Il tema dei vini dealcolati, questione che Italia a Tavola tratta da tempo, è stato uno degli argomenti che hanno vivacizzato anche la scorsa edizione del Vinitaly. Ci troviamo di fronte a un vero e proprio concetto che ha scatenato le più svariate prese di posizione, tanto che molti hanno ritenuto opportuno rimarcare quanto il vino sia cultura, tradizione nonché grande ambasciatore di un territorio. Quindi, è sbagliato parlare di vino se non ha l’alcol.

I dati mostrano una crescita significativa nelle vendite di vini dealcolati
Personalmente condivido il pensiero che il vino sia davvero un segno di riconoscimento della nostra cultura, del nostro modo di essere e di vivere nonché di essere rappresentati. Non dobbiamo però dimenticare che, se ne parliamo, un motivo c’è.
Crescita del mercato dei vini dealcolati
I dati mostrano una crescita significativa nelle vendite di vini dealcolati, soprattutto nei Paesi europei del nord e negli Stati Uniti. Già sappiamo che il decreto firmato da Lollobrigida ha sanato in realtà una situazione già legalizzata altrove. Di fatto, si è voluto disciplinare qualcosa che da tempo succede all’estero, ma che non poteva avvenire in Italia.
È vero anche che il Ministro ha cercato di arginare il tema, riservando solo ai vini generici, quindi senza denominazione, il titolo di vino dealcolato. Non ricordarlo sempre è un grande errore.
Il profilo del consumatore dei vini dealcolati
Vorrei poi aggiungere come a Verona, molti produttori abbiano cercato di spiegarmi che il consumatore da conquistare è quello che già consuma vino e che, per motivi vari (come impossibilità di assumere alcol per lavoro, terapie mediche, gravidanza, scelte salutistiche o consumo moderato), voglia sperimentare questi prodotti. Non si tratta, quindi, tanto di attrarre nuovi acquirenti che non consumano vino e che, a priori, sono poco attratti dai dealcolati.
La questione del nome “vino” nei dealcolati
Infine, l’annoso tema di aver dato il nome “vino” ai dealcolati. È una questione molto complessa che non può essere affrontata a livello nazionale, ma deve essere gestita in sede europea.

Non dobbiamo demonizzare i prodotti dealcolati
Senza entrare nel merito di quanto sia giusto o sbagliato, è inutile negare che, se in Italia lo chiamiamo “bevanda a base di vino” e in Germania “vino dealcolato”, i tedeschi avranno più possibilità di intercettare un mercato potenziale che noi ci auto-precludiamo.
Il mercato come guida
Partendo quindi dal presupposto che il mercato è il vero e unico padrone a cui rispondere, non dobbiamo demonizzare i prodotti dealcolati, ma dobbiamo svolgere un’analisi opportuna e dare soluzioni concrete, evitando di arroccarci su concetti culturali o storici che valgono solo per noi.