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Dazi Usa, la rivolta dei Consorzi «Dop e Igp non si devono toccare»

L’associazione che raggruppa i consorzi di tutela delle eccellenze italiane prende posizione contro i rincari sui prodotti agroalimentari. Il presidente Baldrighi: «Chiediamo azioni di tutela per i nostri marchi». Il comparto caseario è quello più colpito; si profila un calo dei prezzi di alcuni formaggi in Italia.

23 ottobre 2019 | 10:51
Dazi Usa, la rivolta dei Consorzi 
«Dop e Igp non si devono toccare»
Dazi Usa, la rivolta dei Consorzi 
«Dop e Igp non si devono toccare»

Dazi Usa, la rivolta dei Consorzi «Dop e Igp non si devono toccare»

L’associazione che raggruppa i consorzi di tutela delle eccellenze italiane prende posizione contro i rincari sui prodotti agroalimentari. Il presidente Baldrighi: «Chiediamo azioni di tutela per i nostri marchi». Il comparto caseario è quello più colpito; si profila un calo dei prezzi di alcuni formaggi in Italia.

23 ottobre 2019 | 10:51
 

Si profilano dazi aggiunti per altri 117 milioni di euro per i prodotti italiani Dop e Igp sul mercato americano, in virtù della guerra dei dazi avviata dagli Stati Uniti il 18 ottobre nei confronti di ben 93 Indicazioni Geografiche Europee ed entrata in vigore lo scorso 18 ottobre. È l’allarme lanciato da OriGIn Italia, l’associazione che rappresenta i consorzi di tutela dei prodotti del Made in Italy.

I dazi Usa sono partiti il 18 ottobre (Dazi Usa, la rivolta dei Consorzi «Dop e Igp non si devono toccare»)

I dazi Usa sono partiti il 18 ottobre

«Ciò che chiede l’amministrazione americana è irragionevole - ha commentato il Presidente di OriGIn Italia e Presidente del Consorzio Grana Padano Cesare Baldrighi - perché si pretende che con la stessa facilità con cui i prodotti italiani entrano nel mercato americano, i prodotti evocativi fatti negli Stati Uniti entrino in Europa. Un conto è la tutela, cioè l'uso delle denominazioni geografiche, un altro è il mercato, cioè i dazi e tali aspetti devono essere tenuti distinti. È una condizione che non possiamo accettare, le IG meritano rispetto e non si toccano. Lo ha ribadito anche la Ministra per le Politiche Agricole Teresa Bellanova che, affidando la propria contrarietà al concetto “Giù le mani dai nostri nomi. Basta con i furti di identità", ha lanciato il guanto di sfida ai dazi americani e al contempo invitato le Istituzioni Europee a condannare un attacco di simili proporzioni al sistema delle nostre Indicazioni Geografiche. Portano il nome dei territori nel mondo, ne rappresentano il patrimonio culturale produttivo, sono l’archetipo della sostenibilità economica, ambientale e sociale e soprattutto hanno un rigido disciplinare da rispettare, che offre garanzia di qualità».

Secondo Baldrighi, «i dazi usati come ritorsione sono strumenti discorsivi di geopolitica, che colpiscono non solo il prodotto ma tutto il territorio da cui esso proviene, nei suoi riferimenti culturali e sociali. Chiediamo pertanto a Governo Italiano ed Unione Europea che vengano cofinanziate le azioni di tutela e valorizzazione dei Consorzi per le predette Indicazioni Geografiche; un sostegno per rilanciare azioni di sviluppo e riallocare il prodotto che non verrà venduto negli USA. Solo in questo modo potremo trasformare questa crisi in opportunità».

Le Dop casearie risultano quelle più penalizzate dalla politica Usa che appare più come ritorsiva nei confronti dell’Unione Europea, che protezionista in favore dei produttori americani. Ritorsiva perché, palesemente, vengono mirati con precisione i prodotti di riferimento dei singoli Paesi membri ovvero olio per la Spagna, vino per la Francia, formaggio per l'Italia, whisky per la Scozia.

Per l’Italia ad accusare il colpo più duro potrebbe essere proprio il Parmigiano Reggiano che vedrà aumentare i propri dazi da 2,15 dollari al chilo a circa 6 dollari e sulla cui realtà ricadrà circa il 25% dell’impatto complessivo - circa 30 milioni di euro - che tale misura avrà sul sistema delle IG italiane. Fortemente interessata anche la realtà del Grana Padano, che in Usa esporta attualmente circa 75 milioni di euro di prodotto - l’8% del totale esportazioni - e che vede passare il dazio da 2€ a 5,25€ al chilo. Impressionante è l’entità delle perdite che potrebbe subire in un anno il sistema Grana Padano: circa 270 milioni di euro, considerato anche il danno che si riverserebbe sulle 4mila stalle il cui latte è destinato alla produzione di tale formaggio e i cui introiti sono legati all’andamento del Grana Padano.

La strada da battere, dunque, sarà chiedere misure di compensazione all’Unione Europea, insistendo in particolare sul potenziamento delle attività di promozione dei prodotti Dop fuori dai confini comunitari e la migliore risposta della UE e del Governo italiano, dal canto loro, sarebbe proprio quella di attuare corsie preferenziali nei programmi promozionali dell'agroalimentare negli Usa, per i progetti a favore dei prodotti colpiti dai dazi. Inoltre sarebbe utile poter ottenere anche aiuti alle imprese mirati ad alleggerire le problematiche che esse potrebbero avere come effetto della politica dei dazi; misure da attuare, affinché il Made in Italy possa essere traghettato senza troppi scossoni nella fase in cui i dazi finiranno.

«La lista formata dagli Usa dei prodotti che saranno investiti dal rincaro dei dazi - ha spiegato il direttore di OriGIn Italia Leo Bertozzi - comprende 40 prodotti italiani, in primis formaggi di qualità ma anche liquori e salumi. L’impatto di questa operazione sulle nostre IG dipenderà molto dalla tempistica con cui essa si svilupperà - ha aggiunto - perché avremo quattro mesi di tempo per cercare di risolvere politicamente il problema. Qualora si risolvesse in tempi brevi, le ripercussioni non saranno così rilevanti, ma se i dazi entrati in vigore il 18 ottobre dovessero protrarsi anche per tutto il 2020 ed oltre, potrebbero determinare serie ripercussione  nel comparto di Dop e Igp ».

Se tale politica dei dazi dovesse perdurare poi, un riflesso si avvertirà inevitabilmente anche sul mercato italiano: nel breve periodo i prezzi potrebbero diminuire per smaltire le scorte, tuttavia i mancati ricavi da uno dei principali mercati mondiali di esportazione dovranno essere compensati in qualche modo e ciò potrebbe voler dire aumentare i prezzi anche in Italia.

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