Sembrano scaldarsi le acque in vista del confronto dell’assemblea del 10 luglio di Terre d’Oltrepò, dal cui futuro sembra dipendere oggi, nel bene o nel male, il futuro di un po’ tutte le cantine pavesi. La minoranza di soci che vuole sfiduciare l’attuale consiglio di amministrazione (una sessantina di soci su cinquecento, anche se la lettera è firmata anche da un’altra cinquantina di ex soci) è scesa oggi in campo con un comunicato in cui accusa Italia a Tavola e chi scrive di avere dato notizie infondate… vedremo chi ha ragione.

Con l'assemblea del 10 luglio di Terre d’Oltrepò, dal cui futuro sembra dipendere oggi il futuro di un po’ tutte le cantine pavesi
Peccato che questi contestatori (azione pienamente legittima) non si firmano, non danno recapiti di un rappresentante da potere sentire e, soprattutto, non ci hanno nemmeno inviato il testo del comunicato.
Comunicazione confusa e mancanza di trasparenza
Nonostante un comportamento decisamente bizzarro - e che forse ignora l’abc di una corretta comunicazione o le regole di gestione aziendale - non possiamo venire meno al nostro dovere di assoluta trasparenza e imparzialità e in allegato pubblichiamo quindi questo comunicato anonimo. Così come pubblichiamo anche il comunicato di risposta del consiglio di amministrazione di Terre d’Oltrepò inviato a tutti i soci. Non senza ricordare a tutti che il problema (che sembra animare la minoranza dei soci della cooperativa) non è “dove il giornalista raccolga queste informazioni”, ma se siano corrette o meno. E questo lo si vedrà in assemblea.
Terre d’Oltrepò e il nodo del pagamento delle uve
Poiché il destino di questa cantina non è irrilevante a livello nazionale per tutto il mondo del vino e di quello della cooperazione in particolare (che riesce ad essere vincente quando sa attuare modelli organizzativi moderni, pensiamo solo al caso di Mezzacorona), pensiamo possa essere utile cercare di capire un po’ meglio cosa ci può essere alla base di un contrasto decisamente inusuale, e forse sopra le righe, fra una minoranza ai soci e gli amministratori della cooperativa. Forse, ma non dovremmo essere molto lontani dalla realtà, la questione sta in poche parole in neretto del comunicato della minoranza di Terre d’Oltrepò: “le uve non vengono pagate”. E qui servono dei chiarimenti, visto che il comunicato non li fornisce.

Tra i problemi di Terre d’Oltrepò, il nodo del pagamento delle uve
Per Terre d’Oltrepò si pone infatti una questione un po’ paradossale: la cantina sembra avere acquisito una grande quantità di ordini (e da qui il forte interesse di un investitore nazionale per acquisire una quota della nuova Spa), ma al momento non ha uve per soddisfare la domanda e quindi vendere vino per pagare le uve. O meglio, la cantina ha pagato un primo anticipo per le uve consegnate, ma poi sono intervenuti due eventi importanti: da un lato la peronospora che ha ridotto del 60% circa la vendemmia (fatto che ha messo in crisi l’intero sistema dell’Oltrepò) e dall’altro l’acuirsi di un fenomeno che mette in crisi i regolamenti interni e i principi solidaristici del mondo cooperativo: non pochi soci non hanno consegnato le uve vendemmiate o ne hanno consegnato solo una parte.
Calo produttivo, crisi di liquidità e interferenze esterne
Rispetto ad una raccolta media di circa 300mila quintali di uva, nel 2024 la cantina ha ritirato dai soci conferitori 159mila quintali. Si stima che 50/60 mila quintali siano stati venduti da soci ad altre cantine concorrenti (si parla in particolare di Cantine Ermes, che come tutti soffriva per la mancanza di uve in una fase in cui aveva bisogno di essere presente su un nuovo mercato dopo aver rilevato al fallimento la Cantina di Canneto Pavese). Nel frattempo, ci sono state attività di disturbo che hanno temporaneamente bloccato anche l’operatività della nuova Spa, a cui fanno capo oggi le attività di produzione e commercializzazione.

La riduzione della vendemmia 2023-24, aggravata dalla peronospora, ha ridotto i conferimenti
Bilancio, investimenti e rilancio del marchio La Versa
Terre d’Oltrepò ha quindi dovuto fare i conti con un calo di fatturato e con l’obbligo di pagare con priorità dipendenti e fornitori. Il risultato è che mancano circa 6 milioni di euro che dovrebbero essere garantiti proprio dall’aumento di capitale della Spa qualora entrasse il nuovo investitore di cui si parla. E questo mentre la cantina si appresta comunque a chiudere il bilancio al 30 giugno con un fatturato fra i 23 e 25 milioni di euro, contro gli 11 previsti, grazie alla valorizzazione delle riserve e al rilancio di un marchio storico come La Versa, un tempo lo spumante simbolo dell’alta qualità italiana.

Un fatturato ben più alta del previsto grazie anche al rilancio di un marchio storico come La Versa
Sanzioni, espulsioni e tensioni statutarie
Ma ovviamente la questione aveva anche risvolti statutari, che hanno portato infatti a sanzioni o espulsioni nei confronti di quei soci che hanno venduto le loro uve ai concorrenti, facendo un danno enorme alla cooperativa. Soci che in molti casi si trovano fra i firmatari della richiesta degli amministratori che li hanno sanzionati od espulsi. E questo spiega perché, fra i firmatari della richiesta di dimissioni del consiglio di amministrazione, abbiamo parlato prima di ex soci… che ovviamente non hanno però titolo per partecipare oggi all’assemblea.

Alta la tensione tra i soci in vista dell’assemblea decisiva del 10 luglio
Fra questi, ma questa è solo un’ipotesi giornalistica, ci potrebbe essere Livio Cagnoni, un tempo ai vertici della cooperativa (fino allo scandalo che azzerò tutto) e fra gli uomini più influenti per il vino in Lombardia, e già sostenitore di una linea alternativa a quella di oggi (Ieri: vini sfusi, per lo più Igt, e vendita agli imbottigliatori. Oggi: vini di qualità e la collaborazione con tutta la filiera a partire dai privati, coi quali c’è un patto di ferro per la gestione del Consorzio di tutela).
La cooperazione al bivio tra rilancio e liquidazione
E non casualmente i vertici di Terre d’Oltrepò rispondono ai contestatori con poche ma precise parole: “i problemi derivano principalmente da anni di mancato conferimento di uva da parte di una parte dei soci, alcuni dei quali sono gli stessi che oggi propongono la sfiducia. È essenziale ricordare che la cooperativa vive se i soci la sostengono”. Se non si ha presente questo scenario è forse difficile comprendere perché la partita attorno a Terre d’Oltrepò, che non è la Fiat o Pirelli, sia così importante per tutta la filiera vitivinicola pavese. In gioco c’è un piano industriale per accrescere i volumi e il valore aggiunto dei suoi marchi e al contempo fare delle strutture produttive della cantina un polo di servizi per tutti i produttori, soprattutto per gli spumanti, così come avviene ad esempio nello Champagne. Gli attuali amministratori puntano su questo attraverso lo strumento della Spa, altri soci, che finora sembrano essere in minoranza, contestano questa strategia e sembrano preferire logiche più tradizionali (in cui si chiudevano anche gli occhi rispetto ai mancati conferimenti di uva).

Rispetto ad una raccolta media di circa 300mila quintali di uva, nel 2024 la cantina ha ritirato dai soci conferitori 159mila quintali
In mezzo c’è peraltro il tipo di modello che vuole avere il mondo della cooperazione italiana che, salvo pochi casi importanti di successo, negli ultimi anni ha collezionato salvataggi costati alla comunità, fusioni o acquisizioni o fallimenti. E questi purtroppo sono fatti certi. Il tutto con una incertezza: se non dovesse passare l’aumento di capitale della Spa la strada potrebbe essere quella della liquidazione. E a maggior ragione se venisse sfiduciato il consiglio di amministrazione e venissero messe in discussione le relazioni del collegio sindacale: oltre ad una violenza inimmaginabile sul piano del codice civile, si potrebbero aprire scenari penali che forse pochi hanno valutato fino in fondo.
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