Antinori, Incisa della Rocchetta, Biondi Santi, Frescobaldi sono solo alcune delle famiglie patrizie toscane diventate icone della viticoltura. Nel corso dei secoli, non dei decenni, e questo va sottolineato. Capita ogni tanto che qualcuna di queste famiglie passi, in tutto o in parte, il testimone; di questo tipo è stata la genesi dell’Azienda Agricola Fornacelle, che a Milano ha presentato i propri vini presso il ristorante Il Liberty in viale Monte Grappa.

Le etichette dell'Azienda agricola Fornacelle
La storia dell'Azienda agricola Fornacelle
Oggi, chissà, lo chiameremmo “spin-off”; nel 1945 si chiamava riscatto della mezzadria a seguito di riforma agraria. Fu così che i Conti Della Gherardesca diedero a Giulio Batistoni la possibilità di diventare proprietario del Vigneto di Zizzolo, in zona Bolgheri (Alta Maremma): solo due ettari, per cominciare. Altro momento decisivo è il 1996, quando Stefano Billi, il nipote di Giulio, prende in mano il lavoro portato avanti da quattro generazioni della sua famiglia; e metaforicamente sale, proprio tra i primi, sul treno Bolgheri, che nel volgere di due decenni porterà al successo i vini rossi del territorio. Il nome Bolgheri, e la corrispondente area geografica, diventano un nuovo punto di riferimento per gli appassionati di ogni parte del mondo.
«Oggi gli ettari dell’Azienda Agricola Fornacelle sono diventati 15 - racconta Stefano Billi - di cui 9 di vigneto, 2 di oliveto, 2 ettari di alberi da frutto e il resto destinato alle coltivazioni orticole e seminative. Lo dico per ricordare che la mia famiglia ha vissuto e vive di agricoltura: per noi non è un investimento, si utilizza tutto ciò che cresce e si vende per le esigenze primarie, ossia vivere del proprio lavoro».

Stefano Billi con la moglie Silvia Menicagli
Bolgheri è famosissima fra gli addetti ai lavori almeno da vent’anni: ma a beneficio del pubblico non specializzato, quali sono le sue caratteristiche principali?
Siamo vicini alla costa toscana, poco più a nord dell’Isola d’Elba. Il nome "Fornacelle" è legato alla presenza di numerose ed antiche fornaci, i cui resti si trovano ancora sotto la cantina aziendale. Tutt’intorno le colline sono basse e il tipo di terreno è eterogeneo, varia anche a minime distanze. Si presenta sassoso e calcareo, di medio impasto con presenza di ciottoli, ma anche sabbioso. Questa varietà di composizione conferisce ai vini una notevole complessità e li rende intensi, di grande carattere e ricchi di sfumature.
Qualche dettaglio sui protagonisti di questa giornata milanese?
Lo Zizzolo Bianco è un Vermentino 100%, è recentissimo, imbottigliato nel 2021, fermenta in acciaio. È fresco, ha una bella acidità, è di facile impatto. Un blend di tre cloni dello stesso vitigno, impiantati da circa vent’anni sulle nostre proprietà. L’altro è un Sémillon 100%, fermentato in barrique da 225 litri. Questo è un prodotto che invecchia bene, e dopo 3-4 anni dà il meglio di sé. Ora ce lo possiamo godere per i profumi fruttati, la freschezza e la sapidità ben presente.
Credo però siano i rossi il prodotto più valorizzato e trainato dal marchio Bolgheri, e dalla sua rinomanza mondiale…
Esatto, e noi di "Fornacelle’"non ci tiriamo indietro: abbiamo questo Foglio 38 Bolgheri Superiore 2017, che è 100% Cabernet Franc in purezza, e la fermentazione è in barrique aperta; segue un affinamento in barrique di 18 mesi. Ne risulta un rosso di notevole complessità e intensità, ricco di sentori di frutti rossi, dal tannino setoso ed elegante. Un altro rosso fortemente vocato all’invecchiamento è l’Erminia (il nome di mia figlia) Bolgheri del 2016, un Merlot 100% morbido e avvolgente, di buona struttura ma non pesante, con sfumature di spezie dolci e buona persistenza finale. La produzione media è piuttosto bassa, visto che parliamo di 70 quintali per ettaro, 40 nel caso del Merlot. La scelta è quella di non produrre sempre e comunque, ma di selezionare solo le annate migliori.
L'esperienza milanese al Liberty
E d’altronde siamo a Bolgheri: con la forza del marchio che ci si ritrova, non avrebbe senso fare vini per le masse, o puntare alla superproduzione. Ci si accontenta di piccoli appezzamenti e produzioni limitate, ma è un bell’accontentarsi, diciamo così, e le soddisfazioni che Stefano Billi si concede non sono poche: tra le altre, anche quella di accompagnare una cucina che sa essere innovativa senza dimenticare le proprie radici. Stiamo parlando dei piatti di Andrea Provenzani, lo chef del Liberty di Milano: i ravioli di puntine speziate, cipolle arrosto e spuma di patate, nonché il Reale di Black Angus laccato al vino rosso con scalogno e patata soffice hanno fatto da sfondo alla nobiltà dei rossi di “Fornacelle” senza rubare la scena; mentre i vini, dal canto loro, hanno saputo donare alle pietanze sfumature sensoriali difficili da dimenticare.

I Ravioli di puntine speziate
Tutto questo si è generato nel tempo grazie alla fedeltà, a tradizione e territorio, di un gruppo di famiglie note in campo storico; ma la vicenda della famiglia Batistoni-Billi e di “Fornacelle” sta a dimostrare che non è indispensabile uno stemma gentilizio appeso da qualche parte per produrre con testardaggine e passione, inserendosi in una scia di successi vitivinicoli che costituiscono, probabilmente, un nuovo ambito storico. Che promette di essere fascinoso e glorioso almeno quanto quello su cui s’innesta.