rischiato di scomparire

«Negli anni ‘50-’60 le cose erano diverse: questo mestiere lo facevano i contadini che erano abituati a lavorare nei campi – continua Casadei -, erano lavoratori che avevano ereditato il mestiere dai nonni e dai padri. Ma con l’industrializzazione la campagna si è impoverita e dagli anni ‘80-’90 non sono nati nuovi professionisti. Ultimamente devo dire che c’è stato un bel ritorno dei giovani in campagna, periti agrari e agronomi che vogliono avvicinarsi ai vitigni. Ma non vanno presi e buttati nei campi: bisogna investire su di loro».

 
Un mestiere storico, che ha rischiato di scomparire Casadei, l'uomo del vino: «Il futuro è dei ragazzi, investiamo su di loro»

Un mestiere storico, che ha rischiato di scomparire

L’importanza della passione per la vigna

«Il vignaiolo dev’essere prima di tutto un grande appassionato perché opera all’aperto - il che può essere una cosa bella -, ma lavorare in questo modo aperta significa misurarsi ogni giorno con diversi fattori che incidono notevolmente: freddo e caldo, innanzitutto, ma anche pioggia e neve, sole cocente e vento. Chi fa questo mestiere - spiega ancora Casadei - dev’essere operativo quando lo richiede la vigna, e su questo aspetto non ci possono essere compromessi: a volte si lavora col freddissimo e a volte sotto il solleone. Serve grande spirito di sacrificio, che in questo caso nasce solo e soltanto dalla passione».

 

Il segreto di un grande vignaiolo? Conoscere il territorio

Il mestiere del vignaiolo ricopre un ruolo fondamentale per la buona riuscita del prodotto finale, il vino appunto. E non solo per un ovvio aspetto organolettico: «Noi dobbiamo essere fieri conoscitori della terra su cui lavoriamo, dobbiamo capire e comprendere la zona che circonda la nostra vigna. Perché la nostra figura è quella che deve legare a doppia mandata il vino che stiamo per produrre al territorio – sottolinea Casadei -. Noi intendiamo la vite come una pianta che fa un frutto nella sua parte visiva, ma la vite vive sottoterra: il risultato che si vede esternamente parte da sotto, dove affondano le radici. La vite è la regina di tutti i frutti: se viene trattata come si deve questa poi ti ripaga con gli interessi. Oggi un buon vigneron deve saper convivere in un certo modo con il territorio in cui lavora: un vigneto non è come una fabbrica, con un vigneto ti devi fidanzare per avere dei risultati buoni».

 
L'esperienza da tramandare ai giovani Casadei, l'uomo del vino: «Il futuro è dei ragazzi, investiamo su di loro»

L'esperienza da tramandare ai giovani

I giovani che si avvicinano alla vigna

Ma come detto, negli ultimi anni stanno crescendo i ragazzi italiani che si diplomano in agraria e si avvicinano al mondo delle vigne: «A tutti questi giovani consiglio prima di tutto di studiare in modo approfondito le lingue straniere, così da potersi permettere delle importanti esperienze all’estero - spiega Casadei -. Ma prima di andare all’estero serve esperienza: suggerisco di muoversi per aziende specializzate e organizzate, quelle che introdurranno questi provetti vignaioli nel mondo del lavoro in maniera impeccabile. Poi si può pensare di andare all’estero a esportare la nostra cultura vitivinicola. Ricordiamoci che la cultura è una grossa fetta della preparazione, ma serve anche tanta esperienza che si acquisisce solo sul campo. Poi il lavoro c’è, per tutti, all’estero come in Italia».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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