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venerdì 05 dicembre 2025  | aggiornato alle 07:39 | 116137 articoli pubblicati

Il dealcolato non seduce i giovani: meglio uno spritz vero che un vino finto

Il dibattito sui vini dealcolati e sulle bevande a basso contenuto alcolico spesso li lega ai giovani consumatori, presentati come più attenti alla salute e alla moderazione. Le analisi raccontano però una realtà diversa: il consumo no/low alcohol è trasversale, legato alle occasioni d’uso più che all’età. Per la Gen Z, invece, i dati segnalano una ripresa del consumo alcolico tradizionale

06 settembre 2025 | 08:00
Vini dealcolati: non sono i giovani il target principale, ma i consumatori trasversali
Vini dealcolati: non sono i giovani il target principale, ma i consumatori trasversali

Il dealcolato non seduce i giovani: meglio uno spritz vero che un vino finto

Il dibattito sui vini dealcolati e sulle bevande a basso contenuto alcolico spesso li lega ai giovani consumatori, presentati come più attenti alla salute e alla moderazione. Le analisi raccontano però una realtà diversa: il consumo no/low alcohol è trasversale, legato alle occasioni d’uso più che all’età. Per la Gen Z, invece, i dati segnalano una ripresa del consumo alcolico tradizionale

06 settembre 2025 | 08:00
 

Si dice che i giovani abbiano una minore propensione al consumo di vino - e in generale di alcol - rispetto alle generazioni più anziane. Si dice che i giovani abbiano una maggiore propensione al consumo consapevole e alla salute. Si dice che i giovani si possano innamorare dei vini dealcolati e dei mocktail. Si dice… ma è davvero così? Abbiamo provato a porre la domanda ai bot di intelligenza artificiale e a chi accoglie in enoteca le richieste dei clienti. E la risposta di fatto coincide: non sono alla fine per forza giovani quanti si fanno attrarre dall’opzione analcolica, ma piuttosto i consumatori di dealcolati rappresentano una categoria trasversale.

ChatGPT: i giovani non sono il target

La riposta di ChatGPT parte dall’analisi dello scenario. E ricorda che con il pacchetto di riforma del settore vitivinicolo, l’UE ha chiarito che i prodotti che hanno completamente o parzialmente subito una dealcolazione possono essere commercializzati come “vino dealcolato” (≤ 0,5% vol.) o “vino parzialmente dealcolato” (> 0,5% vol. e sotto il minimo alcolico della categoria di origine). Osservando poi l’evoluzione dei consumi, il bot AI riferisce che «il no/low alcohol cresce stabilmente nei principali mercati: tra il 2024 e il 2028 il “no-alcohol” è previsto a +7% (soprattutto per il traino della birra, ma con progressi anche di ready-to-drink, vino e spirits). Nel 2024-2025 gli studi IWSR mostrano che il no-alcohol recluta più consumatori nuovi del low-alcohol (61 milioni vs 38 milioni nei 10 mercati chiave). All’interno del no/low, il vino no-alcohol parte da base più piccola rispetto alla birra, ma è atteso a +5% entro il 2028».

Il dealcolato non seduce i giovani: meglio uno spritz vero che un vino finto

No alcol: la birra è più diffusa del vino

Sul piano demografico, «le nuove coorti di acquirenti tendono a essere più giovani dell’acquirente “core” tradizionale del no/low»: sembra che Gen Z e Millennial risultino più “ingaggiati” dal brand e parallelamente dichiarino più spesso la moderazione (75% Gen Z ha ridotto l’assunzione di alcol negli ultimi 6 mesi nei mercati studiati). Tuttavia, boomers e Gen X restano forti acquirenti storici del “no-beer”. In sintesi: «i giovani (maggiorenni) sono consumatori importanti per occasione, ma non gli unici».

Un’altra evidenza rilevante: secondo rilevazioni Niq, oltre il 90% di chi compra no-alcol compra anche bevande alcoliche; «ciò indica che il canale no/low è spesso un complemento per occasioni specifiche (guida, sport/benessere, lavoro/pranzo feriale), più che un’abitudine esclusiva». Se poi si considerano gli under 18, i monitoraggi su scala europea mostrano che l’uso di alcol resta diffuso, con tre sedicenni su quattro che hanno provato alcol almeno una volta e oltre il 40% che ha bevuto nell’ultimo mese. La conclusione a cui arriva ChatGPT è dunque che no, «non sono i giovani in quanto tali il target dei dealcolati. Il cuore del mercato dei dealcolati non è un’età anagrafica, ma un comportamento d’uso, prevalendo la “moderazione situazionale” ovvero nelle occasioni in cui l’alcol è sconsigliato o indesiderato».

Gemini: i giovani bevono no-alcol occasionalmente

Anche Google Gemini parte dall’analisi di settore, evidenziando come il comparto bevande alcoliche stia vivendo una profonda trasformazione guidata dal fenomeno globale del "mindful drinking", un approccio al consumo più consapevole, moderato e attento al benessere. «Questa tendenza, che vede il consumo di alcol pro capite in calo in molti mercati occidentali, ha creato un'opportunità di mercato significativa per le bevande a ridotto o nullo contenuto alcolico».Il mercato globale dei vini dealcolati è in rapida espansione, ma Gemini ricorda che la distribuzione non è omogenea: «oltre l'80% delle vendite globali si concentra in soli cinque Paesi», con gli Stati Uniti che dominano (63% a valore), seguiti da Germania (10%), Regno Unito e Australia (entrambi al 4%), Francia (2%). L'Italia, culla della cultura vinicola, si posiziona in una fase ancora pionieristica. «La quota di mercato dei vini No-Lo è attualmente marginale, pari a un modesto 0,1% sulle vendite totali di vino, per un controvalore di 3,3 milioni di dollari».

Il dealcolato non seduce i giovani: meglio uno spritz vero che un vino finto

La quota di mercato dei vini No-Lo è attualmente marginale

La narrazione mediatica associa il crescente successo dei vini dealcolati a una nuova ondata di consumatori giovani, ma «i dati supportano parzialmente questa tesi, indicando che queste due generazioni rappresentano circa il 40% dei consumatori di vini No-Lo». Nelle conclusioni di Gemini, l'analisi incrociata dei dati di mercato e delle motivazioni comportamentali offre una risposta articolata alla domanda sul target: «i giovani sono un target rilevante e in crescita per i vini dealcolati, ma non sono l'unico né, al momento, il principale. Le loro motivazioni sono un complesso intreccio di fattori che vanno oltre il solo benessere e la loro adozione è ancora limitata rispetto ad altre alternative».

No-alcol, una nicchia anche in enoteca

Qual è allora il punto di vista di chi si relazione al pubblico? Secondo Andrea Terraneo, presidente dell’associazione enotecari Vinarius, «il tema dei prodotti analcolici o a basso contenuto alcolico è complesso e la proposta sembra ancora poco sviluppata». Tuttavia, a livello di percezione immediata «questi prodotti appaiono più appetibili e potrebbero avvicinare segmenti di mercato che finora non hanno mai consumato vino. Si tratta di un fenomeno già diffuso negli Stati Uniti, soprattutto tra i più giovani. Il vino, infatti, risulta un prodotto complicato per chi non è abituato a consumarlo. Le versioni no-low alcol possono quindi rappresentare una porta d’ingresso per nuovi consumatori. Va però detto che è difficile immaginare che chi già beve alcolici scelga di passare stabilmente al vino analcolico; più realistico, invece, è pensare a un consumo di vini a bassa gradazione, soprattutto in periodi come l’estate».

Il dealcolato non seduce i giovani: meglio uno spritz vero che un vino finto

Andrea Terraneo, presidente dell’associazione enotecari Vinarius

Rimane evidente il fatto che si tratta di una nicchia minima. «Confrontandomi con colleghi di tutta Italia - rimarca Terraneo - tra quanti lavorano con l’asporto emerge l’idea che la domanda si stia sgonfiando, salvo per le bollicine, ma soprattutto che i giovani non risultano assolutamente interessati al no-alcol, anzi… C’è una propensione per i superalcolici e la mixology. E i colleghi evidenziano come i dealcolati non possano realmente essere un’alternativa per quella fetta di pubblico giovane che considera il vino una cosa da vecchi». Secondo Terraneo, «un’eccezione potrebbe arrivare piuttosto dal turismo internazionale, dove l’attenzione alla salute è più radicata e la richiesta di alternative analcoliche è già presente. In determinati contesti della ristorazione, questi prodotti potrebbero iniziare a trovare spazio, anche se al momento restano una nicchia».

No-alcol, chi lo vuole davvero

Le risposte delle analisi AI e della ricerca sul campo tra gli enotecari sembrano dunque coincidere. E d’altra parte un report IWSR di inizio estate lo rilevava in maniera chiara: «I consumatori stanno spendendo meno in alcolici nei principali mercati mondiali, per una combinazione tra moderazione e aumento di prezzo sui dei beni di prima necessità, ma la Generazione Z sta smentendo il senso comune rilanciando la frequenza e le occasioni di consumo», si legge nel report diffuso dall’istituto che monitora dati e intelligence sulle bevande alcoliche.

Il dealcolato non seduce i giovani: meglio uno spritz vero che un vino finto

Il consumo di alcol della Generazione Z è aumentato significativamente rispetto ai minimi di aprile 2023

Secondo la ricerca sui consumatori Bevtrac, condotta a marzo 2025 da IWSR, "il consumo di alcol della Generazione Z è aumentato significativamente rispetto ai minimi di aprile 2023 e ci sono prove che la propensione a uscire e spendere di più si stia riprendendo in questo gruppo, sfidando l'opinione diffusa sull’abbandonando dell'alcol», evidenzia Richard Halstead, COO Consumer Insights. E un recente report di Unione Italiana Vini rivelava che solo il 24% della Gen Z italiana ha ridotto le quantità di alcol consumate nell'ultimo anno, mentre l'Istituto Superiore di Sanità, continua a evidenziare tassi elevati di "binge drinking" tra gli 11-24enni, con la birra e gli aperitivi alcolici come bevande più consumate. Niente giovani nel target principale, dunque, e il futuro dei vini dealcolati dipenderà dalla capacità di evolvere sul piano tecnico-degustativo, ma soprattutto in termini di prodotto culturale.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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