Menu Apri login

Quotidiano di enogastronomia, turismo, ristorazione e accoglienza
lunedì 15 dicembre 2025  | aggiornato alle 07:29 | 116318 articoli pubblicati

Nella Champagne come in Italia: meno uva per salvare il vino (rimasto) in cantina

La Champagne rallenta e fissa un tetto produttivo sotto la domanda attesa: 258 milioni di bottiglie contro 270. Ma è in Italia che la scossa si fa terremoto, con 43 milioni di ettolitri invenduti, rese da tagliare, distillazioni all'orizzonte e un interrogativo scomodo: ha ancora senso produrre così tanto?

26 luglio 2025 | 12:31
Nella Champagne come in Italia: meno uva per salvare il vino (rimasto) in cantina
Nella Champagne come in Italia: meno uva per salvare il vino (rimasto) in cantina

Nella Champagne come in Italia: meno uva per salvare il vino (rimasto) in cantina

La Champagne rallenta e fissa un tetto produttivo sotto la domanda attesa: 258 milioni di bottiglie contro 270. Ma è in Italia che la scossa si fa terremoto, con 43 milioni di ettolitri invenduti, rese da tagliare, distillazioni all'orizzonte e un interrogativo scomodo: ha ancora senso produrre così tanto?

26 luglio 2025 | 12:31
 

Il segnale arrivato dalla Champagne è forte e inequivocabile: infatti, il Comité ha fissato per la vendemmia 2025 un tetto di 9mila chilogrammi per ettaro, una scelta maturata dopo settimane di confronto tra viticoltori e maison e che, nei fatti, porterà a una riduzione delle scorte disponibili. Da questa scelta, fanno sapere, si prevede una produzione di circa 258 milioni di bottiglie a fronte di vendite stimate in 270 milioni: dodici milioni di bottiglie in meno in magazzino, dunque.

Nella Champagne come in Italia: meno uva per salvare il vino (rimasto) in cantina

Champagne: il Comité ha fissato per la vendemmia 2025 un tetto di 9mila kg per ettaro

Una decisione che, nelle parole di Maxime Toubart, co-presidente del Comité e presidente del Syndicat Général des Vignerons, non è il preludio a una strategia di scarsità finalizzata all'aumento dei prezzi, ma piuttosto un tentativo di tenere il passo con l'andamento reale del mercato. Un campanello d'allarme, quindi, che suona anche per le altre denominazioni europee.

In Italia le giacenze di vino superano i 43 milioni di ettolitri

Guardando più a sud, infatti, non si può non notare come lo stesso tipo di riflessione si stia diffondendo in molte regioni italiane, colpite dall'eccesso di vino invenduto che da anni giace nelle cantine. I numeri, d'altronde, parlano da soli (e non mentono): come riportato dall'Unione italiana vini, infatti, le giacenze totali di vino in Italia superano i 43 milioni di ettolitri, a cui si potrebbero aggiungere altri 50 milioni se la vendemmia 2025 fosse nella media. Il presidente dell'Uiv, Lamberto Frescobaldi, intervenuto sulla questione, ha definito questo scenario «da far tremare i polsi», ricordando che solo nel 2023 e nel 2024 si è evitato il peggio "grazie" alla peronospora prima e il clima instabile poi.

Nella Champagne come in Italia: meno uva per salvare il vino (rimasto) in cantina

Il presidente dell'Uiv, Lamberto Frescobaldi

Il timore, concreto, è quello di arrivare in autunno con 90 milioni di ettolitri da collocare sul mercato, in un contesto di consumi in calo e vendite all'estero rallentate da normative, dazi e concorrenza crescente. È per questo che, secondo Frescobaldi, l'unica strada sensata è quella di ridurre le rese nei prossimi due anni, cominciando dai vini generici e da tavola, ma anche intervenendo sulle Doc per eliminare meccanismi come la riclassificazione (da Doc a Igt, da Igt a vino comune) che di fatto favoriscono la saturazione del mercato. Senza contare, aggiunge, che il valore stesso del vigneto italiano - un vero asset per il comparto - si svaluta ogni volta che il sistema lascia correre questi squilibri strutturali.

I consorzi italiani e il taglio della produzione di vino

In tutto ciò, le scelte delle denominazioni italiane vanno lette non come reazioni isolate ma come un percorso comune, pur con strumenti diversi. Il Chianti, ad esempio, ha già deliberato un taglio del 20% alle rese per la vendemmia 2025, riduzione che viene letta come una misura prudenziale per evitare un ritorno all'eccesso di offerta dopo il balzo produttivo del 2024, quando si è tornati sopra gli 800mila ettolitri. Ma il presidente Giovanni Busi ha chiarito che non si può pensare di risolvere tutto solo con i tagli: serve, parallelamente, lavorare sui mercati, allargando la domanda. Un approccio simile lo ha adottato anche il Consorzio Prosecco Doc, che pur avendo chiuso il 2024 con un nuovo record di 660 milioni di bottiglie, ha preferito confermare la linea del consolidamento: nessuna espansione dei vigneti, ma ottimizzazione dell'esistente.

Una scelta che è in linea con quanto deciso anche in Piemonte, dove il Consorzio Barolo Barbaresco ha prima ridotto drasticamente il margine di sovrapproduzione (dal 20% al 5%), obbligando il restante 15% a essere destinato alla distillazione, e poi introdotto una riserva vendemmiale del 10%, congelabile e sbloccabile solo in base all'andamento del mercato. Nel Monferrato, invece, la Barbera d'Asti si è mossa già dal 2024, segnalando giacenze preoccupanti e preparando il terreno a una possibile distillazione di crisi. Anche qui, per la vendemmia 2025 si parla di contenimento produttivo, ancora da dettagliare, ma in linea con le misure prese altrove. Più a sud, in Puglia, dove le giacenze di vini Igp rossi sono tra le più alte d'Italia, la Regione ha confermato per il secondo anno consecutivo una riduzione straordinaria delle rese per ettaro su Primitivo, Negroamaro, Malvasia e altri vitigni. Un taglio del 15% che, secondo l'assessore Donato Pentassuglia, serve a proteggere la tenuta della filiera in una delle aree più produttive del Paese.

Nella Champagne come in Italia: meno uva per salvare il vino (rimasto) in cantina

Molti consorzi italiani stanno tagliando la produzione per vendere il vino rimasto in cantina

Spostandosi in Veneto, la Valpolicella ha confermato il blocco triennale dei nuovi impianti e la riduzione delle rese massime per tutte le principali denominazioni (Amarone, Recioto, Valpolicella e Ripasso), mentre il Consorzio Doc delle Venezie ha abbassato le rese per il Pinot Grigio da 180 a 170 q/ha, stabilendo che solo 150 quintali saranno disponibili immediatamente, con i restanti da destinare a stoccaggio amministrativo. Più a Sud, nelle Marche, l'Imt ha adottato una misura simile per il Verdicchio dei Castelli di Jesi, congelando parte della produzione eccedente in attesa di capire come reagiranno i mercati. E anche nella Maremma toscana, il Morellino di Scansano sta valutando il ricorso alla riserva vendemmiale dopo una crescita produttiva del 28% nel 2024 e vendite interne rallentate da fattori esterni come le nuove sanzioni per guida in stato di ebbrezza.

Non si può continuare a produrre come se i consumi fossero quelli di 10 anni fa

Il punto, insomma, è che l'intero comparto vitivinicolo europeo si sta confrontando con una questione tanto semplice quanto scomoda: non si può continuare a produrre come se i consumi fossero quelli di dieci anni fa. In Francia, come in Italia, c'è ormai la consapevolezza che vendere tutto ciò che si produce non è più scontato. E mentre i viticoltori indipendenti francesi si interrogano sul senso di rese fissate al ribasso, in Italia i consorzi cercano di tenere insieme esigenze diverse: da un lato la sopravvivenza economica dei produttori, dall'altro la salvaguardia del valore e dell'identità delle denominazioni.

Nella Champagne come in Italia: meno uva per salvare il vino (rimasto) in cantina

In Francia e in Italia c'è ormai la consapevolezza che vendere tutto ciò che si produce non è più scontato

Frescobaldi, con parole nette, ha indicato la strada: non si tratta solo di limitare le quantità, ma di intervenire su tutto il sistema di regole, dalle rese alle deroghe, fino al rilascio dei nuovi impianti. «Non ce lo possiamo più permettere» ha detto, riferendosi ai tetti di 300 quintali per ettaro dei vini generici e alle flessibilità che li rendono di fatto ancora più alti. Perché ogni volta che un vino Doc viene declassato per essere venduto a un prezzo più basso, si brucia valore. E con esso, anche il futuro del vino italiano.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
Voglio ricevere le newsletter settimanali


Lucart
TreValli
Galbani Professionale
Foddlab

Lucart
TreValli
Galbani Professionale

Foddlab
Molino Pasini
Consorzio Asti DOCG