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Alcol e guida, il “precursore”? Penalizzerà la ristorazione

La riforma del codice della strada approvata il 6 maggio scorso al Senato continua a fare discutere. Contrari i ristoratori, secondo cui il testo cerca di scaricare tutto il peso sui locali senza considerare gli aspetti paralleli irrisolti che andrebbero affrontati prima di varare la legge

10 maggio 2010 | 10:37
Alcol e guida, il “precursore”? Penalizzerà la ristorazione
Alcol e guida, il “precursore”? Penalizzerà la ristorazione

Alcol e guida, il “precursore”? Penalizzerà la ristorazione

La riforma del codice della strada approvata il 6 maggio scorso al Senato continua a fare discutere. Contrari i ristoratori, secondo cui il testo cerca di scaricare tutto il peso sui locali senza considerare gli aspetti paralleli irrisolti che andrebbero affrontati prima di varare la legge

10 maggio 2010 | 10:37
 



La riforma del codice stradale impone alcuni vincoli alla ristorazione che penalizzano solo le imprese senza risolvere il problema della sicurezza. Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, ha bocciato le iniziative a carico dei pubblici esercizi contenute nella riforma. In particolare viene contestato l'obbligo di impedire la somministrazione di bevande alcoliche a partire dalle due di notte e l'obbligo di detenere un precursore (l'etilometro) all'interno dei ristoranti. Molti interventi, secondo la Fipe, inseriti nel pacchetto sulla sicurezza stradale sarebbero inefficaci per prevenire gli incidenti stradali collegati all'abuso di alcol e scaricano sul settore di bari e ristoranti altri divieti, nuovi costi e burocrazia. D'accordo con la Fipe anche Antonio Tarzia, direttore Affari legali di Cibis Spa, società di ristorazione con sede a Venezia, che ha scritto a "Italia a Tavola" una lettera con le sue perplessità riguardo alla riforma.

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Gentile direttore,

In questi giorni il Senato ha approvato il ddl n. 1720 che riforma il codice della strada e introduce nuove misure in materia di sicurezza stradale.

Tra queste, spicca la norma che estende a tutto il settore dei pubblici esercizi che vende o somministra bevande alcooliche, l'obbligo (dapprima circoscritto alle discoteche e altri locali notturni) di mettere a disposizione dei clienti un 'precursore” (termine burocratichese che indica il kit per la misura del tasso alcolemico), e di esporre le relative tabelle all'interno del proprio locale.

Sulla misura si può essere d'accordo o dissentire, secondo la sensibilità di ciascuno, ma certamente vanno fatte alcune considerazioni, tralasciando, per amor di patria, l'ovvia eccezione (preliminare) dell'inusualità dell'inserimento di una norma del genere in un contesto - come il Codice della strada - che nulla ha che fare con essa, sintomo della endemica difficoltà del nostro Legislatore di dare alle leggi la giusta collocazione tra le norme dell'Ordinamento.

Come prima considerazione evidenzio che le recenti statistiche hanno rilevato che solo il 30% dell'acquisto e del consumo di alcool passa attraverso i pubblici esercizi di ristorazione; il resto 'transita” attraverso i negozi (supermercati, enoteche, ecc.).

Questi ultimi non sono toccati da quest'obbligo, perché evidentemente il nostro Legislatore presume che il consumo dell'alcool acquistato in quei locali avvenga 'nel chiuso delle mura domestiche”. La prima controprova sta proprio nel fatto che sia i negozianti che vendono alcolici, sia - a quanto mi risulta - i produttori di vino e di alcoolici, si guardano bene dal commentare questo nuovo giro di vite che penalizza solo i pubblici esercizi (a mio avviso senza risolvere minimamente il problema), poiché evidentemente sanno che non sarà questa norma a limitarne l'uso, potendo lo stesso essere consumato liberamente altrove.

Absit iniuria verbis, dice il vecchio detto latino, che tradotto e adattato a questo caso può significare: chissà dove vivono i nostri Governanti! Certo non frequentano le nostre strade alle ore tarde della notte, in cui dalle macchine piene di ragazzi escono bottiglie di alcool di ogni genere, in quantità incontrollata e a consumo libero, a differenza di quanto avviene in un pubblico esercizio dove la somministrazione dell'alcool è disciplinata per legge e dove il gestore è obbligato a cessare la somministrare più alcool a chi ne sta visibilmente facendo abuso.

Meglio avrebbe fatto il nostro Legislatore, dunque, ad autorizzare il consumo di alcoolici solo all'interno dei pubblici esercizi, dove lo stesso è controllato, e a vietare il consumo di esso in luoghi pubblici o aperti al pubblico, dove non esiste alcun controllo se non da parte delle Forze dell'ordine che peraltro si limitano solo ad accertare la 'sobrietà” di coloro che stanno alla guida.

Ma restando all'attualità dei fatti, credo vada fatta una seconda considerazione, che spero trovi (non dico interesse, ma almeno ascolto) a chi di questo tema si occupa. Cosa accadrebbe, mi chiedo, nell'ipotesi (per nulla negletta) che un cliente, dopo aver eseguito il test all'interno del locale, venga poi 'beccato e multato” dalle Forze dell'ordine che, da un nuovo test fatto con un diverso 'precursore”, rilevino che il suo tasso alcolemico è superiore al limite di legge - e quindi multino il malcapitato, o addirittura gli sequestrino il mezzo? Chi pagherà in tal caso la multa? Chi è responsabile della violazione? Il barista?

E ancora: laddove il ristoratore, attraverso il test, accerti (o in qualche modo si avveda) che il cliente ha superato il limite alcolemico, può continuare a somministrare bevande alcooliche?

La norma penale infatti (art.691) sanziona con l'arresto e la sospensione dell'attività il gerente che somministra bevande alcooliche 'a persona in stato di manifesta ubriachezza”. Mentre l'art.186 del Codice della strada stabilisce che è vietato guidare 'in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcooliche”.

In letteratura si legge che l'ebbrezza è il semplice annebbiamento delle facoltà mentali provocato da un'eccessiva quantità di alcolici, e si manifesta in forma di esaltazione e stordimento, producendo il calo dei riflessi - e quindi il pericolo per la circolazione nel caso di soggetto alla guida di un veicolo.

L'ubriachezza è qualcosa di più, (i medici usano il termine 'intossicazione esogena acuta”) e si manifesta con il 'difetto della capacità di coscienza”, spesso in forma molesta. Perché tuttavia l'ubriachezza sia 'manifesta” è necessario che il comportamento del soggetto attivo sia tale da essere 'percepita” dagli altri, con sintomi (riporto dalla letteratura scientifica) del tipo: alito fortemente alcolico, andatura barcollante, pronuncia incerta o balbettante, ecc.)

Fino a oggi la giurisprudenza ha sostenuto che per l'accertamento dell'ubriachezza manifesta non serve la misurazione del tasso alcolemico ematico, né occorrono perizie o l'accertamento della Polizia giudiziaria, poiché sono sufficienti le univoche testimonianze dei privati cittadini (proprio perché si punisce la 'manifestazione dell'ubriachezza”, come tale percepita da tutti).

Ma da domani, con queste nuove disposizioni, sarà la stesa cosa? O al gestore di un piccolo bar sarà anche chiesto, oltre che mettere a disposizione del cliente il kit alcol emico, di distinguere - in base al risultato ottenuto – se il suo cliente, che si trova in stato di 'ebbrezza” sia equiparato a quello in stato di 'manifesta ubriachezza”, per stabilire se può o non può somministrare alcoolici?

E se il gestore, per mero scrupolo personale - (e ovviamente per impedire che gli chiudano il negozio, fino a 30 giorni!) - chiedesse al cliente di verificare attraverso il kit 'il livello di alcool già ingerito” (magari altrove), ne avrebbe facoltà? O addirittura il dovere?

Mi pare in conclusione, che l'argomento 'alcool”, che si intende solo risolvere gravando tutto il peso sui soli ristoratori, abbia aspetti paralleli assolutamente non considerati - o comunque irrisolti - che andrebbero affrontati, prima di varare la legge.

Il tempo (e la sede) c'è, perché la legge deve ancora andare alla Camera

Antonio Tarzia
Direttore Affari legali di Cibis Spa - società di ristorazione con sede a Venezia


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