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Vini d’Abbazia

Tra fede, storia e calici millenari, il vino monastico conquista Fossanova

Vini d’Abbazia 2025 a Fossanova celebra la tradizione enologica monastica con 4mila visitatori, degustazioni, masterclass e produttori da abbazie storiche italiane e internazionali

 
13 giugno 2025 | 09:30

Tra fede, storia e calici millenari, il vino monastico conquista Fossanova

Vini d’Abbazia 2025 a Fossanova celebra la tradizione enologica monastica con 4mila visitatori, degustazioni, masterclass e produttori da abbazie storiche italiane e internazionali

13 giugno 2025 | 09:30
 

Costruita pietra dopo pietra dai cistercensi tra 12° e 13° secolo, l'Abbazia di Fossanova a Priverno (Lt) ha accolto San Tommaso d’Aquino nei suoi ultimi giorni e continua a funzionare come luogo centrale per la liturgia e la memoria. Dal 6 all’8 giugno 2025, ha ospitato la quarta edizione di Vini d’Abbazia. Circa 4mila persone hanno attraversato il chiostro, il refettorio, le navate e le sale del borgo medievale per degustare, studiare e confrontarsi.

Tra fede, storia e calici millenari, il vino monastico conquista Fossanova

L'Abbazia di Fossanova ha ospitato la quarta edizione di Vini d'Abbazia

In scena è andato il vino come archivio materiale di un ordine produttivo che nasce dalla clausura, dall’isolamento e dall’obbedienza al tempo. Più di trenta realtà legate a monasteri attivi, soppresse o convertite, hanno presentato bottiglie che sfuggono a ogni moda. Vini custoditi nei secoli da comunità religiose, oppure oggi prodotti da aziende civili che ne rispettano la logica. Tutto ruota intorno a questo asse: far emergere un sistema parallelo, rigoroso, non appariscente e, purtroppo, troppo spesso ignorato.

Quando il vino diventa preghiera (e viceversa)

Che il legame tra monasteri e vino sia stretto non è certo una novità, basti pensare al famoso monaco Dom Pérignon, padre spirituale dello Champagne. Ma qui non parliamo solo di vecchie leggende. Vini d’Abbazia mette in scena la vitalità contemporanea di una tradizione antica. Monaci e suore di ogni ordine, insieme a produttori “laici” custodi di vigne monastiche, hanno presentato etichette rare e affascinanti. Trenta cantine circa da tutta Italia (e oltre) hanno portato in questo borgo fuori dal tempo il frutto di secoli di passione vinicola coltivata dietro mura di clausura o tra colline benedette. Si scopre così che dal Trentino alla Sicilia l’Italia è punteggiata di abbazie dove si è sempre fatto vino.

Tra fede, storia e calici millenari, il vino monastico conquista Fossanova

30 le cantine presenti a Vini d'Abbazia

Alcuni esempi? I Canonici agostiniani dell’Abbazia di Novacella, in Alto Adige, ancora oggi imbottigliano bianchi freschi e aromatici. A Bolzano i monaci di Muri-Gries coccolano vigne di Lagrein e producono rossi possenti. In Toscana, l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore (quella con gli affreschi del Sodoma, per intenderci) vinifica vino dal 1300; oggi sette ettari di vigneti danno vita a Sangiovese, Cabernet e Merlot (tra cui un rosso chiamato non a caso Monaco) e ci dimostrano che la Regola benedettina “ora et labora” può ben applicarsi anche al rimontaggio del mosto. Per non parlare delle suore trappiste di Vitorchiano, nel Lazio, che tra una preghiera e l’altra trovano il tempo di produrre un vino sincero e qualche liquore erboristico tratto da ricettari segreti.

Tra fede, storia e calici millenari, il vino monastico conquista Fossanova

A Vini d'Abbazia presenti cantine italiane ed estere

Non mancano gli ospiti internazionali: dal cuore della Georgia sono arrivati i vini millenari del Monastero di Alaverdi–Badagoni, dove i monaci ortodossi affinano il vino nelle qvevri interrate, come facevano nel Medioevo (o forse già all’epoca di Noè). E la rete francese “Les Vins d’Abbayes” ha portato in dote qualche chicca d’Oltralpe, a ricordarci che se oggi sorseggiamo Champagne e Borgogna lo dobbiamo anche alle lunghe veglie di monaci visionari d’oltralpe.

Vini d'Abbazia, degustazioni con il saio (quasi)

Passeggiando nel chiostro durante la manifestazione, capita di imbattersi in scene curiose. Un giovane sommelier respira a fondo il boquet di un calice, mentre accanto a lui un frate in saio bianco osserva compiaciuto (forse riconoscendo in quell’aroma le fatiche della sua confraternita). In realtà, la maggior parte degli espositori sono enologi e produttori esperti in abiti civili, ma l’aura monastica pervade tutto, dalle etichette con stemmi abbaziali alle tonache (vere) di qualche religioso presente (c’era anche Dom Diego Rosa, il padre priore dell’Abbazia del Monte Oliveto Maggiore).

Tra fede, storia e calici millenari, il vino monastico conquista Fossanova

I vini presenti provengono da uve coltivate dietro mura di clausura o tra colline benedette

C’è chi si rifugia nella preghiera di fronte alla bontà di un calice di Chardonnay Santissima Annunciata, prodotto sul Monte Orfano da Bellavista in collaborazione con i frati Servi di Maria; un bianco tanto puro che vien voglia di intonare un canto. Poco più in là, Harmonia Mundi (armonia, meglio, pace nel mondo) è il primo spumante nato a Venezia, ottenuto coltivando uve nei chiostri di San Francesco della Vigna, in piena laguna. In tre giorni si passano in rassegna vitigni e storie come grani di un rosario: dal Grechetto umbro coltivato dai monaci di Bose ad Assisi (pare abbia il dono di mettere d’accordo credenti e miscredenti a tavola) al Magliocco calabrese dell’Abbazia di Santa Maria della Matina, fino al Prosecco dei monaci cistercensi di Santi Gervasio e Protasio a Vittorio Veneto. Ce n’è per ogni palato in cerca di redenzione (enologica, s’intende). E tra un sorso e l’altro, le eccellenze gastronomiche locali nel Villaggio Food & Wine non sono state da meno: caciotte, pane di monastero, olio dei frantoi laziali e magari qualche fetta di prosciutto dei Monti Lepini hanno offerto il necessario conforto terreno per continuare la degustazione senza cadere in tentazione (di stomaco vuoto).

Vini d'Abbazia, masterclass tra spirito e spirito

Non di soli assaggi vive l’eno-appassionato: l’evento ha offerto anche sostanziosi momenti culturali. Nel refettorio dell’abbazia (quale sala più appropriata per parlare di cibo e vino?) si sono tenute masterclass e conferenze in cui il vino diventava pretesto per esplorare territori, arte e spiritualità. Nell’incontro sul Viaggio, la critica enogastronomica Chiara Giorleo e il giornalista Fabio Sironi hanno guidato i partecipanti attraverso otto vini rappresentativi e hanno tracciato un itinerario ideale fra vigne, architetture sacre e paesaggi mozzafiato. Un po’ come sfogliare un atlante enologico in cui al posto delle città ci sono abbazie e al posto delle strade filari ordinati di viti. Le domande sul rapporto tra vino e fede si sprecano.

Tra fede, storia e calici millenari, il vino monastico conquista Fossanova

Vini d'Abbazia: padre Pablo Scaloni, prof. Ernesto Di Renzo, Massimiliano Raffa, Roberta Ammendola, Luigi Niccolini e Carmine Daniele

Il vino è da sempre simbolo di condivisione e trascendenza (dall’eucarestia in poi), ma come si coniuga con la dimensione mondana di un festival? La risposta l’hanno data proprio i protagonisti nei dibattiti: il vino monastico non è marketing new age, bensì un ponte tra epoche. È il passato che parla al presente attraverso un sapore. Così, durante i convegni, si è discusso di come l’enoturismo possa rivitalizzare luoghi dimenticati, portando viaggiatori alla scoperta di conventi arroccati e cantine secolari. C’era persino chi accennava al Giubileo 2025, cogliendo l’occasione per legare il pellegrinaggio spirituale a quello enogastronomico. Un brindisi in abbazia come volano per destagionalizzare il turismo.

Vini d'Abbazia, dal labirinto di viti al territorio: innovazione “divina”

A proposito di territori, una novità gustosa di questa edizione è stato il fuori-programma nella cantina Marco Carpineti. Se il festival celebra la tradizione, Carpineti incarna l’innovazione rispettosa delle radici. Pioniere del biologico nell’Agro Pontino e simbolo del rinascimento enologico del basso Lazio, ha aperto le porte ai visitatori assetati di curiosità. Nella sua tenuta di Cori ci si è potuti perdere (letteralmente) in un labirinto di viti chiamato Limito. Immaginate tre ettari di filari disposti secondo un intricato disegno, il più grande vigneto-labirinto del mondo (dicono). Un’esperienza quasi allegorica; cammini tra Bellone, Nero Buono e Greco Nero cercando l’uscita, e intanto rifletti (complice il vino) sul significato del perdersi e del ritrovarsi.

Tra fede, storia e calici millenari, il vino monastico conquista Fossanova

Il labirinto di viti Limito

Carpineti incarna proprio quel rapporto tra tradizione e modernità su cui tutti, dal produttore all’amministratore locale, hanno insistito. «Vini d’Abbazia è l’esempio concreto di come la tradizione possa incontrare l’innovazione, generando valore per il territorio» ha dichiarato Giovanni Acampora, presidente della Camera di Commercio Frosinone-Latina. Tradotto dal politichese: mescolare storia e buon vino attira gente e fa girare l’economia; e su questo nessuno ha da ridire, specialmente dopo il secondo bicchiere. Per Massimiliano Raffa, presidente dell’agenzia regionale Arsial, il vino non è solo un prodotto ma uno «strumento di racconto, rigenerazione e coesione per i territori». In pratica, ogni calice è un piccolo miracolo laico che tiene vive memorie, comunità e (perché no?) il buonumore generale.

Vini d'Abbazia, impressioni profane di un’esperienza sacra

Al termine di questa tre giorni, si esce da Fossanova forse non più santi di prima, ma certamente più felici. Vini d’Abbazia ha dimostrato che il confine tra sacro e profano può essere sottile ma sicuramente inebriante. Un’abbazia può essere al tempo stesso luogo di culto e di cultura enogastronomica senza perdere un briciolo della propria anima. Anzi, vedere giovani e meno giovani alzare i calici sotto archi millenari è la prova che le tradizioni monastiche possono conquistare il pubblico contemporaneo, a patto di sapersi raccontare con tanto cuore.

Tra fede, storia e calici millenari, il vino monastico conquista Fossanova

Vini d'Abbazia: i vini degustati durante la masterclass

Ci vuole fede per portare avanti per secoli un vigneto in cima a una collina isolata, e ci vuole passione per far rivivere quelle storie in eventi come questo (a proposito, grazie a Rocco Tolfa, creatore e anima dell’evento). Si riparte da Fossanova con qualche bottiglia in bagagliaio e il pensiero che, se esiste un paradiso dei buongustai, ha sicuramente un chiostro ombreggiato e un vino d’abbazia servito a temperatura perfetta. Alla salute, e che Dio ce la mandi buona, possibilmente in barrique.

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