L’Alto Adige torna a Napoli con una serata che conferma la città come uno dei mercati più attenti e curiosi per i suoi vini. L’11 novembre scorso, il Ristorante Veritas di corso Vittorio Emanuele ha ospitato l’incontro “Mezzo secolo di eccellenza. I Bianchi dell’Alto Adige: freschezza, aromi e longevità”, organizzato dal Consorzio Vini Alto Adige. A guidare la degustazione Filippo Bartolotta, giornalista e wine educator, coadiuvato da Eduard Bernhart, direttore del Consorzio, in un racconto che ha intrecciato calici, memorie e paesaggi per ripercorrere l’evoluzione di una regione che, da zona vinicola di montagna poco conosciuta, si è affermata come un polo d’eccellenza nel panorama vitivinicolo nazionale e internazionale. Attraverso otto calici, il territorio altoatesino ha mostrato la sua pluralità di volti e di paesaggi.

Ogni vigneto dell’Alto Adige ha un carattere unico grazie ai microclimi e all’altitudine
L’Alto Adige tra montagna, microclimi e altitudine
L’Alto Adige è una “Y” geografica e simbolica, che da Egna sale verso la Valle Isarco, cuore minerale e verticale dei bianchi, per poi piegare a ovest verso Merano e la Val Venosta, dove l’altitudine sfiora i 1000 metri. Qui la vite convive con la montagna tra pendii scoscesi, luce nitida e notti fredde, elementi che conferiscono ai vini un carattere elegante, affilato e longevo. In pochi chilometri cambiano esposizione, pendenza e suolo, creando un mosaico di microclimi che rende unico ogni vigneto. Il clima, alpino-continentale ma mitigato da correnti mediterranee, regala forti escursioni termiche che esaltano aromaticità e tensione gustativa.

I vini bianchi dell’Alto Adige riflettono la luce e i microclimi della montagna
Viticoltura di qualità e precisione in Alto Adige
Pur occupando meno dell’1% della superficie vitata italiana, con circa 5.850 ettari, l’Alto Adige è oggi un modello di viticoltura di qualità e l’introduzione delle 86 Uga - Unità Geografiche Aggiuntive ha segnato un passo decisivo verso la viticoltura di precisione, dove ogni vino Doc dovrà provenire interamente dall’area indicata in etichetta, con rese più basse e criteri produttivi più rigorosi, a tutela dell’autenticità e della riconoscibilità. Una scelta che afferma il legame profondo tra il vino e il suo luogo d’origine. La Campania si conferma tra i mercati più dinamici per la denominazione, grazie a una ristorazione capace di valorizzare la grande cucina d’autore e i vini di territorio, ed è stato proprio qui, al Veritas, che il dialogo tra le due identità si è fatto racconto.

I vigneti dell’Alto Adige, tra pendii scoscesi e altitudini elevate
Il percorso sensoriale dei bianchi dell’Alto Adige
Il viaggio sensoriale è iniziato con il Kettmeir Athesis Metodo Classico, fresco e fragrante, brindisi introduttivo della serata, per poi entrare nel vivo dei vini bianchi, partendo dalla zona più a Nord, con il Sylvaner Praepositus 2023 dell’Abbazia di Novacella, un bianco teso e minerale, che ha dialogato con il lattughino arrosto e le mandorle verdi, in un incontro tra purezza alpina e delicatezza vegetale.
Dalla Valle Isarco ci spostiamo all’imbocco della Val Senales nella Val Venosta, con il Riesling Vigna Windbichel 2023 di Castel Juval, proveniente dal singolo vigneto Windbichel tra i 700 e i 760 metri sul livello del mare ed esposto a sud: un vino che ha portato energia e note agrumate, coinvolgendo pienamente i sensi.

Le etichette degustate
Si passa poi al Pinot Bianco Rarity 2009 di Terlano, simbolo di longevità e complessità, una realtà conosciuta per le sue cosiddette “Rarità”, ossia bottiglie speciali di vini bianchi invecchiati, maturati per almeno dieci anni sui lieviti fini all’interno di cisterne d’acciaio in pressione. Ciò che più conquista è la sua grande freschezza, un elemento che lo rende affascinante e coinvolgente, adatto ad accompagnare i ravioli di pesce affumicato, pollo e dragoncello, dove struttura e cremosità si intrecciavano perfettamente.
Altro cavallo di razza è il Feldmarschall von Fenner 2013 di Tiefenbrunner, Müller Thurgau, un bianco d’altura unico, nato da vigne che superano i 1000 metri di altitudine sul monte di Favogna. Un vino dalle intensità straordinarie, vibrante e salino, che incanta con profumi raffinati di zafferano, salvia e gelsomino.

Il Moscato Rosa 2023 di Castel Sallegg
Si cambia registro con il Pinot Bianco Kalkberg 2023 di Cantina Sankt Pauls, più fresco e floreale, che ha aperto la strada all’Appius 2015 di San Michele Appiano, altro bianco d’autore, dal profilo intenso e speziato, che ha incontrato la ricciola con sedano rapa ed elicriso. Il viaggio volge al termine e si chiude con un altro prodotto raro e seducente, il Moscato Rosa 2023 di Castel Sallegg, che profuma di petali di rosa, lampone e spezie dolci, vellutato ma sorretto da una sorprendente acidità, in perfetta sintonia tanto con il pre-dessert, quanto con il dessert “rosa, rosa e rosa”.
I piatti dello chef Marco Caputi in armonia con i vini
I piatti dello chef Marco Caputi hanno costruito un dialogo preciso con i vini, tra note amare, acidità e contrasti calibrati, restituendo una cucina di equilibrio e contemporaneità. Tra un calice e l’altro, Bartolotta e Bernhart hanno raccontato la storia di una terra che ha saputo rinnovarsi senza perdere identità, come racconta il recente docu-film “Vino in Alto Adige-Storia di una rinascita”, presentato da pochi giorni in anteprima al Filmclub di Bolzano, che racconta di dodici pionieri che hanno guidato la svolta qualitativa degli anni Settanta e Ottanta, attraverso le loro sfide e le loro visioni, in modo da conservare la memoria per le generazioni future.
Filippo Bartolotta e lo chef Marco Caputi
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Il raviolo dello chef Caputi
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La ricciola dello chef Caputi
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È in questa sintesi di rigore alpino e sensibilità mediterranea che l’Alto Adige continua a trovare la sua forza, in una viticoltura che parla di montagna, di luce e di tempo, e che nel calice rivela tutta la sua idea di futuro.