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Intervista a Riedel: il calice è la chiave per educare il consumatore di vino

Maximilian J. Riedel, ceo e presidente dell’omonima azienda austriaca di calici, tra i leader europei nella produzione di calici, vede una stretta del mercato e la necessità di giocare con ogni mezzo per conquistare i consumatori. Che però sembrano sempre più preparati e consapevoli per l’esperienza “culturale” che è il vino

26 aprile 2025 | 05:00
Intervista a Riedel: il calice è la chiave per educare il consumatore di vino
Intervista a Riedel: il calice è la chiave per educare il consumatore di vino

Intervista a Riedel: il calice è la chiave per educare il consumatore di vino

Maximilian J. Riedel, ceo e presidente dell’omonima azienda austriaca di calici, tra i leader europei nella produzione di calici, vede una stretta del mercato e la necessità di giocare con ogni mezzo per conquistare i consumatori. Che però sembrano sempre più preparati e consapevoli per l’esperienza “culturale” che è il vino

26 aprile 2025 | 05:00
 

«In questo momento è una guerra senza esclusione di colpi, come nel 2008. In questo momento, posso solo conquistare nuovi clienti ai miei concorrenti, e di questo nessuno parla. Succederà nel settore vinicolo, nella ristorazione e nell'industria alberghiera». Parola di Maximilian J. Riedel, undicesima generazione dell’azienda austriaca di bicchieri - con radici in Boemia e oggi diventata un gruppo multinazionale con le acquisizioni in Germania - che nell’intervista a Italia a Tavola delinea una situazione di mercato “belligerante”. Secondo l’imprenditore tirolese, infatti, il mercato è in frenata e tutti lo percepiscono, anche nel segmento vino. Eppure, proprio perché il vino è una questione di cultura e di apprezzamento per le complicazioni - dice - si tratta di conquistare i consumatori che ci sono, ma si deve vincere la concorrenza. E questo vale per l’intero segmento del f&b e dell’entertainment.

Riedel, l'esperienza è la chiave per conquistare il consumatore

Maximilian Riedel, il mercato del vino si sta evolvendo, forse verso una nicchia e comunque verso un consumo minore. Qual è la sua prospettiva su questo mercato e come pensa che possa evolversi al momento?
In primo luogo, sono contento che la visione della nostra azienda sia sempre stata quella di concentrarsi sul mercato globale. Se ci fossimo concentrati sui singoli mercati e fossimo dipesi da singoli paesi, penso che avremmo dovuto affrontare sfide doppie per sopravvivere. È sempre stata anche la visione di mio padre: esportare, esportare, esportare. Quindi ho il vantaggio di essere sempre stati interessati all'export e di aver costruito l'attività a livello globale. A volte però non prestavamo attenzione ai mercati limitrofi, come l'Italia e la Germania. Ecco perché, quando mi chiedono dove vedo il potenziale futuro - se dobbiamo puntare sull’India o sull’Africa - io sono molto tranquillo perché non dipendo da quello. Il mio potenziale è ancora alto in Germania e in Italia. Vedo il potenziale maggiore nei mercati sviluppati che bevono vino e che attualmente potrebbero non essere molto consapevoli, in primo luogo, del mio marchio e, in secondo luogo, di cosa possono offrire i miei bicchieri. La mia tattica “da guerrilla” è quella di condurre degustazioni in cui le persone vivano un'esperienza. In questo momento, sento che il consumatore desidera una cosa in particolare: vuole fare esperienza.

Intervista a Riedel: il calice è la chiave per educare il consumatore di vino

Maximilian J. Riedel, ceo e presidente dell’omonima azienda

Quindi l’esperienza risulta centrale per il consumatore e per chi vuole conquistarlo?
Vedo che con le mie degustazioni, in Europa come in Asia, offro un'esperienza wow ed è così che posso attrarre clienti globali al mio marchio. Non per nulla le nostre degustazioni vanno sold-out in pochi giorni. Perché non parlo solo di come si fa il vetro - è l'ultima cosa - ma parlo di vino per far capire cosa può fare il bicchiere per migliorare la qualità di un vino o forse persino per distruggerla. La gente non ci ha mai pensato, quindi è un momento così emozionante che quando assaggiano lo stesso vino in due bicchieri differenti non ci possono credere. È proprio lì che li ritrovo, e diventano nuovi clienti. Stiamo sviluppando progetti per far provare al consumatore i nostri calici e sono convinto che si appassioneranno alla nostra qualità; se avranno la possibilità di annusare e assaggiare i vini in calici di forme diverse, diventeranno curiosi. E io ho bisogno che le persone siano curiose. Credo che questo sia l'obiettivo.

Quindi, finché il vino si evolverà da commodity a esperienza culturale, l'esperienza del calice sarà un valore netto che ne migliorerà la qualità?
Assolutamente sì. Molte persone mi dicono di aver iniziato a bere vino grazie al mio calice e penso che sia come una medaglia d'oro al collo. Immagino che siano entrati in contatto con Riedel per la sua bellezza, perché è un marchio, perché si sono sposati e hanno ricevuto in regalo un set di bicchieri Riedel… e grazie ai miei bicchieri hanno scoperto il vino.

Intervista a Riedel: il calice è la chiave per educare il consumatore di vino

Le visite in cantina per Riedel sono fondamentali

Tornando all'esperienza, c’è stato uno sviluppo nel mercato delle cantine che offrono visite di degustazione?
Io sostengo che noi come azienda stiamo facendo un ottimo lavoro. E dico sempre a chi partecipa alle degustazioni: "Ragazzi, vi sto complicando la vita. Perché d'ora in poi quando andrete al ristorante non direte più: Fammi vedere la carta dei vini. Direte: Fammi vedere i tuoi bicchieri. Perché in base ai bicchieri che avete, sceglierò il vino. Credo che i consumatori stiano crescendo in consapevolezza a tal punto che quando vanno in una cantina che magari produce Pinot Nero, Cabernet, Chardonnay e la cantina usa un solo bicchiere, l’ospite potrebbe dire: "Mi scusi, non funziona". Chiaro, se una cantina lavora 10 vitigni diversi capisco che logisticamente possa essere impegnativo avere 10 bicchieri diversi, ma fa parte dell'educazione. Il vino - non dovremmo mai dimenticarlo - è complicato. Alla gente piacciono le complicazioni. E quando sei un amante del vino, ami la complessità di pensare a quale cibo si abbina a quale vino. A quel punto, io sono solo il punto sull’ultima lettera.

Riedel, la cultura per avvicinare al vino

Cosa significa che il vino è complicato?
Credo che chi si avvicina per la prima volta al vino si senta intimidito. "Devo sapere questo. Devo sapere quello". Per questo io suggerisco sempre di andare prima di tutto a visitare una cantina. Perché dietro e prima del vino c'è molta cultura.

Questo genera forse una distanza crescente tra una nicchia di consumatori “culturali” e i consumatori mainstream, che stanno in realtà diminuendo. Come vede questa evoluzione? Pensa che l’esperienza possa aiutare il consumatore a crescere?
Penso di avere due opportunità: acquisire nuovi clienti e migliorare i clienti, migliorando i ristoranti. Molti ristoranti che usano un solo bicchiere per tutto. La mia forza vendita è addestrata a vendere loro questo e poi a tornare e dire: Che ne dite di migliorare, scegliendo un vitigno specifico? Ultimamente vediamo molti miglioramenti, frutto dell'educazione dei consumatori.

Intervista a Riedel: il calice è la chiave per educare il consumatore di vino

Solo con la cultura si possono avvicinare i giovani al vino

E come vede i giovani consumatori in questo scenario?
È un mondo molto interessante. Ho la fortuna di avere dei nipoti teenager e hanno avuto tutte le opportunità di imparare da noi. Sono buongustai, amano il cibo e girano i ristoranti fine dining con il nonno. Eppure non bevono vino. Perché? Non lo so. Forse sono ancora troppo giovani. E in fondo anche io da giovane bevevo alcol in maniera poco consapevole. Però ho un punto di osservazione positivo. Se guardo ora in Corea, alle mia degustazioni - con biglietti venduti solo online, in due giorni - credo che l'età media fosse di 25 anni. Sono rimasto colpito dal fatto che, prima di tutto, fossero interessati al vino e al mio marchio associato al vino. E vedo i giovani coreani che siedono alla mia degustazione: sono tutti appassionati. Quindi, la cultura è quello che conta. Per questo non ho paura guardando avanti.

Riedel, la guerra del mercato

E la crisi non preoccupa?
Ho paura, sì, moltissimo, perché tutto è rallentato. Siamo molto preoccupati per i singoli Paesi che non possiamo influenzare. Credo che la situazione politica sia la peggiore che abbiamo mai avuto. Dove andrà a finire? Sono tempi molto difficili. E la gente in questo momento, credo, ha ben altro di cui preoccuparsi che del vino e del calice. Quindi non so come andrà a finire. Non posso prevederlo. Quello che posso dire è stiamo lavorando più duramente che mai. Viaggio più che mai, così come la mia forza vendita, perché in questo momento è una guerra senza esclusione di colpi, come nel 2008. In questo momento, posso solo rubare nuovi clienti ai miei concorrenti, e di questo nessuno parla. Succederà nel settore vinicolo, nella ristorazione e nell'industria alberghiera. Ora l'unico modo per sopravvivere non è cercare di conquistare nuovi clienti, ma battere la concorrenza. Questo è il punto in cui ci troviamo noi e anche il settore vinicolo.

Dunque il consumatore va conquistato?
Il consumatore c'è. Non stanno crescendo nuovi consumatori, ma noi possiamo conquistarne di nuovi. Abbiamo recentemente lanciato una nuova collezione di bicchieri chiamata Grape by Riedel che incarna al 100% la filosofia e la qualità Riedel, al prezzo più basso.

Intervista a Riedel: il calice è la chiave per educare il consumatore di vino

Secondo Riedel i più svantaggiati con i dazi saranno i consumatori americani

E con le guerre commerciali in atto, come vi comportate?
Gli Stati Uniti sono il vostro mercato principale e il più grande mercato retail. La guerra aperta tra Europa e Stati Uniti penso sia preoccupante, perché il vostro mercato è nella filiera del vino e dei distillati. Quindi è una situazione difficile, è una sfida. Un mese fa il più grande distributore di vino degli Stati Uniti aveva un magazzino più pieno che mai. Penso però che i più svantaggiati con i dazi siano i consumatori americani. Sì, c'è una produzione di vino in America, ma solo a un livello elevato. Quindi, il vino d’ingresso che al momento proviene dall'Europa scomparirà? Sarebbe pazzesco. Lo stesso vale per la vetreria: gli Stati Uniti non hanno più una produzione di vetro per alimentare la fornitura di vetro, tutti i marchi americani sono spariti e quindi dipendono al 100% dalle importazioni per il vetro e al 100% dalle importazioni per la plastica. Quindi penso che al momento tutto sia aleatorio.

Weissachstraße 28-34 6330 Kufstein (Austria)
Tel +43 5372 64896901

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